Satanik

Satanik
Satanik

Nel 1968 escono al cinema Diabolik di Mario Bava, il secondo Kriminal di Fernando Cerchio (nel '66 Umberto Lenzi aveva diretto il primo capitolo) e Satanik di Vivarelli, senza contare almeno una decina di Killing turchi (criminale in calzamaglia in tutto e per tutto simile al Kriminal di Magnus & Bunker). Una vera scorpacciata per gli amanti del filone. Per Vivarelli sarà anche l'ultimo lungometraggio prima di intraprendere una strada che lo orienterà maggiormente sul filone erotico (nel '70 uscirà al cinema quel capolavoro che è Il Dio Serpente, con una Cassini mai più bella di così). A vestire i panni di Marny Bannister, la scienziata orrendamente sfigurata, c'è Magda Konopka, e questo è l'unico trade union forte col fumetto, per il resto si va a spanne, sempre tenendo conto che la storia di fondo è quella del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Stevenson declinato in salsa femminile e connotato in modo assai più pulp. Il fumetto insisteva maggiormente su tematiche horror e sexy, laddove Vivarelli invece tiene il freno molto tirato, forse per esigenze di commercializzazione in sala. Il film non insiste sfacciatamente sui nudi (anche se ci sono (a patto di imbattersi nella versione unct), né amplessi o scollature particolarmente fiammeggianti; a livello di sangue c'è qualcosina di più, ma certo il film non è classificabile in alcun modo come un horror. Appare come una versione edulcorata del fumetto, e complessivamente a salvarsi è sostanzialmente la sola bellezza della Konopka (con la quale sembra che Vivarelli naturalmente ebbe un flirt, al riguardo ha raccontato un gustoso aneddoto fatto di poderose unghiate sulle sua schiena). Tuttavia alcuni aspetti sono involontariamente ridicoli. Dopo aver assunto la pozione che tramuta la deturpata dr.ssa Bannister in una femme fatale di prima categoria, la Konopka è addirittura perfettamente truccata e come appena uscita dal parrucchiere. Il preparato rivoluzionario cioè non solo agisce a livello cellulare, ma si sostituisce in tutto e per tutto ad un estetista, individuando a colpo sicuro il miglior make-up e l'acconciatura più idonea.

Al netto delle doti di natura, la Konopka non verrà ricordata per una interpretazione memorabile in questo film. E tutto il cast è decisamente sotto tono o fuori posto, in particolar modo polizia ed investigatori, che più che degli indagatori segugio sembrano il circolo del bridge in vacanza a Madrid e poi a Ginevra (dove è ambientato il film, che è una coproduzione italo-spagnola). Meno di un'ora e mezzo della quale, a conti fatti, si ricorderanno solo i primi piani degli occhi della Konopka ed il suo strip nel locale di Luigi Montini, con una guaina nera simil Diabolik al femminile. Se poi avete il gusto del kitsch, potreste anche mandare a mente le assurde e avulse discettazioni sulle trote di torrente rispetto a quelle (più limacciose) di lago (anche qui, la famosa sera che Vivarelli si intrattenne con la Konopka la portò a mangiare trote in un ristorante di lusso). Debolissime le sparatorie, con una recitazione plastica degli attori che fa sorgere qualche imbarazzo. Le musiche di Romano Mussolini e di Roberto Pregadio spesso e volentieri strizzano l'occhio a quelle dei film di James Bond. L'impronta soft data al film da Vivarelli cancella quasi del tutto il portato politicamente scorretto del fumetto che, a partire dal 1964, aveva affidato ad una protagonista donna emancipata e senza scrupoli delle avventure pregne di erotismo ed omicidi (....di uomini che da predatori si tramutavano in prede). Aiuto regista fu Pupi Avati, al quale spesso è stata (stupidamente) rimproverata questa partecipazione giovanile, ma che lui non ha affatto rinnegato.

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