Mad Max Oltre La Sfera Del Tuono

Mad Max Oltre La Sfera Del Tuono
Mad Max Oltre La Sfera Del Tuono

Con il terzo Mad Max si conclude la saga di Rockatansky, perlomeno intesa nel corpus raccolto in poco più di un lustro, dal 1979 al 1985. George Miller ne ritirerà le fila 30 anni dopo in Mad Max: Fury Road, tuttavia all'altezza dell'85 questo sembrava essere il capitolo finale di una trilogia particolarmente fortuna, acclamata e redditizia. Vero è che il finale viene lasciato saggiamente aperto, perché tutto in futuro possa proseguire, e infatti... Byron Kennedy muore in un incidente di elicottero durante la pre-produzione del film, tant'è che la pellicola gli viene esplicitamente dedicata. Miller si associa a Ogilvie, costituendo così il duo dei George e per la verità gli lascia mano assai libera, riservandosi di dirigere le sole scene di azione (non moltissime). Miller ebbe a dire che il suo stato d'animo era riluttante e poco convinto, ma Mad Max fu portato a termine e compiuto sia come terapia antidepressiva sia per chiudere il cerchio iniziato con Kennedy. Alla sua uscita l'accoglienza fu mista, come incassi si rivelò il meno proficuo dei tre (ma il più costoso); il pubblico si divise tra chi lo gradì e chi lo reputo un passo falso. Ciò era dovuto alla indubbia correzione di tiro rispetto ai due capitoli precedenti. La storia è meno cruenta, meno ruvida, meno cinica, l'azione si tramuta in avventura, metà pellicola è occupata da ragazzini, lo stesso Max ammorbidisce parecchio le sue asprezze caratteriali; a tutto ciò si aggiunge una vistosa hollywodizzazione che certo strideva con l'orgoglio indipendente, trasgressivo e provocatorio degli altri Interceptor. D'altra parte è anche vero che Miller non poteva continuare all'infinito a fare lo stesso film.

La fotografia e i set si rivelano parecchio più elaborati, diversificati, per certi versi anche più patinati, per quanto questo termine sia da mettere tra virgolette poiché ha senso usarlo solo se il termine di paragone rimane tutto interno alla saga; deserto, sporcizia, maiali, futuro primitivo sono comunque gli elementi cardine di Thunderdome, pertanto non stiamo parlando di un film che si è tramutato in un passeggiata tra le boutique di Beverly Hills. Mad Max non è più un cazzotto in faccia, i suoi riferimenti sono più verso il cinema avventuroso per ragazzi, da Peter Pan a i Goonies e persino Star Wars (lo si nota anche nei raccordi tra scena e scena, con le tendine a scorrimento, e in alcuni cieli  e tramonti molto sci-fi e fumettosi), qualcuno citò Riddley Walker, romanzo fantascientifico del 1980 con cui ci sarebbero state alcune analogie. Rockatansky si fa figura cristologica che carica sulle spalle un intero popolo, quello dei bambini (metafora di un popolo nuovo, puro, giovane, ingenuo, tutto da plasmare), che condurrà alla Terra Promessa attraverso la traversata del deserto (affatto figurativa). Spielberg pare dietro l'angolo. La Terra Promessa altro non è che la metropoli (australiana) dopo l'apocalisse nucleare. Un nuovo inizio, una landa da (ri)colonizzare e (ri)popolare per i futuri uomini di buona volontà, coloro i quali hanno imparato dagli errori dei propri avi. Alter ego negativo di Max in questo capitolo è nientemeno che Tina Turner, in piena ascesa dopo il successo commerciale dell'album "Private Dancer" del 1985 che l'aveva fatta esplodere nelle chart di tutto il mondo. E' il primo vero film non musicale della Turner, in cui le è richiesto di recitare un personaggio a tutto tondo (ovviamente anche di cantare canzoni che faranno parte della colonna sonora).

La Turner offre una prova eccellente, la sua Aunty Entity emana fascino ad ogni inquadratura, agghindata come una splendida regina post atomica di prim'ordine. Peccato per la chiusa finale che la rende meno cattiva di quanto sarebbe potuta essere, ma forse in questo ha giocato tanto la necessità di mantenere Max vivo per un eventuale prosieguo, quanto il fatto che una Turner inappellabilmente crudele non sarebbe stata compresa ed apprezzata dai fan. "We Don't Need Another Hero" è passata alla storia come una delle più belle theme song cinematografiche di sempre ma la Turner canta anche "One Of The Living" (rispettivamente schierate nei titoli di coda e in quelli di testa), altro pezzo assolutamente di valore. Maurice Jarre sostituisce Brian May per quanto riguarda la musica strumentale, ed anche in questo caso il tono epico perde in favore di un commento più in linea con il nuovo mood avventuroso dello script. Le auto ci sono ma hanno un ruolo decisamente meno preminente. Un po' come per il secondo Interceptor, il film è più statico, se in quello il cuore di tutto era la raffineria di petrolio, qui è la cittadina di Bartertown (ed in seconda istanza, il piccolo giardino edenico dei bambini). La sfera del tuono, ovvero un'arena da combattimento, è stata assai lodata dalla critica e la battaglia che vi si celebra tra Max e Blaster è stata ritenuta tra le migliori mai girate nel suo genere. Uno dei pochi momenti di violenza vera. Personalmente, pur ammettendo che questo terzo capitolo spariglia un po' le carte e cambia sensibilmente le atmosfere in una direzione meno virile e più fantasy ed edificante (Max si sublima come un personaggio completamente e definitivamente positivo), devo dire di averlo largamente apprezzato, anche per la sua maggior raffinatezza e per l'aria di novità portata tra le dune sabbiose dell'Australia. Thunderdome mantiene comunque un respiro epico e si rivela più organico e composto rispetto ai precedenti capitoli, che pur tuttavia facevano leva su di un senso di genuina anarchia testosteronica, qui assente. Tante le citazioni e le fonti di ispirazione attribuite a Miller - come già accaduto negli altri Mad Max - tra queste forse la più eclatante è l'etichetta di "straniero senza nome" data a Rockatansky nella città di Bartertown, retaggio che non può non far materializzare davanti ai nostri occhi il ghigno sardonico di Clint Eastwood.

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