Una Vita Bruciata

Una Vita Bruciata
Una Vita Bruciata

Provocatore, avventuriero, intellettuale ma anche votato all'effimero ed al glamour, Roger Vadim ha sempre avuto un rapporto estremamente conflittuale con la critica. A torto o a ragione (spesso entrambi) i suoi film venivano liquidati come pretenziose operette vuote, fintamente intente a costruire chissà quali architetture semantiche e simboliche, ma in realtà tutte rivolte all'ora e adesso, alla superficie, alla vanità, al parossismo gratuito. Non fa eccezione Una Vita Bruciata (1974), in originale La Jeune Fille Assassinée, ma noto anche come Charlotte (dal nome della protagonista). Si tratta di un film drammatico, travestito da giallo criminale, con accenti erotici (come spesso accade quando a dirigere è Vadim).

Eroina  della pellicola è la debuttante Sirpa Lane (due film nel '74), qui protagonista, lanciata da Vadim come la "nuova Brigitte Bardot". E già questa etichetta faceva presagire che sarebbe andata a finire male. La Lane, finlandese di nascita, era l'esatto opposto della Bardot, tanto fisicamente quanto nel modo di catturare l'attenzione della macchina da presa. Le due condividevano una certa irrequietezza di fondo magari, ma certo la biografia personale della Lane è stata drammaticamente più tragica. Una carriera di film sempre più mediocri, sgangherati, monotematici e morbosi, transitati dall'erotismo al pornografico conclamato, fino alla morte per Aids. In qualche misura Una Vita Bruciata, visto col senno di poi, finisce col diventare quasi una sorta di beffarda premonizione della parabola esistenziale della Lane, che qui interpreta una ninfomane scavezzacollo perennemente insoddisfatta, incapace di amare e/o essere amata, e dunque tutta rivolta agli esclusivi piaceri della carne, incapaci però di appagarla veramente e nel profondo dell'anima.

La sua Charlotte, figlia di un alto funzionario parigino conservatore, ribelle e attratta dalla contestazione sessantottina, passa di mano in mano, da quelle della sorella e del fratello (con i quali coltiva rapporti incestuosi e di sudditanza psicologica) a quelle di un critico cinematografico omosessuale con cui si sposa e condivide uomini ed avventure sessuali; seguono principi, cameriere, ed infine un ricco playboy tedesco, indolente, viziato e capriccioso, il quale si dedica a Charlotte col solo intento di trastullarsi come con un giocattolo (sessuale). Successivamente questo Erich Von Schellenberg (Mathieu Carrière) si mette in contatto con lo scrittore Georges Viguier (Roger Vadim) proponendogli di scrivere un libro sull'omicidio di Charlotte, autoincolpandosi del delitto. Sulle prime Viguier rimane incuriosito ma non crede a Von Schelleneberg, poi inizia ad approfondire, spinto anche dal fatto che a suo tempo fu proprio lui ad iniziare al sesso Charlotte... - SPOILER: Nonostante alcune false piste che sembrano scagionare il tedesco, Von Schellenberg ha detto la verità, è stato lui ad uccidere Charlotte durante un gioco erotico. Viguier però rinuncerà a scrivere il libro sulla vicenda, ritenendo che altrimenti avrebbe ritratto Charlotte come quello che era, una povera ninfomane caduta nelle mani di un pazzo.

Una Vita Bruciata è un film strano e difficile al contempo. troppo intenso e profondo per essere una sciocchezzuola erotica, troppo velleitario, inconcludente e sbrindellato per essere un solido film drammatico di riflessione. In questo è Vadim al 100%, sempre sospeso tra queste due polarità, mascherato e dissimulato, senza che lo spettatore riesca a farsi fino in fondo un'idea precisa. Premesso che io ho potuto vedere il film nella terribile edizione dvd della DNA, quasi peggio di una vhs e sicuramente tagliuzzata nei momenti clou (ovviamente le scene calde), il che certamente non ha reso più agile la visione, ho anche scontato la totale assenza di chimica nei confronti della Lane. Non è una cosa da poco, badate; se in un film erotico (o perlomeno anche tale) la protagonista non ti piace, non esercita su di te un qualche magnetismo, il potenziale della pellicola è bello che azzoppato. Non è una protagonista qualsiasi di un film qualsiasi, è un corpo (unito ad uno sguardo, a delle movenze, ad una fisicità tutta fatta di una miriade di dettagli e particolari) che da solo deve reggere metà della baracca, tant'è che spesso in pellicole del genere la trama è quasi secondarie rispetto alle situazioni. Sirpa Lane è algida, fredda, efebica, stralunata (il paragone con la Bardot fa rabbrividire in tal senso....) e comunque la si pensi, alla fine della fiera a me non è riuscita a comunicare alcunché.

Per quanto riguarda la regia, Vadim gioca a fare l'autore, ma mentirei se dicessi che più volte durante la visione non è sopraggiunta la noia, unitamente ad certa confusione riguardo a ciò che stava accadendo sullo schermo. Così come lo stesso finale sgonfia quel poco che era stato costruito, quasi volendo minimizzare per partito preso, magari provocatoriamente. Si esce confusi dai titoli di coda, che magari è proprio l'effetto che Vadim andava cercando, provocare suggestioni, ipotesi e emozioni in chi guarda, senza una bussola precisa (si veda a tal proposito anche il sogno incarnato di Charlotte). Vero è che pensare alla fine fatta da Sirpa Lane mentre scorrono i fotogrammi sullo schermo fa provare dei brividi lungo la schiena.

Trailer ufficiale

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