Nel 1984 Bruno Gaburro dirige Malombra e Maladonna, nel 1987 si occupa di Penombra, sorta di ideale chiusura di una trilogia che in realtà è praticamente sempre lo stesso film rimaneggiato. Se tra i primi due ci sono differenze di sceneggiatura e sfumature minimamente diverse, pur conservando la coppia di protagonisti principali (Maurice Poli e Paola Senatore, che addirittura in Malombra impersona doppiamente se stessa, o meglio due sorelle), Penombra è letteralmente una collazione delle due precedenti pellicole che Gaburro inverte nell'ordine cronologico (la prima metà del film è fatto di estratti da Maladonna e la seconda metà invece da Malombra), preoccupandosi unicamente di raccordare le due sezioni mediante del nuovo girato ad hoc. Si tratta dello specifico di quelle girate al convento dove il severissimo e altezzoso Poli si reca per prelevare la cognata e portarla a vivere nella propria casa. Mentre attende di essere ricevuto dalla Madre Superiora, interessata unicamente a conservare la dote della giovane e non tanto la giovane in sé o la sua educazione morale e religiosa, Poli spia attraverso una porta socchiusa l'incontro bollente tra due novizie, una delle quali è una giovane e quasi irriconoscibile Carmen Di Pietro e l'altra è Marcella Petrelli. E' la scena ritratta nella locandina del film, l'unica originale, e comunque anch'essa rimaneggiata poiché la suorina del primo novecento ovviamente non indossa quella fiammeggiante lingerie rossa che andrebbe bene per un sexy shop contemporaneo.
Per il resto si tratta di un patchwork di film già visti, con Paola Senatore mattatrice assoluta, costantemente a seno scoperto e intenta assai più spesso ad amoreggiare autonomamente che con un compagno. Anzi la scena di sesso più intensa a cui assistiamo è quella con una donna, la servetta Claudia Cavalcanti. Maurice Poli rimane costantemente a bocca asciutta, nemmeno la sua amante Paola Corazzi si concede mai esplicitamente a favore di camera. Il nobile proprietario terriero Osvaldo Reininger non arriva mai al dunque, verrebbe quasi da pensare che un sottotesto ce lo voglia indicare come "impossibilitato a", visto che la moglie proprio non lo calcola e lui è costretto a spiarla da un buco nel muro per eccitarsi. Il fatto che Malombra e Maladonna siano appiccicati con il nastro adesivo crea qualche scollamento, come ad esempio l'incongruenza delle cameriere tra prima e seconda parte, ma la cosa tutto sommato si potrebbe anche giustificare con il semplice passare del tempo. Fatto sta che la Cavalcanti sparisce e lascia il posto a Scilla Jacu. Così come improvvisamente non sentiamo più parlare dei debiti di gioco che attanagliavano la casata, messa sotto scacco da arrembanti banchieri. Le musiche sono di Stelvio Cipriani e il film rappresenta l'ultima apparizione di Paola Senatore, all'epoca purtroppo già finita nel tritacarne del cinema pornografico. Il titolo gioca molto con i chiaroscuri del film e per altro questo terzo e conclusivo capitolo altro non è che il crepuscolo della "saga", i Reininger e le loro donne finiranno nell'oscurità dell'oblio dopo tre tentativi che si sono largamente abbeverati alla fonte dei Fogazzaro, dei Lawrence, dei Brass e dei Borowczyk. Chi ha già visto entrambi i film separatamente potrebbe anche fare a meno di ripetersi con questo finto finale di mero riciclo, anche se la parentesi conventuale con la Di Pietro e la Petrelli, eh beh...