Regista complesso e sottile l'austriaco Haneke, che nel 2005 firma questo Niente Da Nascondere, storia dissimulata sotto le spoglie del genere thriller ma che usa il genere per portare avanti un proprio discorso, estremamente politico. Del resto il cinema di genere si è spesso prestato a questo tipo di operazione, fornire i confini, i binari, il recinto dentro al quale un autore ha poi espresso la propria poetica, la propria visione, persino il proprio j'accuse, come nel caso di Haneke che scrive e dirige a tutti gli effetti un film politico. Siamo in Francia, ai giorni nostri, l'intellettuale televisivo Georges (Daniel Auteil) inizia a ricevere videocassette anonime (avvolte dentro disegni che ritraggono un volto infantile che vomita sangue), si tratta di riprese di casa sua; ore ed ore di girato durante il quale Georges e i membri della sua famiglia rincasano, vanno e vengono, come a dire che qualcuno li sta spiando e ne conosce ogni movimento. Non solo. Arriva anche una videocassetta che riprende la casa natale di Georges in campagna e poi un appartamento di periferia, come si trattasse di un invito a recarvisi. Questo clima di minaccia incombente destabilizza progressivamente i già precari equilibri familiari in casa di Georges. Sua moglie Anne (Juliette Binoche) si fa progressivamente sempre più sospettosa, il figlio Pierrot (Lester Makedonsky) è scostante e tratta i genitori come nemici da punire. Inizialmente Georges cerca di risolvere da sé la faccenda, coinvolgendo poco Anne e mentendo su molti particolari; quando poi l'invasione della privacy familiare si fa eclatante, Georges è costretto a rivelare poco a poco particolari sepolti della propria fanciullezza che probabilmente hanno un ruolo in ciò che sta accadendo.
Niente Da Nascondere, paradigmatico sin dal titolo (in originale è l'esatto opposto, Caché, quindi "nascosto") è un film ansiogeno e disturbante. Non c'è il ritmo scoppiettante di un thriller adrenalinico, non ci sono inseguimenti, scazzottate e sparatorie, non ci sono facce losche e musiche inquietanti, c'è la fredda quotidianità, la banale routine di una famiglia agiata e borghese, con le sue fragili certezze che vengono sgretolate in un non nulla dal semplice irrompere dell'imprevisto, da un giorno all'altro. A ben vedere i rapporti interni erano già pessimi prima, artefatti, ipocriti, pigri ed adagiati sul quieto vivere. Pierrot è estremamente irrequieto, un adolescente candidato a mille problemi, Georges e Anne hanno un legame superficiale (o deterioratosi), forse Anne ha persino un flirt con un amico, ma poco importa, il punto è che quella famiglia è già una non famiglia, poggiata su valori vacui e conformisti. Le videocassette sono come un mortaio lanciato in un dormitorio, hanno il preciso compito di sovvertire tutto e creare il caos. Haneke tuttavia non vuole scrivere un "semplice" thriller ma tramite esso delineare una tesi precisa e un po' con la bava alla bocca. Georges e Anna sono la Francia, i loro colpevoli designati sono algerini e Georges non intende sentir ragioni sulla possibilità che non si tratti di loro, anche davanti alla continua proclamazione di innocenza dei diretti interessati, anche davanti all'evidenza che un fatto accaduto 50 anni prima possa non essere sufficiente a giustificare ciò che sta accadendo oggi. Georges si sente invaso ma il tutto accade mentre al telegiornale scorrono le immagini di un'altra invasione, quella europea fuori dai propri confini, in missioni di pace che occupano militarmente altri territori. Anche il gesto estremo compiuto da Majid (Maurice Bénichou) è equiparabile a quello di un kamikaze, nel suo estremo sacrificio mette a repentaglio l'Occidente, che tradotto da Haneke significa Georges. Scena crudissima e spettacolare (l'unica), anche se terribile.
Di ogni cosa ha colpa qualcuno che sta all'esterno della famiglia di Anne e Georges, il dito deve essere puntato contro un responsabile crudele e malvagio che non appartiene al loro stesso mondo (i prodromi sono già nel quasi incidente con un ciclista nero, fuori dal Commissariato di Polizia); anche quando Pierrot non fa ritorno a casa il primo pensiero che lo spettatore è quasi obbligato a fare è che si tratti degli algerini. La trovata più brillante di Haneke sta nel non risolvere la domanda fondamentale del film, chi e perché invia le videocassette a Georges. O meglio, possiamo darci la spiegazione che ci sembra più coerente, si tratta effettivamente degli algerini, forse è Pierrot, un suo amico poco di buono, il presunto amante di Anne, forse sono solo una proiezione della coscienza di Georges, che suo malgrado non riesce più a sottomettere il proprio inconscio (anche sua madre ha accuratamente rimosso), tanto da essere costretto ad ingurgitare dei sonniferi per dormire senza sognare ciò che lo riporterebbe all'età di 6 anni, quando accadde tutto, quando si macchiò di meschinità e vigliaccheria, quelle stesse nefandezze che hanno contribuito a definire i rapporti di forza tra Francia ed Algeria (ma si sarebbe potuto trattare di Italia ed Etiopia, o più in generale di Occidente ricco e Terzo Mondo povero e coloniale). In ultima analisi, tra società borghese (incancrenita da rituali decrepiti e necrofili come la verbosa cena tra amici a casa di Georges, nella quale un commensale racconta una stupida storiella fine a sé stessa con il solo proposito di essere al centro dell'attenzione) ed ultimi del pianeta. Niente Da Nascondere trova in Daniel Auteil il suo gigantesco protagonista squallido e miserevole, accompagnato da una Juliette Binoche che si fa un passo indietro, nei panni di una donnicciola che oltre a piagnucolare ed aver paura non riesce a fare, una coppia di mediocri eletti a leader di una colonna infame di affamatori e cannibali morali, detentori di colpe ataviche e storiche che nessuno sbiancante pare essere in grado di lavare via. Lo dimostra il finale anticlimatico, nel quale i figli delle rispettive "società" continuano a tramandarsi un destino forse ineludibile.