Quasi esaurito il cofanetto Playboy contenente 5 pellicole prodotte nei '90s dal coniglietto americano, tv movies (sin qui) assolutamente gradevoli e ben fatti, anche se chiaramente rivolti ad un pubblico televisivo di poche pretese ma compiaciuto da quel tocco di eleganza patinata che col marchio Playboy non può mancare. Stavolta si tratta di Temptress, anno 1995, risvolti eroto-thriller (qualcuno scrive horror ma fidatevi, di horror proprio non ce n'è) ed una montagna di incongruenze che però, come detto, non pregiudicano la disimpegnata piacevolezza del film. Va innanzitutto dato atto al director Lawrence Lanoff, (uomo di fiducia delle industrie Playboy) di aver curato una notevolissima fotografia e messa in scena. D'accordo, fuffosa e indorata quanto volete, ma estremamente elegante, spntuosa e accattivante, sia che si tratti delle visioni esotiche indiane, sia che si tratti dell'appartamento della protagonista Karin Swann (Kim Delaney), arredato con luci, oggetti e vetrate assai ricercate.
La donna è la nostra protagonista, una fotografa di moda che, di ritorno da un viaggio di piacere in India, avverte un cambiamento profondo nella propria vita. Laggiù ha sperimentato una spiritualità diversa, intensa, sconvolgente, che evidentemente si è portata anche oltre Oceano. In particolare il rapporto col suo fidanzato, l'avvocato Matt Christianson (Chris Sarandon), cambia vistosamente. Karin si fa sempre più esigente, arrogante, violenta, smaniosa soprattutto sessualmente, ma attorno alla sua persona è tutto un fiorire di morti "accidentali" di uomini che hanno flirtato con lei (chi cade dall'ascensore, chi affoga in una piscina, etc.). Il Dr. Samudaya (Ben Cross), esperto di religioni indiane, ha compreso tutto, e cerca di mettere in guardia sia Karin che Matt su ciò che sta accadendo. - SPOILER: in India Karin è entrata in contatto con una emissaria della Dea Kalì, ed è stata scelta come "porta" della Dea nel mondo reale per dispensare morte (sesso) e violenza. Matt, grazie all'aiuto di Shiva e dell'amore che prova per la sua donna, è l'unico che può cercare di liberare Karin dalle grinfie di Kali ed impedire che avvengano altre morti.
Sull'ambito religioso Temptress semplifica a livelli di ovetto Kinder, pare l'induismo spiegato da Moccia. Kali è ridotta a divinità distruttrice e libidinosa, Shiva a sua contrapposizione positiva e riequilibrante. In realtà il profilo di Kali è assai più ambivalente tra "bene" e "male", così come Shiva, stando alla Trimurti, sarebbe in effetti "il distruttore". Chiaro che al film serviva fondamentalmente una polarizzazione di buoni e cattivi, e soprattutto una scintilla di erotismo che permettesse alla protagonista di sviluppare grandi appetiti sessuali. Di cui per altro non vi è traccia esplicita nel film. C'è solo una vera e propria scena d'amore, quella tra Karin e Matt, anche piuttosto contenuta, come tutti gli altri riferimenti sessuali sparsi lungo il film. Anzi, per essere un film di Playboy, è più sbilanciato sul versante thriller paranormale che su quello erotico. Se si eccettua un ballo un po' osé di Karin, rimane davvero poco da assegnare al sesso. Più interessanti semmai i sogni ad occhi aperti della protagonista, che rivede continuamente personaggi e paesaggi indiani, artefatti e "fotografici" ma comunque esteticamente magnetici, con cromìe tutte rivolte a caldi tramonti e luci soffuse.
Altra nota dolente è quella delle controfigure di nudo, poiché pare che gli attori siano stati sostituiti da corpi nudi debitamente mozzati all'altezza della testa nelle scene necessarie. Scelta curiosa poiché se addirittura Playboy non riesce a far spogliare l'attrice protagonista di un suo film siamo al colmo. La Delaney poi (starlette prevalentemente di serie tv) non è né un volto né un fisico che rimane impresso, men che mai la sua recitazione. Si poteva fare e trovare di meglio insomma, basti pensare alle quintalate di conigliette di Hefner. L'alter ego maschile è l'ex marito di Susan Sarandon, mascellone col physique du role per questo tipo di produzioni (ed un curriculum che gli assegna qualche nota di merito in più rispetto al modesto Temptress). Se la costruzione della trama - al netto della banalizzazione estremamente didascalica di cui sopra - potrebbe anche reggere, è il finale il vero punto dolente del film, con una specie di "battaglia" ultimativa all'acqua di rose, ed una risoluzione che stempera tutto nel volemose-bbene come panacea di tutti i mali (e le minacce). Francamente risibile. Un climax non climax, involuto. Notare che i due tizi fighissimi che amoreggiano nella locandina (con la Delaney in background col pugnale sacro) non esistono minimamente nel film, chiamasi specchietto per le allodole.