Il 1987 è un anno d'oro cinematograficamente per Cher, tre pellicole, tre ottime pellicole, un buon successo di botteghino e soprattutto un Oscar, dopo la nomination nell'84 per Silkwood come miglior attrice non protagonista, stavolta la statuetta arriva e per il ruolo di protagonista. Le offre questa opportunità Norman Jewison, il quale a sua volta veniva da un film importante e sofferto come Agnese Di Dio (1985). In compenso nell'89 ne seguirà uno sul Vietnam; Jewison, quello di Jesus Christ Superstar, non se la è mai andata a cercare facile. Stregata Dalla Luna è tutto sommato qualcosa di estremamente più leggero delle pellicole elencate sin qui, anche se ciò non deve trarre in inganno, leggero non significa sciocco o superficiale. Moonstruck ha una sua dignità, una sua sottigliezza; pur collocandosi all'interno del filone romantico-sentimentale, ha una grazia ed una eleganza formale che denotano un lavoro importante da parte del regista. Indubbiamente il film esiste innanzitutto per il suo cast; di statuette ne arrivarono due, entrambe le attrici del film, Cher e Olympia Dukakis, rispettivamente nei propri ruoli, la ottennero, ed a queste si aggiunse quella per la migliore sceneggiatura originale (a firma Patrick Shanley). In totale le nomination furono sei (comprese miglior film e miglior regia), per non parlare di tutti gli altri premi raccolti (Golden Globe a Cher e la Dukakis, sempre in coppia, Bafta, Festival di Berlino, David di Donatello, etc).
Personalmente ho sempre trovato Stregata Dalla Luna un film di attori più che una storia sensazionale. Nonostante il riconoscimento della Academy, la sceneggiatura ha dei momenti ellittici ed iperbolici, nei quali ciò che accade è dato molto per scontato, è improbabile e sembra (meramente) funzionale al prosieguo degli eventi così come Jewison vuole che vadano. L'innamoramento di Cher per Nicolas Cage è istantaneo, come la polenta, non è sostanzialmente giustificato da nulla; si deve cedere al "succede perché si", accontentandosi del fatto che la storia vada così, punto e basta. Lo stesso dicasi per il flirt platonico che coinvolge la Dukakis e John Mahoney, poco logico (anche considerando le dinamiche psicologiche dei personaggi). Qualcuno direbbe che siamo in una romantica commedia d'amore e che la razionalità è dunque l'ultimo degli strumenti di indagine in casi simili. D'accordo, però la sceneggiatura deve avere un suo fondamento credibile, c'è un patto non scritto ma implicito con lo spettatore, il quale è disposto a seguirti fin dove le regole sono comuni, se decidi che lo spazio-tempo non esiste più e la gravità è sovvertita, o ne spieghi il motivo, o per il pubblico diventa difficile entrare dentro la storia. Stregata Dalla Luna è completamente demandato al cast, ad interpretazioni fenomenali, praticamente tutte; naturalmente quella di Cher spicca (qui di una bellezza sfolgorante), mentre ad esempio - a mio gusto - Nicolas Cage è il meno convincente di tutti, molto sopra le righe e spiritato.
Piuttosto caricaturale anche il ritratto della "little Italy" di Brooklyn, che funge da cornice di tutta la storia. Nella versione italiana del film questo aspetto è ulteriormente appesantito dalla cadenza dialettale (sicula) dei personaggi, un effetto cartolina della vecchia Italia che certamente diverte gli americani ma che visto di qua dall'Oceano pare sempre una cifra a metà strada tra la cronaca e la parodia più o meno volontaria. Sempre a proposito di italianità, nella scena all'interno del panificio di Nicolas Cage appaiono addirittura i veri genitori di Martin Scorsese. Il film fu un successo di pubblico, classificandosi come il film più visto nelle sale americane di quell'anno. Stregata Dalla Luna è un piccola delizia, dolce, appassionata e malinconica, intrisa di poesia (l'amore, la luna), un incredibile gusto della messa in scena, ed un tocco di magia fiabesca, nonché l'ennesima conferma del talento assoluto di Cher anche come attrice, un'artista davvero versatile e strabiliante in ogni ambito si sia cimentata, nonostante il suo apporto al cinema rimanga a tutt'oggi troppo sottovalutato.