Agente 007 – L’Uomo Dalla Pistola D’Oro

Agente 007 – L’Uomo Dalla Pistola D’Oro
Agente 007 – L’Uomo Dalla Pistola D’Oro

Nono Bond movie, quarto (ed ultimo) diretto da Guy Hamilton, secondo interpretato da Roger Moore. In tutta sincerità, a me Hamilton come deus ex machina di 007 non è mai piaciuto granché; tolto Goldfinger, i suoi apporti alla saga non sono tra i miei preferiti, la sua regia non mi è mai parsa sconvolgente, di mestiere ma non di grandissima personalità. L'Uomo Dalla Pistola D'Oro - al solito, tratto dall'omonimo romanzo di Ian Fleming (1965) - si attesta in scia del precedente Vivi E Lascia Morire; progressivamente, con una certa titubanza, il Bond di Moore è in cerca della sua nuova dimensione; meno machismo e più ironia, meno cazzotti (anche se stavolta si mena di più rispetto a Live And Let Die) e più sottigliezza. L'eccesso di humour fu proprio una delle principali critiche mosse, soprattutto dalle vedove dei peli sul petto di Connery, per molti il "vero" James Bond. Questo nono capitolo prende fiducia rispetto al precedente, che doveva comunque testare come sarebbe stato accolto il cambio di volto del protagonista; il buon successo rinfranca i produttori Saltzman e Broccoli, e li convince ad osare un po' di più (ma stavolta il responso al botteghino sarà meno esaltante, a tal punto che ci vorranno ben 5 anni per il successivo Bond e nel frattempo il sodalizio dei due si sarà rotto).

L'Uomo Dalla Pistola D'Oro tuttavia non è un granché, fa leva sul solito cosmpolitismo glamour del vecchio James, che viaggia prevalentemente in Asia (Thailandia, Hong Kong, Macao) ed omaggia l'ondata imperante di kung fu movie, inserendo molte arti marziali nel film, così come l'anno prima si era invece seguita la moda della blaxploitation. Quindi luoghi esotici, gran lusso (che attorno e addosso a Moore rende decisamente meglio rispetto a Connery), parsimonia di gadget hi-tech, Bond girls in abbondanza, villain iconici, attendenti estrosi e resort criminali adibiti a trappola per tropi. Una formula rodatissima e mai doma. Hamilton continua ad inseguire la fama ed il successo di Goldfinger, così se Una Cascata Di Diamanti era partito con l'ossessione di essere quasi un remake di quello, L'Uomo Con La Pistola D'Oro insiste con la fascinazione per il metallo lucente, evidentemente con la speranza che possa portare ancora in sala frotte di spettatori in estasi. La trama interseca la grande crisi energetica che affligge il pianeta in quegli anni, Regno Unito compreso; ecco che allora si parla di energia solare, fantamirabolanti accumulatori che risolverebbero in un batter d'occhio qualsiasi fabbisogno, ma che purtroppo sono nelle mani sbagliate. Si tratta del leggendario Scaramanga (Cristopher Lee), killer a pagamento con la grande passione di uccidere esseri umani. Il leit-motiv della sceneggiatura diventa il confronto tra Bond e Scaramanga, ritratti come due facce della stessa medaglia, un parallelo di due professionisti ai vertici delle rispettive professioni.

Tanta costruzione "climatica" che poi sinceramente si risolve in modo sin troppo sbrigativo, piatto e lineare, con un duello che in quattro e quattr'otto assegna il primato (ovviamente) a Bond e chiude la grande sfida. Secondo finale - telefonatissimo - con Bond che è costretto ad interrompere il consueto amoreggiamento di ricompensa a causa dell'assalto di Nick Nack (Hervé Villechaize), ovvero il nanetto puccioso di Fantasilandia, fido attendente di Scaramanga, che cerca fino all'ultimo di accoppare l'agente della Regina Elisabetta. Villechaize è l'elemento comico del film, assieme al ritorno dello sceriffo Pepper (Clifton James) e a Britt Ekland, agente goffa ma molto sexy, totalmente in balia di Bond. La parte della gatta morta sensuale è affidata a Maud Adams (quella che Moore dichiarò essere stata la sua partner preferita). Della Ekland si scrisse un gran male, ovvero che poteva essere annoverata tra le peggiori Bond girls di sempre, giudizio assai ingeneroso a mio parere e non corrispondente alla realtà, anche se il suo personaggio è alquanto stupidino ed alcune battute tradiscono terribilmente lo spirito dei tempi, del tutto scorretto politicamente (dopo che la Ekland è costretta a trascorrere la notte reclusa in un armadio. per permettere a James di convolare sotto le lenzuola con la Adams, il maschio Alfa risponde al suo broncino promettendole generosamente che presto "sarebbe venuto anche il suo turno", una linea di sceneggiatura che fa venire i brividi).

Suggestivi gli interni geometricamente sbilenchi del quartier generale dell'MI6, ricavati nel relitto abbandonato della Queen Elizabeth, davanti ad Hong Kong. Insolitamente demenziale il personaggio di M (Bernard Lee), altro elemento che svela quanto la scrittura del film fu travagliata, passando di mano in mano, riscrittura in riscrittura, alla ricerca di una quadra che in effetti poi non venne trovata. Si ricordano in particolare le scene dedicate alle auto, quella volante (la AMC Matador) e quella altrettanto volante, senza ali (la AMC Hornet X), ma avvitata in uno spettacolare giro della morte mai tentato prima e che infatti rientrò persino nel Guiness dei primati. Ed anche la pistola dorata componibile di Christopher Lee (che venne scelto dopo il rifiuto di Jack Palance) rimase abbastanza impressa nell'immaginario collettivo (pare che fosse complicatissima da montare e che Lee sistematicamente fallisse la procedura). Le musiche sono affidate a John Barry, con la theme song cantata dalla scozzese Lulu (non esattamente la miglior canzone di Bond). Alice Cooper aveva scritto un pezzo per il film, che però venne scartato e inserito dal cantante nel proprio album "Muscle Of Love". Barry in primis non si è mai ritenuto soddisfatto di questo score, generalmente ritenuto tra i più deboli del franchise. Titoli di testa con gunbarrel a base di silhouette femminili e cromatismi cangianti, come da copione.

Trailer ufficiale

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