Il caratterista siculo Tano Cimarosa (meglio noto come Tano Cimarrrosa!) diresse tre film in carriera (per due dei quali firmò anche la sceneggiatura), oltre ad interpretarli; il primo dei tre fu Il Vizio Ha Le Calze Nere, nel 1975, anno di Profondo Rosso. La datazione non è peregrina, poiché l'influenza del giallo spartiacque di Argento si sente eccome nel film di Cimarosa, prontissimo a coglierne il riverbero e le suggestioni innovative. I ciak avrebbero dovuto aver luogo a Messina, ma pare che non gli furono concessi i permessi, quindi si ripiegò su San Benedetto del Tronto, almeno così si narra e, nonostante nel film non venga mai citata la città dove si svolgono gli eventi, c'è chi si è spinto ad asserire che saremmo ad Ascoli Piceno...mah, ai posteri l'ardua sentenza.
La trama è un po' confusa, la linea principale segue un killer che miete vittime a colpi di rasoio. Al momento degli efferati omicidi la MdP naturalmente si sofferma per benino sui movimenti imperiosi con i quali la mano guantata (pelle nera, of course) del killer affonda le stilettate, e lo scintillio della lama argentea fa bella mostra di sé. Seguono tagli profondi alla giugulare e copiosi fiotti di sangue delle malcapitate poverine. Già perché son tutte donne le assassinate, giovani e belle. E tra loro deve esserci un legame. Investiga l'Ispettore Lavena (John Richardson) con l'aiuto del fido brigadiere Pantò (Tano Cimarosa). Nella vicenda ricadono vari personaggi (con conseguenti possibili sottotrame), da un parrucchiere gay, spacciatore e molto a la page, ad una contessa pittrice lesbica (Magda Konopka), alla moglie di un notaio (Dagmar Lassander), pure lei lesbica, ad un magnaccia (Ninetto Davoli), alla compagna di un poliziotto coinvolto nell'indagine (Daniela Giordano). Le riprese in notturna particolarmente buie ed una certo caos nei dialoghi e nella presentazione delle situazioni non aiutano a rimanere lucidi ed attenti durante la visione. La mano di Cimarosa regista non è granché significativa, l'autore non esprime una grande personalità da un punto di vista tecnico e la storia procede in modo un po' anonimo e raffazzonato. A salvare la baracca ci pensano alcune battute divertenti al momento giusto, un tris di interpreti femminili di indubbia sensualità, delle scene sexy assolutamente gradevoli (fruibili solo nelle edizioni non censurate della pellicola), ed un titolo assai più accattivante del film stesso.
La lectio argentiana si riduce alle rasoiate del killer, poi Cimarosa non ha affatto la mano per il genere, e si limita ad andare un po' al traino dei gialli sexy all'italiana, buttandoci dentro gli ingredienti tipici (che però, come è noto, non bastano a fare il grande chef). Curioso come la Lassander, di una bellezza inarrivabile, abbia ispirato più di un regista nella direzione dell'amore saffico, evidentemente le sue fattezze evocavano quella fantasia (basti pensare che nello stesso anno esce pure Peccati Di Gioventù). La Konopka ha i suoi cinque minuti di "vizio" con una delle modelle che posano per i suoi quadri, mentre Davoli si concede delle effusioni con una burrosa Dada Gallotti. Affiora un po' di moralismo nella caratterizzazione dei personaggi; il parrucchiere gay è inappellabilmente catalogato come "frocio" da Cimarosa (e non si perde occasione per prenderlo in giro), sull'altro versante l'omosessualità delle signore viene definita tout court "vizio" dalla stessa Lassander, e le donne uccise sono lesbiche o mogli infedeli, quindi in qualche maniera "colpevoli" di qualcosa. Non molto altro da segnalare per la verità in merito a Il Vizio Ha Le Calze Nere, se non le musiche di Carlo Savina un po' fuori contesto.