Produzione di metà carriera di Fratter, a cui il regista bergamasco approda dopo una serie di titoli sempre e comunque orbitanti nell'alveo del filone thriller - ora declinato in chiave più schiettamente horror, ora più colorato di giallo - contenente elementi esoterici o magari sexy, ma comunque rivolto con affetto e rispetto alla lezione impartita dai Signori del cinema di genere, nostrano e non, dei decenni passati.
Ad oggi, tra i film di Mr. Fratter da me visionati (ma sono appena a metà del suo carniere) questo mi ha colpito particolarmente per la caratura tecnico-realizzativa. Non che altri siano, di contro, da considerarsi scarsi sotto quest'aspetto (tutt'altro, c'è molta inventiva nelle mani di Fratter) tuttavia, magari grazie ad un budget più elevato o ad un contingente stato di grazia particolare, chissà, Mimesis mi è parso avere una marcia in più per quanto riguarda il tratto meramente registico, elegante e un po' patinato. Si ha meno il senso di una sofferta produzione indipenente, costretta a battagliare fotogramma per fotogramma con costi e risicatezze fisiologiche del recinto in cui è imprigionata; piuttosto si avverte un respiro più alto, più mainstream, alla "pari", se così si può dire, delle pellicole "regolari" che escono nelle sale cinematografiche. Quanto detto conta tanto più se si considera che invece il cuore del film (e dello stesso Fratter) batte per l'universo marchiato con la lettera "B". Segni e linguaggi, forma e contenuto, sono quelli delle filmografie dei Luciano Ercoli, dei Sergio Martino, dei Fulci, dei Freda e dei Margheriti (ma la lista potrebbe continuare a lungo) e la scommessa di aver mantenuto attuale e ancora accattivante quella lezione è una soddisfazione che Fratter regala a sé e al popolo cinefilo che con lui coltiva la passione per la vecchia guardia.
Siamo in pieno thriller erotico (lesbo per essere precisi, poiché praticamente tutte le scene sexy riguardano esclusivamente protagoniste femminili, sole o accompagnate); la giovane Lisa (Tanya Scott....un omaggio alla indimenticabile Susan?) è in cerca della sua gemella Roxy, scomparsa da tre mesi circa. Roxy condivideva un appartamento con due coinquiline, l'esotica e ambigua Linda (Saba Wesser) e la limacciosa Anna (Margherita Di Sarno). Si capisce da subito che Roxy era un tipo estroso, trasgressivo e dai gusti "particolari", Linda non ci mette troppo a farlo capire a Lisa. Assistiamo dunque ad una vera e propria discesa nel maelstrom da parte di Lisa; la ragazza, titubante e incerta, si addentra sempre più in profondità nel mondo appartenuto alla sorella, scoprendolo popolato di personaggi morbosi, geometrie corrosive e tante zone d'ombra.
- SPOILER: Lisa diventa sempre più una specie di Norman Bates, la cui già precaria stabilità emotiva (comprensibilmente dovuta al dolore per la scomparsa della gemella) viene ulteriormente messa alla prova da un ambiente minaccioso, stratificato, nel quale violenza ed ossessione dominano; l'orlo di un abisso disordinato e frastornante che smonta mattone per mattone la determinazione e la solidità psicologica di Lisa. L'identificazione (la mimesi) con la gemella è una deriva inevitabile; dapprima consapevolmente sfruttata da parte di Lisa per scoprire cosa si celava dietro e dentro la vita di Roxy, poi subita come una marea che la travolge ineluttabilmente, fino a possederla del tutto. Al termine del suo percorso, ai limiti della catarsi, Lisa diventa Roxy, mentre lo spettatore (mediante una rievocazione in flashback) scopre cosa è effettivamente accaduto alla ragazza scomparsa, vittima di un gioco erotico assieme a Linda e Anna.
Come accade sovente nei film di Fratter, non importa poi troppo quanto il racconto sia lineare e cristallino, quanto i fatti siano consequenziali e didascalicamente offerti a chi guarda; Fratter non si cura maniacalmente che tutti i dettagli tornino e che da A si arrivi a C passando per B; il pallino del regista sono le atmosfere, i colori, le vibrazioni, l'humus nel quale la vicenda attecchisce e produce la sua fioritura. E come altrettanto di sovente accade, Fratter non si risparmia nella scelta di attrici molto avvenenti. Continua a non convincermi granché il commento musicale dei suoi film, affidato come in altre occasioni a Massimo Numa, il quale fa un onesto e dignitoso lavoro, ma meno brillante e assai più ordinario di quello svolto da Fratter dietro la MdP.
Mimesis è una storia molto al femminile, nella quale i personaggi maschili sono poco più che contorno (eccezion fatta per il disegnatore pazzoide interpretato da William Carrera, un po' più esposto degli altri), un thriller in cui curiosamente Fratter sceglie di non mostrare quasi nessuna morte (escludendo il finale), decidendo di fermarsi sempre un attimo prima, andando con lo schermo a nero e lasciando che lo spettatore ascolti anziché vedere dal vivo. Così come nei vecchi film di genere italiani non mancava mai una bottiglia di JB (quasi un marchio doc di affiliazione), in quelli di Fratter arriviamo sempre al punto in cui compare una copia della rivista Nocturno, rituali divertenti che servono anche a far appassionare il pubblico alle piccole manie dell'autore, rendendolo riconoscibile. Altra curiosità, ritroviamo il "professore" Marco Giacinto D'Aquino (docente universitario de Il Professore, con Lucia Centorame), anche qui accademico, ma accreditato come Marco Pellifroni, evidentemente a suo agio con il ruolo di eminente cattedratico (e con le belle figliole, visto che stavolta esamina la Wesser).