A leggere quello che Elizabeth Taylor diceva di questo film prima e durante la lavorazione, fa specie che sia poi diventato uno dei suoi titoli più famosi, oltre ad essere uno dei due che le portò in dote un Oscar come miglior attrice protagonista (l'altro fu Chi Ha Paura Di Virginia Woolf? del 1960). Dovette quasi prestarvisi obbligatoriamente, lo prevedeva il contratto con la MGM prima di passare alla 20th Fox per il successivo Cleopatra. In realtà, col senno di poi, la Taylor ebbe a pentirsi del trattamento riservatole dalla Fox, non tanto come attrice, ma come personaggio, la MGM difendeva e preservava la Taylor dai pettegolezzi e dall'assalto dei paparazzi, la Fox invece non operò alcun tipo di schermatura e ciò che l'attrice dovette subire al tempo di Cleopatra (per aver sfasciato il proprio matrimonio e quello di Richard Burton come conseguenza del loro affair sul set) fu un'esperienza scioccante. Durante la lavorazione di Venere In Visione lamentò ritardi ed un atteggiamento ostile da parte del regista Daniel Mann e della troupe, di contro chiunque sul set lamentava ritardi ed indisposizione della Taylor. Non contenta, dichiarò anche che il film fosse di cattivo gusto ("quel film puzza") e che il suo personaggio, Gloria Wandrous fosse stupido e immorale. All'altezza di questa pellicola la Taylor aveva 28 anni ed in un lasso di tempo così (relativamente breve) aveva già collezionato coliti, anemia, bronchite, meningite, flebite, polmonite, avvelenamento alimentare, esaurimento nervoso, tre parti cesarei, lo schiacciamento di un disco della colonna vertebrale, una gamba fratturata, la lacerazione dei legamenti del ginocchio, una scheggia in un occhio, la sostituzione di tre vertebre, quattro matrimoni, tre figli ed una vedovanza. Di lì a breve avrebbe sperimentato la tracheotomia (sul set di Cleopatra).
Il film è basato sulla storia vera di Starr Faithful, rinvenuta morta (picchiata ed affogata) l'8 giugno del 1931 a Long Beach. Una vita difficile, segnata dall'alcolismo e da comportamenti sempre borderline. Si narra che quando venne organizzata la proiezione preliminare per i responsabili della MGM, Elizabeth scagliò un bicchiere contro lo schermo e ,uscendo dalla sala, con un rossetto scrisse "no sale" sulla porta dell'ufficio del produttore, proprio come fa Gloria nel film, sullo specchio nella camera da letto di Liggett (Laurence Harvey), a significare quanto la sua dignità non fosse "in vendita". All'uscita, Venere In Visione venne salutato negativamente dalla critica, tutto sommato in linea con i giudizi espressi dalla stessa attrice, il pubblico invece lo amò da subito, consentendo un incasso triplo del costo di lavorazione. Nella sua Gloria la Taylor riversò tutto il dolore di un'esistenza già gravosa, nonostante la giovane età e la perenne condizione di diva che la accompagnava praticamente sin dalla nascita. Non era facile essere Elizabeth Taylor, checché se ne potesse pensare. Impose che il cast contemplasse il suo ultimo marito in ordine cronologico, Eddie Fisher (nel film è il suo amico d'infanzia Steve), sposato da appena pochi mesi, anche in questo caso sfasciando una precedente unione sentimentale. Fisher era stato il miglior amico del suo ex marito Mike Todd, morto in un incidente aereo nel '58. Attraverso Fisher la Taylor si illuse di riportare in vita l'amatissimo Todd, mentre - come lei stessa ebbe poi a dichiarare - aveva semplicemente frapposto un fantasma tra sé e quel povero Cristo di Fisher.
Nonostante l'Oscar, il film ha mantenuto la nomea di drammone un po' insulso (e datato) eppure, rivedendolo ben 60 anni dopo, l'impressione che se ne ricava - o che perlomeno ne ho ricavato io - è quella di una storia intensa che convince e coinvolge, pur tenendo conto del passare dei tempi e di un cambio totale e radicale della moralità e del perbenismo. Anche alla Taylor Gloria sembra una poco di buono, ciò che sembra anche a tutti i benpensanti contro cui è costretta a combattere nel film, una donna che vive buona parte della sua vita all'insegna dell'edonismo, della superficialità e dei rapporti amorosi facili, sbrigativi e redditizi, tuttavia Venere In Visione mette a fuoco esattamente il momento di passaggio, la maturazione di Gloria, la quale realizza che il suo futuro dovrà essere diverso dal suo passato, e nell'attraversare quel confine (metaforico) giunge ad una resa dei conti con se stessa e con chiunque la circonda. Il personaggio di Gloria è molto bello, reso in maniera splendida e totalmente devota dalla Taylor, capace di dedicarvisi ben oltre la sua consapevole lettura razionale; se anche non riteneva il film un granché, né Gloria un bel ruolo al quale infondere vita, il suo talento e la sua fisicità devono aver lottato contro di lei, regalando ugualmente al personaggio tutto ciò che era necessario. La scena nella quale si rivela alla madre per ciò che è ("una donnaccia"), o quella nella quale confessa a Steve il terribile segreto che l'ha segnata e perseguitata sin da quando era bambina (le attenzioni morbose dell'amico di famiglia), sono momenti di grande cinema e grande attorialità, che difficilmente si scordano. Personalmente avrei da ridire semmai sul rapporto tra Liggett e sua moglie (Dina Merrill), caratterizzato da una serie di dialoghi davvero improbabili ed improponibili. Palesato il tradimento dell'uomo ed il suo tenace desiderio di abbandonare la moglie per Gloria, la Merrill continua a comportarsi in modo misuratissimo e compassato, ad interessarsi di ogni necessità del marito, arrivando addirittura a comprenderne compassionevolmente il dispiacere quando Gloria esce di scena (mentre Liggett la descrive soffermandosi sulla sua notevole carica sessuale.... proprio le considerazioni che una moglie vorrebbe sentir dire al proprio uomo riguardo all'amante). Ecco, lì in tutta onestà si rasenta il ridicolo. Delizioso invece il personaggio della fidanzata di Steve, interpretato amabilmente da Susan Oliver. In merito all'Oscar ricevuto, la Taylor commentò dicendo che la vittoria non era tanto dovuta alla sua interpretazione quanto all'empatia da parte dei Media, colleghi e addetti ai lavori nei suoi confronti, soprattutto per gli ultimi periodi trascorsi in ospedale. Quello secondo Elizabeth fu un Oscar alla sua vita reale e non a quella recitata sul grande schermo. Ritirata la statuetta alla cerimonia degli Academy Awards (dove si limitò semplicemente a ringraziare), raggiunge la toilette per poi svenire.