Nel 1991 Oliver Stone firma un film testamento sulla vicenda JFK, non tanto perché delinei in modo definitivo l'interpretazione dei fatti di quel 22 novembre 1963 a Dallas, ma perché la pellicola "monstre" del regista newyorkese (206 minuti nella director's cut) impiatta tutti gli argomenti da considerare per avere una visione il più completa possibile (ad oggi) della morte di John Fitzgerald Kennedy. Forse anche per questo, quando appena un anno dopo uscì nelle sale americane Ruby, che trattava lo stesso argomento, seppur concentrandosi sulla figura di Jack Ruby (l'uomo che uccise Lee Harvey Oswald, due giorni dopo l'assassinio del Presidente), il successo al botteghino non arrise alla pellicola di John Mackenzie. La chiave narrativa è completamente diversa rispetto al film di Stone, anche se alcune tesi di fondo sono perlomeno tangenti, soprattutto in merito alla collusione della CIA con la malavita organizzata ed al comune interesse di entrambe di eliminare il capo della nazione, in relazione alle vicende occorse a Cuba. Il personaggio di Ruby (interpretato da Danny Aiello) è molto spinto nella direzione del complotto e non è dato sapere quanto la ricostruzione delle sue motivazioni risulti attinente al suo vero sentire. La cronaca di quei giorni ha messo a verbale un criminale di mezza tacca, con un passato di magheggi e arrangiamenti illegali a vario titolo (evasione fiscale, bagarinaggio, stupefacenti, gioco d'azzardo), padrone di un locale di spogliarello frequentato da malavitosi e poliziotti corrotti, un imprenditore con molti agganci e tante zone d'ombra. L'uccisione di Kennedy, maturata in quegli ambienti (e della quale in qualche misura Ruby ebbe contezza prima che accadesse), lo sconvolse a tal punto da sentirsi braccato anche in quanto ebreo, poiché paventava che la colpa di quanto accaduto potesse essere addossata agli ebrei (il suo vero nome era Jacob Rubenstein). Questo lo portò a "fare giustizia", freddando Oswald, convinto di essere poi prosciolto e persino portato ad esempio di come si sarebbe dovuto comportare un vero americano. Non andò così. Nonostante il tentativo di ricorrere alla infermità mentale, Ruby venne condannato all'ergastolo e morì tre anni dopo per complicazioni dovute ad un tumore polmonare (nel film viene invece sentenziata una più roboante pena di morte sulla sedia elettrica).
Il punto di vista di Mackenzie è decisamente "Ruby friendly", quello interpretato da Aiello è si un uomo dal passato affatto cristallino, ma è in sostanza un povero Cristo che si è rifatto una vita a Dallas, sbarca il lunario senza mai molestare le sue entraineuse, fa l'informatore dell' FBI per arrotondare ma in fondo in fondo non fa del male a nessuno ed è un brav'uomo con valori all'antica. Questa correttezza di fondo lo porterà a trovarsi nel posto sbagliato, con le persone sbagliate mentre gli ingranaggi del complotto girano per il verso sbagliato. Gli viene messa accanto una figura totalmente inventata ma abbastanza palesemente ricalcata su Marilyn Monroe, tanto nell'aspetto fisico quanto nelle incidenze di quei giorni. E' la stripper Candy Cane (Sherilyn Fenn), con un matrimonio fallito alle spalle, in cerca di una nuova ripartenza. Ruby la accoglie e senza avere nulla a che pretendere le dà una casa, un lavoro e tutta la protezione che un uomo nella sua posizione può garantire. Scaleranno la società (del crimine) assieme ma ad entrambi verrà poi presentato il conto. La bella Candy, con un fisico tutto curve, gli occhi da cerbiatta, i capelli vaporosi biondo-platino, dei vestiti cuciti sul suo corpo, viene messa dentro il letto di Kennedy ed usata come tramite tra la Mafia ed il Presidente, perché funga da costante minaccia e relatrice di messaggi ed avvertimenti. Candy sarà anche l'unica a rimanere accanto a Ruby fino in fondo, anche quando ci saranno le sbarre a separarli. Il tratteggio dei due è molto delicato ed indulgente, ma sia Aiello che la Fenn danno prova di essere attori di livello. Molto accattivante la ricostruzione del periodo storico e di come si avesse la sensazione di camminare sulla lama di un rasoio, sia che si fosse dalla parte dei buoni che da quella dei cattivi.