Nosferatu, Il Principe Della Notte

Nosferatu, Il Principe Della Notte
Nosferatu, Il Principe Della Notte

Werner Herzog considerava il Nosferatu di Murnau il più importante film tedesco di tutti i tempi e, a detta sua, in un momento storico nel quale la Germania era orfana dei propri padri, creare un trait union tra passato e presente per ridare fiducia e convinzione ad un popolo rimasto senza guide e tutori ideali e spirituali era fondamentale. In questa ottica va inquadrata la sua impresa di omaggiare la pellicola espressionista girando un remake, seppur riveduto e metabolizzato in chiave Herzog, ovvero un autore, nella essenza più pura, profonda, densa ed autentica del termine. Dopo Aguirre Furore Di Dio, il regista torna a lavorare con Kinski, "il suo nemico più caro", col quale dividerà tante pellicole. L'accoppiata dei due è (nuovamente) esplosiva; i tormenti e le sofferenze del primo sommati al carisma ed alla personalità del polacco trasformano Nosferatu in una pietra miliare del cinema non solo tedesco ed europeo ma globale, un punto di riferimento ancora oggi ineludibile, tanto in ambito strettamente vampirico ed orrorifico, quanto più in generale cinefilo ed autoriale.

Herzog dichiara che ogni suo lavoro è nato dal dolore e non dal piacere; dal bisogno fisico e mentale, fatto di rovi e spine, di raccontare, rappresentare, indagare la realtà ed oltre, appropriandosi di spazi tanto fisici quanto metafisici. Nosferatu in tal senso è un paradigma ideale, perché partendo in primis dal testo di Stoker, passando per l'interpretazione data da Murnau, racconta di una creatura che a suo modo è tutta l'umanità e nasconde in sé il mistero e l'abisso (orrido) dell'esistenza e del suo senso (o non senso). Anche sotto questa lente, a mio parere, va interpretata la "umanizzazione" del vampiro, così magnificamente resa da Kinski. Una creatura dolente, spenta, letargica, apatica, che svogliatamente adempie al proprio destino ma sogna la liberazione dallo stesso. Il Conte non gode tronfiamente dei suoi poteri demoniaci ma li subisce; brama il contatto umano, pur scontando l'irresistibile giogo istintuale della sua malevolenza ultraterrena e "contronatura".. Alterna empatia verso il prossimo e violenza, attrazione e sopraffazione, bisogno di amore e profferte di morte. Dracula è obbligato suo malgrado a fare quello che fa, come intrappolato in un'esistenza che, nel suo caso, ha l'ulteriore fardello di essere infinita..

Attorno a questa figura così profonda e sfumata si muovono personaggi strappati ad una rappresentazione teatrale; figurine fisse e statiche, volutamente tali, ad accentuare il forte simbolismo della narrazione concepita da Herzog, la quale a sua volta ricalca assai fedelmente quella di Murnau. Jonathan Harker (Bruno Ganz), Lucy Harker (Isabelle Adjani), il Dr. Van Helsing (Walter Ladengast), persino lo stesso Kinski, sono continuamente ritratti in pose immobili, espressioni bloccate ed allucinate. Una collezione di attimi vitrei ed indeclinabili, la cui somma produce gli eventi, come accade per i fotogrammi fatti scorrere in sequenza. Lo stupore, la continua scoperta dell'orrore, dell'incubo, dell'indicibile (rappresentato tanto dalla mostruosità vampirica quanto dall'essere al mondo a nostra "insaputa") è perennemente ritratta sui volti dei protagonisti della storia. Splendida la Adjani, tanto per fattezze (cadaveriche e spettrali) quanto per interpretazione. Raggelante Kinski, ma non sono da meno Bruno Ganz, vinto e sconfitto dal primo all'ultimo minuto, e il povero Renfield (Toland Topor), strumento inconsapevole nelle mani di Dracula, dilaniato dalla follia che, come nel caso di Lovecraft, è forse la via più vicina alla salvezza e alla verità, contrariamente alla sanità che invece ci conduce all'entropia perché ci avvicina a ciò che per noi risulta incomprensibile, dati i nostri limiti umani, e dunque rischia di bruciarci come falene.

Le atmosfere, la fotografia, le immagini di Nosferatu sono incredibili. Merito anche del fatto che Herzog utilizza l'Olanda, ed in particolare Delft, anziché l'Inghilterra di Stoker o la Wismar di Murnau per ambientare la parte "umana" del racconto (i topi della peste però vengono liberati a Schiedam, perché le autorità di Delft non concessero l'autorizzazione) da contrapporre ai Carpazi di Dracula, a loro volta proiettati nella Cecoslovacchia dell'epoca. Di una bellezza da togliere il fiato. A Herzog si perdona pure un uso delle luci piuttosto sui generis. Non di rado infatti nello spettatore scatta la sospensione dello straniamento brechtiano, proprio a causa di evidenti raggi di luce impossibili nel contesto del film, ma si lascia volentieri correre, immaginando che Herzog sia innanzitutto sostanza e che dunque cosa ci sta raccontando sia più importante di come, e che "come" sia funzionale a "cosa". Impressionante la sequenza di apertura dei titoli di testa, musicata dai Popol Vuh (affiancati lungo il film da L'Oro Del Reno di Wagner e dalla Messe Solennelle di Charles Gounod), tutta incentrata su scheletri angoscianti e disturbanti (le mummie di Guanajuato, Messico, appartenenti a persone morte di colera nel 1833). Esistono due versioni del film, quella inglese (poi ridoppiata in italiano) e quella tedesca. Vennero girate in successione; ovvero, quella inglese non è un ridoppiaggio della originale tedesca ma è proprio un altro film girato praticamente in contemporanea, il che porta ad avere scene simili ma non esattamente identiche, perlomeno nella parte visiva.

Herzog ebbe diverse noie per il trattamento degli animali usati nel film. Metà della popolazione dei ratti morì e l'altra metà venne colorata artificialmente (da bianca a grigia) e sbollentata affinché i topi si leccassero nervosamente (perlomeno quelli a loro volta sopravvissuti all'immersione). Né pare che cavalli e pecore abbiano subito trattamenti granché migliori. Vero o no, il biologo comportamentale che collaborò al film abbandonò polemicamente Herzog. Del resto, come già detto, per Herzog il cinema era sofferenza, la sua, quella dei suoi attori e collaboratori tecnici, e purtroppo (forse) anche quella degli animali coinvolti. Una curiosità, tra i personaggi minori c'è il capitano della nave che porta Dracula in Olanda, è Jacques Dufilho, conosciuto in Italia soprattutto per la serie demenziale dei film del Colonnello Buttiglione.

Trailer ufficiale

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