
Bond numero 23, quello deputato ad onorare il cinquantenario della serie. Il team produttivo sempre saldamente in mano a Barbara Broccoli e Michael G. Wilson spinge per mantenere quel senso di continuity introdotto a partire da Quantum Of Solace, una novità per il franchise che invece era vissuto sempre di episodi a compartimenti stagni, pur osservando dei parametri costanti in alcuni personaggi (M, Q, Moneypenny), negli oggetti di scena (le Aston Martin, la Walther PPK), negli status symbol (il Martini vodka agitato non mescolato, gli abiti firmati, le belle donne), nella sequenza gun barrel, nella theme song affidata di volta in volta ad un artista di primissimo piano, eccetera. Con l'arrivo di Daniel Craig aumenta l'azione, la muscolarità ed il crudismo nelle scene action, ma di contro molti di questi landmark vengono rimessi in discussioni o addirittura stravolti. Casino Royale si occupa a testa bassa di farne pulizia, un vero cecchino in questo senso. Quantum Of Solace parzialmente ripristina una timida, minima liaison con le atmosfere dei vecchi Bond, ma sostanzialmente rimane fedele al nuovo corso. E' inoltre un vero e proprio secondo tempo di Casino Royale e come tale, va da sé, si attiene filologicamente alla riformattazione di 007. Sfogata la furia iconoclasta, Skyfall cambia pelle ancora un altro po'. Alla regia arriva il Sam Mendes di American Beauty e Era Mio Padre. Vengono ripristinati sia i personaggi di Q che quello di Miss Moneypenny ma naturalmente sono sfigurati rispetto alla tradizione. Q (Ben Whishaw) è semplicemente un addetto all'equipaggiamento, non costruisce penne esplosive (le cita apertamente nel film per denigrarle) ma semmai è un nerd dell'informatica, un genietto tutto tastiera e password. Moneypenny (Naomie Harris) guadagna finalmente un nome (Eve), è nera, giovane ed attraente, ed è un'agente operativa, solo che, a causa di un errore in azione, viene temporaneamente retrocessa a segretaria. M è ancora Judi Dench, per l'ultima volta però; tuttavia il suo congedo dalla serie è controbilanciato da un ruolo molto ampio e significativo in sceneggiatura. Subentra Ralph Fiennes, come sovraintendente (e futuro M).
Le Bond girls stavolta sono orpelli decorativi. Abbiamo Moneypenny e Sévérine (Bérénice Marlohe), ex prostituta d'alto bordo e ora schiava del villain di turno (Tiago Rodriguez/Javier Bardem) che sta in scena pochi minuti, non ha scene d'amore con Bond e sostanzialmente non ha granché importanza nel dipanarsi degli eventi (ma è molto bella). Skyfall è un film al maschile; anzi forse la vera Bond girl stavolta è a tutti gli effetti M. L'antagonista di 007 è un ex agente dell'MI6 come lui, un ribelle che - tradito da M, a suo dire - decide di mettersi in proprio e dichiarare guerra al servizio segreto di Sua Maestà. Vendetta, ancora una volta si tratta di vendetta (era già accaduto un agente dell'MI6 in Goldeneye, senza contare le vendette personali di Bond). Il tipico schema iniziale di Bond è stravolto anch'esso poiché, se da una parte tutto ha inizio con la consueta adrenalinica scena d'azione con inseguimento a perdifiato, dall'altra accade che Bond soccombe. Ecco che Adele con la sua "Skyfall" (a mio parere la più bella canzone di sempre in 50 anni di Bond, nonché vincitrice di un Oscar) si incarica di accarezzare la gun barrel, stavolta davvero superlativa, per poi farci ritrovare il caro James da qualche parte nei mari del sud, intento a godersi la vita con la barba lunga e un certo menefreghismo ben esibito. Solo che quando la Madre Patria chiama e lo stesso MI6 è in pericolo, Bond torna all'ovile e rimette le cose a posto. Non esiste tecnologia in Skyfall, vuoi perché, come già ribadito per i precedenti capitoli con Craig, ora Bond risolve tutto a sganassoni; vuoi perché Sam Mendes orchestra appositamente un ritorno alle origini, dunque un film essenziale e primitivo che non prevede il ricorso alla pirotecnica. Molto interessante in tal senso tutta la parte ambientata a Skyfall (la magione scozzese dove Bond è nato e vissuto da fanciullo), una sorta di residenza gotica degna dei romanzi ottocenteschi alla Henry James, Mary Shelley, dove le uniche armi sono fucili da caccia a pallettoni, coltelloni e candelotti di dinamite. Questo "cyber downgrade" contribuisce a mettere più a fuoco e a rendere più asciutti storia e personaggi, che risultano meno bidimensionali; anche se il cattivone di turno, il platinato Javier Bardem, è veramente ai limiti della caricatura. Intendiamoci, Bardem è bravissimo, attore consumato e talentuoso, tuttavia il suo Tiago Rodriguez è un insieme di pacchianerie kitsch (dal capello di Raffaella Carrà al vestiario dandy), atteggiamenti che ammiccano all'omosessualità, e presunti shock schifidi, come quando si toglie la mascella trasformandosi in una specie di pezzo di rognone andato a male. Una scelta in netta controtendenza con quella di Marc Foster che in Quantum Of Solace aveva proprio voluto evitare l'effetto parossismo, creando un villain vero, reale, credibile senza trucchi e parrucchi ai limiti del fumetto.
Torna un po' di ironia (finalmente), Craig ogni tanto molla qualche battuta e - vivaddio! - sembra per un attimo di respirare aria di casa. Molto bella in generale tutta la colonna sonora, firmata stavolta da Thomas Newman (compositore di fiducia di Mendes), che rielabora alcuni temi classici del film (quando Bond rispolvera la Aston Martin immagini e musica fanno fare allo spettatore un salto indietro di 50 anni). La storia ha decretato Skyfall come il 14° miglior incasso di tutti i tempi, il 4° miglior incasso in Europa di sempre, nonché il Bond che ha introiettato più guadagni. Essendo il film che celebra un mezzo secolo di Bond le citazioni, come era prevedibile si sprecano. Dalla Scozia tanto cara a Sean Connery (il primo Bond), alle iniziali incise sul fucile appartenuto al padre di James (A.B., ovvero Albert Broccoli, il padre della saga cinematografica), ai tanto momenti della trama che si rifanno apertamente a scene sparpagliate nei vari Bond (un vero e proprio gioco enigmistico per i Bond addicted). Meravigliosa tutta la parte ambientata in un'abbagliante Shanghai fatta di led fiammeggianti e grattaceli a pannelli luminescenti degni di Blade Runner. Nonostante continui a mancarmi terribilmente la levità, la leggerezza, l'eleganza, e l'ironia dei vecchi Bond, maschilisti e sbruffoni ma mai così (ottusamente) muscolari come quello incarnato da Machine Gun Craig, fortunatamente col procedere delle sue interpretazioni l'effetto shock causato da Casino Royale si attenua e sia Quantum Of Solace che Skyfall, pur imperfetti, si dimostrano oltre che due mastodontici prodotti di intrattenimento, anche due film a mio giudizio gradevoli e con diverse frecce al proprio arco.