No Grazie, Il Caffè Mi Rende Nervoso

No Grazie, Il Caffè Mi Rende Nervoso
No Grazie, Il Caffè Mi Rende Nervoso

Tra Ricomincio Da Tre ('81), incassi stellari, due David di Donatello e Scusate il Ritardo ('83), Massimo Troisi scrive un soggetto col quale regala il primo ruolo al cinema da protagonista al compagno d'armi Lello Arena, comunque già visto all'opera in Ricomincio Da Tre, oltre che ovviamente in tv al fianco di Troisi e Decaro nel gruppo comico La Smorfia. Il soggetto del film viene tradotto in sceneggiatura dallo stesso Arena insieme a Michael Pergolani e Stefano Vespignani, e diretto dall'esordiente Lodovico Gasparini (già aiuto regista di Monicelli, Steno, Cavani, Ferreri), uno che si è fatto sei mesi di Africa in camionstop, per dire, e che quattro anni dopo dirigerà il cultissimo trash paninaro Italian Fast Food. L'idea è geniale, purtroppo la sua attuazione molto meno. A Napoli si deve svolgere un Festival denominato "Nuova Napoli", dove si esibiranno musicisti dediti a sonorità, moderne, contaminate da influenze esterne alla tipica tradizione partenopea, e dove lo stesso Troisi è stato invitato a partecipare. Ma un misterioso ed agguerrito killer chiamato Funiculì Funiculà, amante della "vecchia Napoli", non ci sta, ed inizia dapprima a minacciare poi ad uccidere tutti i partecipanti al grido di "Napoli non ha da cagnà!". Sul caso investiga malvolentieri un giornalista di poco conto de Il Mattino (Lello Arena), stimolato, anzi praticamente costretto dalla sua volitiva fotografa (Maddalena Crippa). - SPOILER: Dopo attentati al palco del Festival e le uccisioni del sassofonista James Senese e di Massimo Troisi, la Crippa giungerà all'epilogo dell'indagine; Funiculì Funiculà è Lello Arena il quale, plagiato dai racconti nostalgici dell'anziano padre, non vuole che Napoli cambi, abbandonando i suoi simboli sempiterni, o' sole, o' mare, 'a pizza e o' mandolino.

Il soggetto è davvero delizioso, il contrasto tra la vecchia e la nuova Napoli, condito di tutti quegli stereotipi tipici dell'immaginario partenopeo, a cominciare dal nome dell'assassino, Funiculì Funiculà, coglie nel segno. Interessante anche l'idea di fondere la commedia con il giallo, anche se indizi piuttosto pesanti sono seminati sin da subito a danno del colpevole, e a nulla serve l'inserimento di una falsa pista per tentare di confondere le acque. L'obbiettivo della pellicola comunque è senza dubbio far ridere e non far indagare lo spettatore come in una storia di Agatha Christie, quindi non si tratta di una critica vera e propria. Molto peggio invece come viene girato e montato il film. Il quadro delle scene è quasi sempre anonimo, banale, privo di spunti, la macchina da presa pare lasciata lì esattamente come è stata messa dall'attrezzista che ce l'ha piazzata; e ancora più problematico è il ritmo (non) impresso ai fotogrammi. E del tutto assente, col risultato che in alcuni casi si va troppo per le lunghe (i verbosi dialoghi tra Arena e la Crippa, con tempi morti colossali) in altri troppo per le brevi (il finale un po' sbrigativo). A Gasparini manca il polso della situazione, conduce bravi attori ed una storia potenzialmente efficace troppo al di sotto dei limiti di velocità, senza guizzi, senza brio, azzoppando il risultato finale. Troisi riserva a se stesso un ruolo secondario, ma non viene mediato in alcun modo, col risultato che ha tre lunghe scene a briglia sciolta, senza alcun tipo di contraltare e finisce con l'avvitarsi in monologhi prolissi e ripetitivi.

La Crippa ne esce benissimo, oltre ad essere particolarmente bella all'epoca, tira fuori il carattere da attrice a tutto tondo, risultando assai meno pesante di Troisi o del farraginoso Arena. Rimangono alcuni momenti assolutamente esilaranti, come tutta la parte con Senese, che cura anche le musiche (ovvero la sua esibizione sul palco, il tentativo di intervista ed infine l'agguato del killer), il confronto tra Lello Arena è il Mastino (Elio Polimeno) un contrabbandiere col quale Arena intavola un ping pong psicologico durante il quale i due si passano continuamente una rivoltella minacciandosi vicendevolmente, le telefonate del "mitomane" (Sergio Solli), anche se si tratta di sketch completamente avulsi dalla trama principale. C'è pure uno sprecato Carlo Monni nel ruolo del commissario di turno. La scena dell'uccisione di Senese non è affatto male, e se fosse decontesualizzata dal tono ironico del film e trapiantata pari pari in un qualche giallo argentiano dei '70, con tanto di fermo immagine "espressionista", farebbe la sua porca figura. Divertente anche il ritrovamento del cadavere di Troisi, con tanto di pizza in bocca. Rimane agli atti un film particolare, con un titolo buffo, e un qualche timido tentativo di sperimentazione, che però trasforma solo il 30% del proprio potenziale in corrente elettrica.

Trailer ufficiale

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