
Exploitation, se ci pensate bene E Io Non Pago è exploitation, tecnicamente parlando; location vacanziere di quelle dove abitualmente il buon Jerry Calà lavora facendo serate, locali dove avrà datori di lavoro che oramai sono amici di vecchia data, location che ricevono anche una bella pubblicità dall'essere il set del film. Un parterre di attricette, miss, veline, cubiste e ballerine - tutte rigorosamente più vicine ai -enti che agli -enta, tutte abbronzatissime, carrozzatissime, sorridentissime. Un cast da discount, con personaggi televisivi (Maurizio Mattioli, Adolfo Margiotta), avanzi di cinepanettone (Enzo Salvi), soubrette mortadellate (Valeria Marini) e vecchie conoscenze dello show biz italiano (Benito Urgu). Un plot che mette il dito nella piaga del malcostume italiano, anzi nel suo vizio principe, il lamento eroico delle tasse da pagare e/o non pagate. Il punto di vista però è un po' borderline, gli imprenditori sono poveri disgraziati vessati dalle crudeli Fiamme Gialle, sempre alla ricerca di "colpevoli" da mandare al gabbio, quando in realtà i veri grandi evasori sono sempre altrove. Un po' il mondo alla rovescia, quello dei "billionari" con le discoteche fashion e gli yacht che quasi piangono miseria, mentre piove governo ladro.
In questo contesto ha luogo un'operazione sotto copertura dei Finanzieri Signorelli (Mattioli) e Riva (Maurizio Casagrande), sulla costa nord orientale della Sardegna, dove Fulvio (Calà) intrattiene affari con imprenditori, tutti seguiti dallo stesso commercialista, Grilli (Enzo Salvi), farabutto patentato che nasconde capitali all'estero, ricatta e sfrutta i suoi clienti e detiene sostanzialmente il potere sulla zona. Signorelli conosce bene Fulvio, per essersi disputato con lui in gioventù la donna che poi è diventata sua moglie, ma che sospetta lo abbia tradito con Fulvio prima del fidanzamento.C'è anche un senso di rivalsa personale nel suo accanimento (come se non bastasse lo squilibrio morale che Calà addebita ai tutori dell'ordine rispetto ai poveri "proletari" della Sardegna). La Finanza scoprirà altarini ovunque in Sardegna, dove vige la legge del nero senza scontrino, delle fatture falsate e degli inghippi per frodare il Fisco.
C'è un dialogo in particolare tra Calà e Mattioli, quando i due giocano finalmente a carte scoperte, poco prima che scattino gli arresti, nel quale Calà rende esplicito la forma mentis di Alessandro Capone regista e co-sceneggiatore della pellicola. Calà si appella alla vecchia amicizia che lo lega a Mattioli, ne descrive l'ottuso perseguire gli evasori come una specie di perversione sadica, e allo stesso tempo ritrae se stesso e gli imprenditori come delle vittime, costrette quotidianamente ai salti mortali, coloro che fanno realmente andare avanti l'economia italiana, anche se a nero. Pare un clima da campagna elettorale berlusconiana, l'oppressione contro la libertà. Curioso ritrovare in questo contesto proprio Mattioli (che come attore saprebbe anche il fatto suo) come maresciallo; in Buona Giornata dei Vanzina il suo ruolo era esattamente l'opposto, quello di un imprenditore romano, evasore totale, che fa di tutto per nascondere i propri capitali. Comparsata di Ninì Salerno (un chirurgo plastico) che permette la riunione di metà Gatti di Vicolo Miracoli. La Marini, benché reciti nel suo dialetto, è agghiacciante, sia per le fattezze - oramai impossibili in natura - di un volto deturpato dai ritocchi e dal make up, sia per la totale idiosincrasia col cinema. Enzo Salvi, bontà sua, mi fa venire l'orticaria. Sgradevole l'ovvietà per cui solo e soltanto giovane e belle ragazze sempre disponibili si accoppiano con 50-60enni, come se fosse la cosa più normale del mondo; guarda caso, chi è l'unico che ha una moglie coetanea? Il finanziere grigio e inquadrato. Finale alla volemose bene, con Mattioli che grazia Calà, compra il locale in cui lavora (che ha fatto andare all'asta con le indagini) e lo rilancia tra balli e belle figliole. Locandina del film che riprende vistosamente quella di Dick & Jane Operazione Furto (con Jim Carrey) e titolo che cita apocrifamente Edoardo De Filippo.