Ci ha girato intorno parecchio George Miller e alla fine è ritornato sul luogo del delitto, il luogo a lui più caro. Per quanto abbia diretto anche film completamente diversi (Le Streghe Di Eastwick, Babe Va In Città, i cartoni animati sui pinguini Happy Feet e persino L'Olio Di Lorenzo, drammone strappalacrime con Nick Nolte e Susan Sarandon), il vecchio Max Rockatansky rimane il primo e più grande amore di Miller, se non altro per la fama, il successo ed il benessere economico che gli ha portato in dote. A distanza di 36 dal primo Mad Max (Interceptor) e a 30 dall'ultimo Mad Max uscito in sala (Oltre La Sfera Del Tuono), accantonato Mel Gibson per raggiunti limiti di età (il suo Max sarebbe stato alla soglia dei 60) ed arruolato il più giovane, prestante e glamour Tom Hardy per rivestire quei panni lerci e untuosi, Miller si cimenta nuovamente nell'impresa, che stavolta assume connotati titanici e gargantueschi, ai limiti della trascendenza. Il budget non è più quel granello di soldi che aveva permesso di licenziare il primo sorprendente capitolo, adesso Mad Max è nell'Olimpo degli eroi benedetti e la Warner Bros apre i forzieri nella speranza di ricavare il doppio, il triplo ed il quadruplo dell'investimento (cosa per altro avvenuta, diventando il Mad Max dal maggior incasso di sempre). I fan al 90% lo hanno amato più delle loro stesse madri, vuoi perché il solo fatto che un nuovo capitolo di Mad Max tornasse al cinema era quasi sufficiente di per sé a scatenare l'entusiasmo, vuoi perché tutto si può dire a Miller tranne che non ci abbia messo il sangue in questo film. La critica è andata in parallelo al pubblico, lodando ed esaltando il film a più non posso. Sono arrivati 6 Oscar (tutti "minori", per la verità), trasformando il film nell'unico Mad Max premiato dalla Academy e comunque nel film australiano più premiato di sempre (titolo precedentemente detenuto da Lezioni Di Piano della Campion).
Fury Road non è un sequel, non è un prequel, forse si potrebbe catalogare come reboot; Miller lo ha definito un "reimagining" della saga, fatto con più soldi e più esperienza, come a dire, nel 1979 avessi avuto gli stessi assegni a copertura lo avrei fatto così. Che si tratti di un frullatone dei molti elementi già visti nella trilogia precedente lo si nota facilmente. Al netto della (ovvia) medesima cornice ed ambientazione post apocalittica, abbiamo l'agognata ricerca della terra promessa (la terra verde di Furiosa), dove costruire un nuovo futuro, il nuovo mondo; accadeva già in Thunderdome (il cui finale qui viene completamente ellisso), ed in Thunderdome c'era già il popolo "biblico" da salvare, là erano i bimbi, qui sono le mogli adolescenti del villain, Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne, il quale ha sua volta aveva partecipato ad Interceptor nei panni di un altro villain, Toecutter). La figura del Mangiauomini (John Howard) ma anche lo stesso Immortan Joe devono qualcosa ai deliri visionari e pustolosi di Dune, le deformazioni fisiche e le escrescenze epidermiche non possono non far venire in mente quel David Lynch. La trama è il convitato di pietra; a pensarci bene non c'è. Fury Road è un viaggio andata e ritorno dalla Cittadella, il feudo di Immortan Joe. Miller ha detto che l'andata rappresenta un inseguimento, la seconda una corsa, due simpatici sinonimi paraculi per dire che fondamentalmente c'è la blindocisterna guidata da Furiosa (Charlize Theron) e Max che prima va ad est inseguita dagli sgherri di Immortan Joe, e poi torna ad ovest inseguita dagli sgherri di Immortan Joe. Il "durante" è scandito dalla frenesia, dalla smania e dalla foga più rutilanti che si siano mai visti al cinema. Salvo un paio di brevi parentesi (il transito nella zona paludosa popolata di corvi e l'approdo dalle Madri), i 120 minuti di Fury Road sono un ininterrotto susseguirsi di esplosioni, schianti di mezzi in movimento, colluttazioni, urla e sabbia. Miller disse che il film sarebbe dovuto essere compreso persino in Giappone e senza sottotitoli, a rimarcare quanto per lui i dialoghi fossero l'ultima delle preoccupazioni.
