
Regista perlopiù teatrale ma autore al cinema di pellicole come Paris By Night ('82), Il Danno ('92), The Hours ('02), The Reader ('08), David Hare si cimenta in un political drama dalle tinte trattenute, sobrie, asciutte. La trama ha forti connotati spoionistici, se non fosse altro perché i protagonisti sono spie, tuttavia chi si aspetta un film adrenalinico - o peggio, action - rimarrà deluso. Page Eight sprizza britannicità da tutti i pori. Non solo è stato realizzato per la BBC (nel lontano 2011), non solo il cast principale è britannico, non solo il regista è inglese, ma incamera nel suo stile un'inflessione tipicamente anglosassone, flemmatica, signorile, minimalista, quasi snob (nei confronti della caciaroneria yankee). Siamo anni luce lontani dalla rappresentazione del MI5 data nei Mission Impossibile o negli stessi Bond movies; qui abbiamo Johnny Worricker (Bill Nighy), attempato analista politico dell'agenzia, amico fraterno del Direttorissimo Benedict Baron (Michael Gambon), altro canuto esponente della Intelligence d'antan della vecchia Albione. Succede che attraverso una fonte l'MI5 entra in possesso di un dossier sui luoghi di tortura detenuti dagli americani in giro per il mondo. Luoghi segreti, occultati, dove si praticano le peggiori abitudini per far parlare i prigionieri. Ufficialmente nessuno sa niente, ma a pagina 8 si dice che Downing Street è al corrente. Il Primo Ministro (un mefistofelico Ralph Fiennes) dunque sa, e non ha mai confidato tale informazione al Servizio Segreto di Sua Maestà. Baron muore a causa di un infarto e Worricker si ritrova con la patata bollente in mano. I colletti bianchi del Governo e dell'agenzia vogliono trasformarlo in capro espiatorio e vittima sacrificale, lui invece vuole portare fino in fondo la missione del defunto Direttore, smascherare l'ambigua posizione del Primo Ministro. Durante queste schermaglie entra in contatto con una misteriosa vicina di casa. Nancy Pierpan (Rachel Wiesz) è figlia di un arabista, un attivista politico al quale Israele ha trucidato il figlio senza subire alcuna conseguenza, grazie ad un'inchiesta farsa che ha insabbiato ogni responsabilità. Tra Worricker e Nancy si sviluppa un sottile rapporto di crescente dipendenza e fiducia reciproche.
Ciò che conquista di Page Eight è proprio la sua atmosfera morigerata, placida, calma, nonostante si tratti una materia scottante come la politica estera, la guerra verso il terrorismo internazionale e di come l'approccio ad essa possa nascondere secondi e meschini fini nella politica (interna) di un Paese. Gli americani ci fanno una pessima figura, ma gli inglesi pure. Certo, viene un po' difficile credere che le più alte cariche dello spionaggio anglossassone siano stanzialmente dei gentiluomini attempati e demodé, mossi solo e soltanto da grandi valori ideali, ma del resto una controparte alla dilagante corruzione morale ci voleva. Worricker e Baron sono un po' come due cavalieri della Tavola Rotonda trapiantati mille anni dopo nella modernità anarcoide. La vita privata di Worricker è il caos; incapace di rapporti interpersonali onesti e sinceri, ha mandato in frantumi la sua famiglia ed ha fama di donnaiolo. Anche per questo inizialmente intende il rapporto con la vicina di casa col freno a mano tirato. Per essere una sceneggiatura molto fine e accorta, salta all'occhio la banalità del solito rapporto improbabile segnato da una differenza di età pesante. Idem nel caso di Baron è di sua moglie (per altro anche ex di Worricker). Si vede che in Inghilterra usa così, se non ci sono almeno quindici anni di differenza non ci si accoppia. Questa è forse l'unica caduta di stile in un film molto politico eppure estremamente intimo ed elegante. Due i seguiti, Turks And Caicos e Salting The Battlefield (credo ancora inediti in Italia), entrambi del 2014, che vanno a costituire la cosiddetta Worricker Trilogy.