Nel gran calderone del mondo delle professioni femminili degli anni '70 (insegnanti, supplenti, segretarie, soldatesse, poliziotte, dottoresse, pretore, etc.) le infermiere occupavano un posto d'onore. Coloro i quali sono stati adolescenti tra '90 ed il '92 devono aver pensato che la bombastica Angela Cavagna a Striscia la Notizia era una bollente colpo di genio in grado di scombussolare i loro ormoni, ma in realtà la letteratura cinefila ci racconta di Ursula Andress (L'Infermiera, 1975), Orchidea De Santis (La Dottoressa Sotto Il Lenzuolo, 1976), Gloria Guida (L'Infermiera di Notte, 1978), Nadia Cassini (L'Infermiera Nella Corsia Dei Militari, 1979), Laura Gemser (L'Infermiera Di Campagna, 1982), tutte già diplomate a pieni voti alle scuole infiermieristiche del Bel Paese. Tra le diligenti professioniste del settore va annoverata pure Daniela Giordano (Miss Italia 1966) che sempre nel '75, come la Andress, gira L'Infermiera di Mio Padre, commedia sexy tipica che più tipica non si può. Ed infatti è talmente stereotipata nei suoi cliché, nei suoi codici e nella sua forma, aderentissima ai dettami del filone, da risultare un prodotto di maniera e - ahimé - pure piuttosto deludente.
Tutto girato a Santa Maria di Leuca, nel Salento, si narra venne finanziato da una cordata di persone del luogo che, un po' avventurosamente, intesero buttarsi nel mondo del cinema e, saggiamente, lo fecero scegliendo un prodotto che potesse garantire almeno un qualche minimo ritorno, la commedia scollacciata. Come infermiera venne chiamata la Giordano, che in contemporanea si ritrovò a lavorare con Bianchi padre (Roberto Bianchi Montero) e Bianchi figlio (Mario). Con Bianchi senior era La Cameriera (altra professione da menzionare....e per altro Mario Bianchi, un paio d'anni dopo, dirigerà pure lui una Cameriera però Nera, con Carla Brait), col figlio era l'infermiera tedesca del professor Kranz, l'inventore del celebre "metodo SS" (tutto un programma). Abbiamo infatti il Principe Don Gualtiero Di Leuca (Francescò Mulé), gran puttaniere, che rimane invalido dopo l'ennesimo focoso amplesso con una donnina di bordello. Paralizzato sulla sedia a rotelle, è costretto ad assistere quotidianamente alle impunite tresche dei suoi familiari; la moglie Gloria (Bianca Toccafondi) se la intende con un generale (Salvatore Puntillo), il figlio Filippo Maria (Enzo Monteduro), è cornificato dalla moglie Fiona (Maria Pia Conte), che se la fa col fattore di famiglia. Intanto le sue cure vanno avanti e con brillanti successi, tant'è che riprende la completa motilità e persino la virilità. Decide però di non mettere al corrente la famiglia dei progressi, così da poter continuare a studiare le contromosse e, contestualmente, giacere con donne a piacimento. Quando finalmente si rivelerà sano e guarito alla moglie, tutto si risistemerà per il meglio.
Il cast non aiuta per niente il film, che tuttavia ha la sua prima grande falla nella sceneggiatura, insipida, scialba e mediocre. Alcuni espedienti sono pura comica (Monteduro che finge di affogare in vasca da bagno), le battute non fanno praticamente mai ridere, le situazioni sono trite e ritrite e, sul versante erotico, c'è ben poco per cui eccitarsi. L'inizio è forte però, con Mulé che si reca al casino e, prim'ancora dei titoli di testa, assistiamo già ad uno strip integrale di una prostituta che si dimena come un anguilla (sull'onda di una musichina inequivocabile). Poi ci sono i ripetuti spogliarelli della Giordano, che si limita a rimanere in lingerie, infine la copula della Conte col fattore (che non lesina spinte pelviche in primo piano). Mulé appare sprecato, Monteduro, con tutta la sua gestualità alla Luis De Funes de'noantri, lo si sopporta per i primi 5 minuti, Puntillo è uno di quei caratteristi che fa il suo mestiere ma certo non porta su di sé il peso dell'eventuale successo di un film, la Toccafondi era un'attrice teatrale e televisiva italiana (quando la tv era la Rai che divulgava la cultura agli italiani mediante sceneggiati sontuosi) la quale, dopo Albertazzi, Shakespeare, Plauto ed Eschilo, si ritrova ad esordire al cinema con una commedia sexy (quello passava il convento....), la Conte era un bel pezzo di figliola che per altro si mostra anche generosamente nella pellicola.
Il film è noioso, non tra i più riusciti del nostro cinema di genere, al netto delle belle ambientazioni pugliesi e del ficcante commento musicale ordito da Giacomo Dell'Orso. I vaghi, vaghissimi riferimenti all'Enrico IV di Pirandello vengono spazzati via quando assistiamo al "metodo SS" che Daniela Giordano applica al paziente Mulé; anziché fisioterapia e rieducazione fisica la sexy infermiera mostra al Principe giornaletti sconci, si fa tastare il corpo, inscena strip ammiccanti, e sotto il camice indossa solo e soltanto biancheria intima provocante e tacchi vertiginosi. Comunque la cura funziona quindi, a scanso di equivoci, potete pure servirvene all'occorrenza (per quanto non è dato di sapere se la Giordano risulti ancora disponibile su piazza).