Uno degli Oscar assegnati al film è stato per il montaggio. Non di rado le immagino scorrono così veloci, così incastrate l'una nell'altra, così intorcinate che si fa fatica a comprendere cosa sia successo a chi e che conseguenze abbia procurato. Il montaggio è fin troppo serrato, veloce, ipercinetico, e questo è dovuto al fatto che Miller ha troppa carne al fuoco da mostrare, una ne pensa e cento ne fa, col risultato che lo spettatore va in iper ventilazione, affaticato e sfibrato dal tentativo disperato di inseguire le immagini. Fury Road è un film ipertrofico, esagerato sotto ogni punto di vista (e non lo intendo come un complimento). A tratti la visione si è fatta esasperante, mi è capitato di mollare, cedere sull'attenzione costante e continua, per rifiatare, sicuro che tanto rimettermi in carreggiata cinque minuti prima o cinque minuti dopo non avrebbe cambiato sostanzialmente nulla, avrei ritrovato il solito bailamme di pazzi esaltati intenti ad assaltare la blindocisterna, con tutto il corredo di facce trucidissime, di kabooooom ovunque, saturati dai colori sgargiantissimi e iper contrastati voluti da Miller proprio per differenziarsi dalla media dei post atomici blandi ed opachi alla Codice Genesis. Oltre alla velocità fotonica (e chiassosa) con cui tutto scorre, non ho apprezzato molte semplificazioni che il film fa. I dialoghi sono ridotti all'osso, quelli che ci sono fanno aria. D'accordo, Mad Max è cinema di immagini, il concetto mi è chiaro, ma forse qui si esagera. Perlomeno quel poco che c'è poteva essere un po' più curato ed incisivo. Immortan Joe in tal senso è forse il vertice del vuoto pneumatico.
Ai tempi di Thunderdome molti storsero la bocca per i bambini, ritenendo quello spunto una concessione troppo facile alla lacrima, ai sentimenti ed al pubblico di lana grossa. Strano che quegli stessi critici non abbiano storto la bocca davanti alle discinte lolite che stavolta Max deve scortare verso l'Eden. Per altro si tratta di personaggi davvero ridicoli; inizialmente presentate come delle ancelle mistiche (con relativi dialoghi da sacerdotesse della domenica), nell'arco di pochi fotogrammi si trasformano in una brigata tarantiniana di picchiatrici e mitragliere senza la minima esitazione. La preferita di Immortan Joe è incinta e il suo stato interessante non le consente nemmeno di prendere in mano un fucile e caricarlo a pallettoni; due minuti dopo compie acrobazie e stunts che manco Sal Borgese. Lo stesso dicasi per Nux (Nicholas Hoult), presentato ad inizio film come una specie di larva totalmente dipendente dal sangue di Max, come un tossico dalla propria droga, ma poi estremamente pimpante e dinamico per tutto il resto del film (con improbabile love story platonica con la teen roscia). Tom Hardy ha una bella faccia ed il fisico giusto, ma non prende mai per davvero il posto di Mel Gibson. Capisco che il pubblico femminile gli riconosca doti taumaturgiche nello sventare gli uteri con la sola imposizione delle mani, ma quanto ad espressività francamente... ehm ehm. Molto meglio Charlize Theron, anche se la caratterizzazione alla Gina Carano è davvero estrema. Lambire la tempesta capace di spazzare via qualsiasi cosa, spingerci dentro addirittura un veicolo nemico, il tutto senza la minima défaillance, come si stesse guidando in autostrada alle 7 di mattina del 15 di agosto, richiede notevoli dosi di sospensione di incredulità (per non parlare di come attraversa la tempesta Max, e del suo risveglio leggermente insabbiato).
Personalmente ho trovato orrenda la colonna sonora, assolutamente non conforme alle immagini. Toni epici, squillanti e ricchi di pathos per un film che è tutto catrame, sudicio e istintualità. Tra i ruoli minori c'è addirittura Megan Gale. Miller ha parlato più volte di nuova trilogia (...e figuriamoci!), ci sarebbero già le sceneggiature pronte (beh, se il livello è questo, non è che ci volessero anni per elaborarle). Le solite incomprensioni con la Warner Bros - tradotto: soldi e compensi - e il peso gravoso di realizzare altre due opere così faticose tecnicamente, ha per ora messo un freno al concretizzarsi dei sequel. Con Fury Road Miller ha dimostrato di essere un regista tutt'altro che bollito, ha ancora una mole impressionante di idee, il talento c'è sempre stato e la sua creatività visionaria ha pochi eguali, cionondimeno Fury Road a mio modesto gusto e parere avrebbe avuto bisogno di più testa e meno pancia, personalmente ne sono uscito esausto.