Lenny

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Quella di Lenny è una brutta storia, disperata, violenta, sboccata, autodistruttiva senza redenzione. E' la storia di Lenny Bruce, pseudonimo di Leonard Alfred Schneider (troppo ebreo per essere apprezzato), un comico che tra la fine degli anni '50 e i primi '60 fece esplodere il puritanesimo americano, si immolò per la causa e forse, anche grazie al proprio sacrificio, cambiò per sempre l'uso della parola in pubblico. Bob Fosse (autore di Cabaret prima e All That Jazz dopo) dirige in un nervoso e drammatico bianco e nero, continuamente falciato dalle luci del palcoscenico che mettono al centro il titanico Lenny interpretato a tutta canna da Dustin Hoffman. Il registro narrativo alterna estratti dagli spettacoli a momenti di vita quotidiana di Lenny e di sua moglie Honey Harlow (interpretata da Valerie Perrine); Ciò che vediamo è offerto allo spettatore in forma di flashback, trattandosi di frammenti di interviste raccolte presso tutte le persone con le quali Lenny ha avuto rapporti più stretti, dunque la Harlow, il suo agente, sua madre. Una sorta di ricostruzione giormalistico-documentaristica, anche se non viene rivelato chi la conduce ed a che fine. Messo così, il racconto è ancora più freddo ed entomologico di quanto già la biografia di Lenny Bruce di per sé trasmetta. Un personaggio scomodo, spinoso, fragile, pieno di demoni e aspetti detestabili, ma in quota parte anche vittima di un sistema (se la quota parte sia piccola o grande sta ad ognuno, in coscienza, stabilirlo). Lo seguiamo sin dai suoi primi spettacoli, modesti, mediocri e fallimentari. Una qualche svolta arriva con l'incontro con la Harlow, una spogliarellista con cui fa coppia anche artisticamente parlando. Entrati in una spirale di droga e dipendenze i due vengono separati dal carcere nel quale la Harlow viene rinchiusa. Nel frattempo Lenny costruisce la sua carriera diventando un fenomeno nazionale, ma all'ascesa segue la caduta, accompagnata nuovamente dalla Harlow nel frattempo uscita dal carcere, e dalla droga, che certamente ebbe un ruolo nella sua morte (oltre a tutto il resto, dissesto finanziario, pleurite, depressione, farmaci), essendo stato con un ago ancora conficcato in vena ad appena 40 anni.

L'interpretazione di Hoffman è generosa e come sempre impeccabile, tuttavia fu la Perrine a ricevere dei riconoscimenti ufficiali, a Cannes, il premio Bafta e quello dei critici newyorkesi, come miglior attrice; il film tuttavia ricevette ben 6 nomination agli Oscar e tre ai Golden Globe (solo nomination). Una sorta di riabilitazione postuma di Bruce, che all'epoca fece da apripista per ciò che poi sarebbe diventato praticamente la norma, ovvero il turpiloquio, i riferimenti sessuali, politici e religiosi in ambito satirico, qualcosa che l'America perbenista del suo tempo non era ancora pronta a masticare e digerire. Nella seconda parte di carriera risulta evidente come i monologhi di Bruce fosse unicamente incentrati sulle sue carte processuali, dei lunghi resoconti tribunalizi durante i quali, non di rado, qualche spettatore annoiato e deluso si alzava e lasciava il locale, tra gli improperi di un sempre più esagitato Bruce. Hoffman incarna bene la spirale di paranoia nella quale precipita Lenny, progressivamente schierato contro tutto e tutti, amici, nemici, avvocati dell'accusa e della difesa, giudici e se stesso. Lenny arriva a difendersi da solo in tribunale, ricusando i propri legali e affossando ulteriormente la propria condizione. Tutto il suo processo fu incentrato sulla libertà di parola, che Bruce intese prendersi oltre ogni misura, fino alle più estreme e radicali conseguenze. La grande capacità di Fosse e di Hoffman è di farti odiare ed amare il personaggio al contempo, si parteggia per Bruce ma nessuno vorrebbe un tipo così come proprio genero. il legame, a tratti morboso, tra Lenny e Honey, è un pilastro del film perché tale fu anche nella realtà, nonostante il divorzio, la droga e le mille complicazioni. Struggente e tenera la dimensione che la Perrine infonde al personaggio, anche se quando viene presentata al pubblico - che poi è anche la prima volta che Lenny la vede) è con uno spogliarello, che l'attrice interpreta con una sensualità pazzesca. Il film è tratto da una pièce teatrale di Julian Barry, che ne cura anche l'adattamento cinematografico. Quello di Bruce non è un nome conosciutissimo in Europa, pur essendo uno dei padri della stand up comedy ed il suo maggior violentatore. Certo per il pubblico americano questa storia ha una forza ed una intensità del tutto maggiori, e soprattutto i più giovani la riterranno quasi una storia preistorica, considerando cosa si sente e si vede oggi in televisione, tuttavia Fosse confeziona una pellicola amarissima ma densa di fascino e magnetismo, che ha dalla sua anche il valore aggiunto di assistere ad una prova attoriale di Hoffman dura e insolita, non per bravura ma per il profilo politicamente scorrett(issim)o del personaggio. Terribile quando Lenny afferma che se non fosse per tutti i mali del mondo lui non avrebbe un soldo, poiché tutto il suo successo e la sua arte derivano esclusivamente da ciò.

Trailer ufficiale

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