Salvate Il Soldato Ryan

Salvate Il Soldato Ryan
Salvate Il Soldato Ryan

Nell'arco di una manciata ristretta di anni escono 4 film di guerra che ridefiniscono il genere, Platoon 1986 (4 Oscar), Full Metal Jacket (3 nomination) 1987, Salvate Il Soldato Ryan 1998 (5 Oscar), La Sottile Linea Rossa 1998 (7 nomination). Si scatena una specie di derby incrociato che, per una mera questione di date di uscita, prevede due gironi così composti: Platoon vs Full Metal Jacket, Salvate Il Soldato Ryan vs La Sottile Linea Rossa. E' curioso il fatto che si possano ravvisare delle simmetrie in questi "scontri armati", poiché se da una parte Stone e Spielberg rappresentano la fazione più enfatica e partigiana, dall'altra Kubrick e Malick sono invece gli autori più cerebrali e metafisici riguardo alla guerra. Il pubblico cinefilo più colto e la critica più snob ha nettamente mostrato di preferire questi ultimi, ed il fatto che proprio Full Metal Jacket e La Sottile Linea Rossa non abbiano portato a casa nessuna statuetta avvalorerebbe il loro status di film "difficili" e troppo raffinati per lo spettatore (ed il critico) medio. Contrapporre le diverse opere è stupido e privo di senso, si può tranquillamente prendere atto che si tratta di 4 ottimi lavori, ognuno di essi espressione della personalità del regista, e del resto come potrebbe essere altrimenti.

Stone è l'unico del poker ad essersela fatta davvero la guerra (il Vietnam), ad aver vissuto sulla propria pelle l'intensità devastante di quelle situazioni, avendo poi cercato di tradurle in celluloide (con la trilogia Platoon/Nato Il 4 Luglio/Tra Cielo E Terra, senza dimenticare il bellissimo Salvador) e per questo la sua biografia parzialmente funge da alibi, da scudo nei confronti delle critiche ricevute. Spielberg (che come Malick ambienta le vicende durante il secondo conflitto mondiale) è considerato di solito l'anello debole di questo Fantastic Four Team, quello col bandierone a stelle e strisce che sventola in controluce sul finale, quello delle "povere mamme americane che hanno perso i loro figli in guerra", quello che "abbiamo portato la democrazia in Europa", quello che "figliolo, sei stato un bravo soldato". Mereghetti paradossalmente arriva quasi a definirlo guerrafondaio, poiché la guerra di Spielberg è risolta, conciliante, a lieto fine, quindi necessaria. Il sangue versato ed il sacrificio degli uomini hanno eretto il piedistallo su cui è stata issata la bandiera della libertà e della pace, quindi, per quanto orrenda la guerra possa essere, se serve va combattuta fino in fondo.

Personalmente credo che quello di Spielberg, nella sua presunta intenzione "semplificatoria", sia anche il più umano dei quattro film citati in apertura. E proprio per i "limiti" indicati. La speculazione di Kubrick e Malick è eccelsa, vertiginosa, superiore, ma porta l'uomo in territori metafisici, filosofici, quasi più letterari e intellettuali. In Full Metal Jacket mancano i nemici (si combatte contro se stessi, un dualismo mefistofelico insanabile), manca financo il sangue, fatto salvo il finale con la cecchina vietnamita che ne secca tre; Salvate Il Soldato Ryan, con tutto il suo carico di retorica, manicheismo, paternalismo e spirito americano, ci mostra un campo di battaglia al massimo grado di realismo, per quello che veramente è. Non si tratta di un indagine ideale e teorica sulla guerra e sui suoi effetti degradanti sull'uomo, ma di una concreta, prosaica, sporca fotografia dell'essere gettati in mezzo alla ferocia di un conflitto a fuoco, tra cecchini appostati, granate, pioggia incessante, sangue e pezzi di corpi dei compagni che ti volano contro, e proiettili che saettano a pochi cm dai tuoi orecchi. E' terra, fango, grumi di carne. Macelleria truculenta e cruda. I primi 24 minuti - non a torto - sono sati definiti la miglior scena di battaglia mai realizzata (12 milioni di dollari, 1500 comparse). Lo sbarco a Omaha Beach e il D-Day sono quello, esattamente quello, niente di meno eroico, ridondante e patriottico. Uomini contro uomini, ragazzi contro ragazzi, terrore assoluto, casualità e puro spirito di sopravvivenza.

Successivamente la pellicola prende una piega più narrativa e meditata, e l'ambiguità tra demagogia e racconto secondo alcuni si insinua prepotente nei fotogrammi. Può darsi, Spielberg non si è mai spacciato come un platonico e distaccato romanziere la cui penna non prevede il tifo per l'America, tuttavia il talento enorme del regista (a lui ci si rivolse per terminare il lavoro di montaggio di Eyes Wide Shut interrotto dalla morte di Kubrick) e l'estrema umanità dei personaggi non possono lasciare indifferente lo spettatore. Salvate Il Soldato Ryan si porta dentro un pezzo di ciascuno di noi, è ciò che probabilmente ognuno di noi sperimenterebbe se si trovasse in un aberrante contesto come quello della fase finale della Seconda Guerra Mondiale, dalle parti della Normandia. Niente archetipi grandiosi, solo uomini che attraverso linee rette possono capire ed interpretare la realtà che li circonda, che hanno bisogno di motivazioni semplici e quotidiane per scampare all'inferno, che accantonano il giusto e lo sbagliato perché la legge delle sopravvivenza, in ultima analisi quella di Natura, chiede questo.

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