
Con Mani Di Velluto ha inizio la collaborazione tra Eleonora Giorgi e Castellano e Pipolo, che proseguirà poi con Mia Moglie È Una Strega e Grand Hotel Excelsior. Ha una strana tempistica questo film poiché nello stesso anno la Giorgi gira due film piuttosto duri, Dimenticare Venezia e Un Uomo In Ginocchio, ed il film immediatamente successivo sarà Inferno di Argento; così la sua Tilli rappresenta una parentesi di isolato candore e grazia in un periodo invece oscuro e drammatico (cinematograficamente parlando). La stessa Giorgi riconosce il merito a Castellano e Pipolo di aver tirato fuori dall'attrice il lato comico, di averle cucito addosso un personaggio da commedia, rispondente a determinati cliché, che poi la Giorgi manterrà per altre pellicole e con altri registi. Una donna bella, sensuale, ma allo stesso tempo pulita, schietta, quasi ingenua e con tratti fanciulleschi, una verve molto accentuata, con momenti quasi ansiosi, una parlantina concitata ed effervescente, da contrapporre ad "antagonisti" maschili invece più posati e dalla comicità spesso e volentieri surreale, vedi Celentano, Pozzetto, Dorelli, in misura minore Verdone.
Mani Di Velluto è un film divertente, che reca evidente la firma di Castellano e Pipolo. C'è tutto il loro cinema in quei fotogrammi, segnatamente quello con Celentano, che naturalmente infoltisce di amici il cast sia tecnico che artistico. Non manca il consueto balletto non-sense di Adriano, anzi ne abbiamo addirittura due, mentre curiosamente stavolta non abbiamo la solita gag con il loop di un dettaglio mandato avanti e indietro modello moviola, che scatena magie supereroistiche di Celentano (vedi ad esempio il mazzo di carte mischiate in Asso o il tuffo dal trampolino in Innamorato Pazzo). L'incontro-scontro tra Celentano e la Giorgi è la chiave della storia, sia da un punto di vista strettamente narrativo (i due mondi opposti che si fronteggiano, quello legale, affaristico ma freddo dell'industriale Guido Quiller, e quello criminale, vecchio stampo ma gioviale di Tilli) che, come detto, comico, con tempi di battuta completamente diversi, e senso della realtà agli antipodi, lunare e sfasato quello di Celentano, concreto e prosaico quello della Giorgi, per altro bellissima...ma che ve lo dico a fare. La bellezza della Giorgi in questo film è oltre ogni umana comprensione. Ed era pure incinta durante la lavorazione.
La visione della Malavita in questa pellicola è decisamente fiabesca, alla Frank Capra, un'associazione vecchio stampo, laboriosa, a conduzione familiare, in cui ci si conosce, riconosce ed aiuta vicendevolmente, in cui vigono regole, leggi, codici ed una morale, per cui rubare ai ricchi è giusto ma magari rapinare una banca rischiando di uccidere degli innocenti no. Il grande mito di Tilli è Arsenio Lupin perché è un creativo, un artista, un genio, ammirato da tutto il mondo per le sue grandi trovate, ancorché truffaldine. Un'idea romantica dunque della ladroneria, che Celentano/Quiller asseconda per amore, ovviamente riuscendovi come un campione talentuoso (con Celentano in azione non si poteva avere dubbi). Divertente il suo rapporto con Benny, il maggiordomo confidente (John Sharp). Cinema nel cinema: ad un certo punto nel film Celentano guarda in tv Altrimenti Ci Arrabbiamo con Bud Spencer e Terence Hill, nel quale Sharp interpreta il cattivo; così come l'accenno della Quinta Sinfonia di Beethoven era una gag già vista in Bluff. Di contorno un cast affidabile con i vari Pippo Santonastaso (il commissario), Olga Karlatos (moglie avida di Quiller), Ania Pieroni (prima fidanzata di Quiller), Memo Dittongo, Gino Santercole, Gianni Zurlo, tutti farabutti del clan di Tilli.