
2 ore e 47 minuti di nascita della C.I.A. e storia degli Stati Uniti d'America, dagli anni '40 al 1961 (Baia dei Porci, Cuba). Seconda regia di De Niro un po' bistrattata dalla critica, almeno qui in Italia. Si è detto che il film è poco coraggioso, che ci si aspettava un je accuse più pronunciato sui servizi segreti U.S.A. ed anche che la pellicola pecca di eccessiva accademia. Trovo le critiche "politiche" mosse al film ingenerose, per non dire pregiudiziali. Punto primo, difficile aspettarsi un film militante, "anti-americano", "anti-C.I.A.", da parte di un americano doc come De Niro che, a proposito della C.I.A., ha dichiarato di ritenerla necessaria e risolutiva in determinati momenti storici. Punto secondo, molto dipende dallo spirito col quale ci si pone davanti al grande schermo. Certamente The Good Sheperd non vede la firma di Oliviero Diliberto sulla sceneggiatura, né quella di Gino Strada alla regia, va da sé che non ci si può e non ci si deve aspettare quel tipo di denunce politiche. E tuttavia non è affatto vero che il film glissi ipocritamente sull'operato della C.I.A. e sul relativo coinvolgimento dell'establishment governativo americano. Se davvero si guarda il film con spirito libero (e critico) pare piuttosto chiaro quali e quante siano le implicazioni che l'intelligence ed i colletti bianchi del Congresso hanno assommato sulle proprie spalle nel corso di una parte importante della storia americana (e del mondo), a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Le trattative con i sovietici una volta abbattuto il nazismo, i rapporti con la gerarchia militare tedesca che voleva collaborare, i metodi dello spionaggio e dell'antispionaggio, le confraternite para-massoniche propedeutiche all'entrata nei servizi segreti, l'eliminazione ineluttabile di amici, colleghi e parenti, la corruzione, il confine tra "patriottico" e "reazionario", i doppi e i tripli binari, le negazioni, le rimozioni; in The Good Sheperd c'è un campionario tale di zone d'ombra e di moralità labile da far arrossire qualsiasi americano medio. Ci andrei parecchio cauto sul grado di "criticismo" (non) portato avanti da un De Niro apparentemente inserito e a proprio agio negli ingranaggi dell'american way of life. In modo obliquo e sottile ho trovato molto inquietante questo film, proprio per ciò che suggerisce e lambisce, pur senza tuffarsi a capofitto e grossolanamente nelle malefatte dei "cattivi" amerikani.
Punto terzo, la regia non mirava affatto ad un film di denuncia, ma alla storia dei personaggi legati alle vicende dell'O.S.S. poi C.I.A.. Vite di uomini, più o meno discutibili, più o meno integerrimi, più o meno stimabili, i loro complicati rapporti familiari e umani, nonché ovviamente professionali (il che, in questo caso, equivale a dire politica estera della più grande superpotenza mondiale). Difficoltà e debolezze, errori, cadute e successi. Tutto filtrato attraverso un pezzo di storia americana. Perché accusare un film di non essere ciò che non aveva alcuna intenzione di essere? The Good Sheperd ha un taglio molto classico, sobrio, di grande eleganza, per certi versi manierista. Ho scoperto dai titoli di coda che c'era pure Keir Dullea (il dr. Dave Bowman di 2001: Odissea Nello Spazio), anche se, ad essere sincero, lì per lì non l'ho saputo riconoscere.