Dopo la trilogia Orgasmo (1969), Così Dolce Così Perversa (1969), Paranoia (1970) a Lenzi fu chiesto di mettere ancora una volta Carroll Baker come protagonista del suo nuovo film, il che avrebbe reso decisamente meno interessante la storia pensata dal regista toscano. L'idea era esattamente opposta, svincolarsi da quel trittico ed avventurarsi altrove, evidentemente anche con il cast. Lenzi pensò ad Anna Moffo, la cantante lirica con qualche pellicola già all'attivo, ma la Moffo rifiutò, anche perché oggettivamente la sceneggiatura non era particolarmente solare. Infine si approdò ad Irene Papas, scelta controversa perché la Papas aveva un certo profilo da attrice di alto livello, seria, impegnata, aristocratica, tra Sofocle e Costa-Gravas (pur avendo già partecipato a qualche pellicola più commerciale e di genere con Gaburro e Freda). La produzione non si limitò a mettere bocca sull'attrice, intervenne anche sulla storia. Lenzi voleva una sorta di Easy Rider, con giovani ragazzi contestatori post 68, invischiati nella droga, degli hippy scapestrati e moralmente abbietti, con quella vena di perfidia, cinismo e disumanità tipica delle pellicole lenziane. La droga venne rifiutata e si sostituì il traffico di stupefacenti con quello di foto e riviste pornografiche. Ciò automaticamente decontestualizza quanto accade nella seconda metà del film, quando i la coppia Ray Lovelock e Ornella Muti (uno più bello dell'altra) si accasano dalla signora Irene Papas e tra i tre si instaura un rapporto complicato, ambiguo, fatto di continui rovesciamenti di fronte. La droga avrebbe dato un baricentro a quella strana geometria, il sesso invece si rivela solo una spezia che insaporisce ma non spiega e non può fungere da carburante.
Ciò detto, con un Lenzi palesemente insoddisfatto del risultato finale e quasi pentito del film, Un Posto Ideale Per Uccidere rimane comunque interessante da vedere. Lenzi è un regista accattivante, la Papas, la Muti (appena sedicenne) e Lovelock offrono un'ottima prova, la tensione è palpabile, la cattiveria anche, l'humus sessantottino dona freschezza al film. Sia la Muti che la Papas hanno momenti di nudo ma per la verità sono entrambe controfigurate da Antonia Santilli, che appare pure in un breve cameo, quando i due ragazzi liberano delle colombe al ristorante, lei è una delle clienti. Lo schema si ripeta identico, stacco dal primo piano al seno nudo dell'attrice, che in realtà si rivela essere sempre quello della Santilli.... se avevate notato una certa somiglianza è per quello. Altro cameo curioso è quello di Agostino o' pazzo, alias Antonio Mellino, uno stunt napoletano che praticamente recita se stesso; un personaggio francamente abbastanza decontestualizzato nel film e che Lenzi inserisce perché evidentemente gli era proprio piaciuto. Un guascone guastafeste perennemente in lotta con le forze dell'ordine partenopee in cui Lenzi probabilmente si riconosceva. Non ho granché apprezzato la caratterizzazione di Lovelock e della Muti che nei primi minuti vengono offerti allo spettatore come due bambini capricciosi. Corrono, corrono e corrono, giocano con gli aquiloni, fanno dispetti e ridono a crepapelle, d'accordo la leggerezza, la contestazione, la libertà, ma sembrano veramente due bambini dell'asilo con il corpo di due fotomodelli. Un minimo di sostanza in più gliela si poteva concedere, tanto più che nell'idea originale di Lenzi erano praticamente trafficanti di droga e anche nella versione finale sono pur sempre due spacciatori di porno. Carine le musiche curate da Bruno Lauzi.