"Dal regista di American Gigolò (e sceneggiatore di film come Taxi Driver e Toro Scatenato) e dall'autore di Less Than Zero, American Psycho...." si parla di Paul Schrader, regista magari non assurto ai livelli di popolarità stellari di Spielberg, Coppola, Allen, Scorsese, etc. (non i Europa perlomeno), ma assolutamente di "culto" in certi ambienti, e di Breat Eston Ellis, scrittore e sceneggiatore decisamente molto in voga negli ultimi anni, pure lui trattato come una specie di santino portafortuna. I due hanno unito le proprie sorti nel progetto The Canyons, film ultra indipendente costruito pezzo a pezzo col sistema del crowdfunding. Un po' per necessità (la burocrazia e la volontà di controllo che il coinvolgimento degli Studios avrebbero comportato non era gradita), un po' per virtù (il desiderio e l'orgoglio di farcela da soli e non dover subire alcun tipo di imposizione e restrizione) il team produttivo si è cementato intorno a questa idea produttiva azzardata e relativamente innovativa. Autofinanziato e totalmente aurogestito, The Canyons, prima ancora del suo effettivo valore artistico, ha destato l'interesse di addetti ai lavori e non per il modo nel quale è stato realizzato. Anche per quanto riguarda il cast, anziché indire un lungo e tribolato casting, si è scelto di affidarsi a Ley It Cast, sostanzialmente una via di comunicazione online che permette agli aspiranti attori di proporsi inviando i propri provini. Ad eccezione dei due interpreti principali (Lindsay Lohan e James Deen), il resto dei partecipanti è stato scovato così.
Le vite di cinque giovani si incrociano ad Hollywood, creando dinamiche di potere e ragnatele di dipendenze e trasgressioni che ritraggono (in nero) lo stato della odierna società, vista soprattutto attraverso l'ottica del denaro e di una fauna di trentenni. Christian (James Deen) è un figlio di papà ricco sfondato e viziato, che condivide la sua fidanzata Tara (Lindsay Lohan) con perfetti estranei, ai quali permette di partecipare a giochi sessuali di coppie (ma spesso si tratta anche di single). Tara è una specie di sopravvissuta, adagiata opportunisticamente su Christian, del quale mira a soddisfare ogni capriccio pur di godere del lusso e del benessere che deriva dalla sua incondizionata obbedienza. Ryan (Nolan Funk) è un cameriere aspirante attore, coinvolto nella produzione di un horror finanziato da Christian, ma è anche l'ex di Tara. Una volta ritrovatisi, i due riprendono la relazione interrotta. Gina (Amanda Brooks) è l'assistente di Christian e la fidanzata di Ryan, totalmente devota al film. Cynthia (Teneille Houston) è una insegnante di yoga con cui Christian ama trastullarsi, nonostante tara e le molte altre donne incontrate durante i suoi giochi erotici.
Schrader pratica un cinismo esasperante, il suo è l'occhio dell'entomologo che non giudica ma osserva, analizza scientificamente e classifica. Si fa fatica a trovare un personaggio moralmente integerrimo, e la simpatia umana va solo ai più deboli, non ai più puri (perché non ce ne sono). Tutti indistintamente approfittano di altri esseri umani e delle situazioni che il destino gli offre, il resto lo fanno meccanicamente le posizioni di potere reciprocamente occupate. Vale lo stesso anche per i personaggi minori, l'umanità di Hollywood e - per proprietà transitiva - dell'America e del mondo, pare irrimediabilmente marcia e corrotta, è un gioco al massacro e di tanto in tanto qualcuno ci rimette. "Baby, è la legge di Darwin", sembrano dire Schrader e Ellis. La scelta del cast è molto interessante da valutare, l'operazione di metacinema che si cela dietro alla produzione del film rischia di essere interessante quanto la pellicola stessa. Pare di rivedere quanto fatto da Kubrick per Eyes Wide Shut, quando si accollò la coppia Cruise/Kidman non tanto (o non solo) per le loro qualità recitative, quanto per il senso di realtà che il loro essere coppia nella vita vera avrebbe trasmesso nella finzione. Qui accade una cosa similare; la Lohan è Tara, lo è da copione ma lo è pure di fatto; quella donna disillusa, arresa, sconfitta, disposta ai compromessi, estremamente "vissuta" sia moralmente che fisicamente è un alter ego che rispecchia in modo impressionante la Lohan. Nelle scene che la vedono in lingerie il suo corpo è marchiato da lividi, imperfezioni, macchie, il segno degli abusi della sua vita sregolata a base di alcol, droghe e trasgressioni continue. Ha 30 anni ma ne dimostra tranquillamente una decina in più. Deen invece è un porno attore, nella mia ingenuità non ne ero al corrente, anche se avrei dovuto mettermi in allarme durante una scena di nudo full frontal, francamente imbarazzante per dimensioni. Deen è stata una scommessa, inizialmente Schrader non lo voleva, non si fidava della sua reale capacità di sostenere il ruolo ma, una volta coinvolto, Deen ha convinto tutti, dimostrando una lucidità ed una focalizzazione sul personaggio notevoli. Inoltre, il prurito di mettere assieme la Lohan e Deen nello stesso film è stato l'atto finale che ha sancito il "si può fare".
La Brooks è stata scelta primariamente come contraltare della Lohan, in pratica ci voleva una figura femminile che fosse opposta e contraria al personaggio e alla fisicità della Lohan. Funk è stata una bella scoperta di Let It Cast, idem la Houston (suo il seno più bello sfoggiato nel film), davvero ostica e infingarda la sua Cynthia. Importante quanto il plot ed il cast è la fotografia, fantastica, estremamente realistica; altrettanto dicasi per le scenografie ed il design. Il film è scandito attraverso lo scorrere dei giorni della settimana, e ad ogni nuovo giorno corrisponde un'architettura fatiscente mostrata da Schrader. Tutti luoghi che hanno a che fare con il cinema, sale dimesse, edifici cadenti, proiettori smontati ed impolverati; Schrader ci sta dicendo che il suo film su come si fa un film è un gioco di scatole cinesi. Il cinema è in decadenza, Hollywood è un "post impero" (come lui stesso lo ha definito) dal quale vediamo dipanarsi schegge impazzite, e il suo stesso film è una cronaca gelida dello scivolamento della società attuale verso il nichilismo e l'entropia. In questa ottica la scelta dei vari Deen e Lohan rende a suo modo titanico il film. Ottime pure le musiche, fighette ma ci stanno tutte. Alla fine, a ben guardare, la sceneggiatura di Ellis non inscena chissà quali fatti, l'impressione è quella di assistere ad un "normale" spaccato settimanale nella vita di questi individui, è il loro inferno di vita abituale che sconvolge e, per sineddoche, rappresenta l'intero andare a schifìo dell'umanità. Un mondo fratturato, crepato, separato, come i canyon. A film concluso Schrader ha accusato la Lohan di non spendersi granché per la sua promozione, ma da casa Lohan hanno fatto notare che la verginella era nel suo periodo di riabilitazione/disintossicazione e che frequentare certi eventi mondani, ed esporsi mediaticamente, sarebbe stato offrirsi a tentazioni troppo pericolose. Per la Lohan The Canyons non è mai finito.