Le Mani Di Una Donna Sola

Le Mani Di Una Donna Sola
Le Mani Di Una Donna Sola

Dopo il dramma criminale I Figli Non Si Toccano (1978) e la commedia orrorifica Io Zombo, Tu Zombi, Lei Zomba (1979) - orrorifica ma pur sempre col tocco sexy della Cassini - Nello Rossati gira un film che va in direzione completamente opposta. Sempre del '79 è questo Le Mani Di Una Donna Sola, che sin dal titolo fa intuire che avremo a che fare con qualcosa di morboso, se poi le mani sono quelle di Marina Lotar (o Frajese) ci leviamo ogni dubbio. All'epoca Marina aveva già girato scene hard, per D'Amato in Emanuelle In America (1976) anche se destinate agli insert per l'estero, e ancora per D'Amato In Immagini Di Un Convento, stavolta però destinate al mercato nazionale. Proprio a seguito dello scandalo, il marito (il celebre mezzobusto Rai) le fece causa e la Frajese iniziò ad adottare cognomi diversi come Lotar, Hedman (con una o due enne) o anche Chantal. Appena un anno dopo inizierà a girare parallelamente sia pellicole soft che hard. Insomma, all'epoca avere la svedese come nome di richiamo nel film era certamente un biglietto da visita che non ammetteva equivoci o, di contro, ne ammetteva parecchi. In questo caso ha le (poche) vesti di Eugenia, proprietaria di un residence sul mare a pochi passi da una struttura sanitaria nella quale Oscar (Edoardo Spada) si occupa di minorati mentali, praticamente un manicomio. Benché sia chiuso, al residence arrivano due ospiti, marito e moglie inglesi, lui è uno scrittore (Vanni Materassi) ed il luogo riservato e fuori stagione gli sarà utile anche per ritrovare la giusta vena.

La moglie (Bibi Cassanelli) a seguito di un trauma - di cui avremo contezza verso 3/4 di film - non accetta di avere un rapporto sessuale con il marito che preveda la penetrazione (mentre tutto il resto è concesso). Lui non se ne dà pace e l'atmosfera cupa e viziosa del residence alimenterà tensioni ed esasperazioni. La Lotar cerca in ogni modo di avere la Cassanelli, del resto già se la intende con la cameriera (Christiana Borghi), la quale tuttavia non disdegna affatto anche la compagnia maschile. L'intreccio tra i vari personaggi genererà una serie di situazioni drammatiche a catena, dalle quali non rimangono esclusi nemmeno i pazzerelli del manicomio, continuamente sobillati sessualmente e dunque infine protagonisti di una terribile svolta nella storia. Il film ha i toni del dramma, un po' perverso, e sul finale scivola letteralmente nel claustrofobico thriller orrorifico. I matti hanno le sembianze di monaci invasati e si comportano come zombie, affamati di carne (ma non esattamente per mangiarla...), totalmente refrattari a qualsiasi forma di controllo e comunicazione. Tuttavia i veri mostri sono i personaggi "normali", capricciosi, irrequieti, psicolabili. E' interessante il registro narrativo di Rossati che sfrutta appieno la location dandole un taglio tetro e sinistro da inverno burrascoso (il mare in tempesta sotto cieli grigi sortisce sempre un effetto grandioso sullo schermo, elevando a potenza il senso di minaccia incombente). Non si fa in tempo a finire di far scorrere i titoli di testa (sullo sfondo di un'immagine pittorica sibillina e profetica, la "Parabola dei ciechi" di Bruegel il Vecchio) che troviamo subito la Lotar che si accarezza... le famose mani. E quelle mani alla fine saranno certamente protagoniste del racconto.

Belle e inquietanti le musiche di Mimì Uva, non particolarmente erotiche le comprimarie della Lotar, per altro anche somigliantesi. La Borghi ha un ruolo a metà strada tra una lolita ed una cameriera di antonelliana memoria, mentre la Cassanelli è piuttosto tragica e davvero pesante, con il povero Materassi che cerca di sopportarla come può. Quando racconta al dottor Oscar il blocco sessuale che li attanaglia (pur fingendo che si tratti dei fantomatici personaggi del suo libro), il medico gli risponde che occorre tempo o un secondo shock dopo il primo già subito. La risoluzione è ambigua e un po' perniciosa perché da quel momento in poi, fino allo "sblocco" della Cassanelli, fondamentalmente accadono tre cose: la donna è aggredita fisicamente dai matti, è aggredita psicologicamente dalla Lotar (che infine ottiene ciò che andava cercando), ed è aggredita da Materassi che, di fatto, la prende di forza. Sembra quasi che la Cassanelli - e per proprietà transitiva una donna emotivamente fragile come quella da lei rappresentata - possa solo subir violenza per essere "liberata", un concetto che certo non sarà piaciuto granché alle femministe (ma non occorre essere femminista per provare un certo disagio davanti a questa tesi, lasciata liberamente in sottotraccia nella sceneggiatura). Il film è noto anche come Lesbomania, con evidente allusione alle preferenze della Lotar ed al piccolo gineceo di donne delle quali si circonda nel film. Curioso che tanto online (ad esempio su Wikipedia) che nelle pagine di Stracult di Marco Giusti, la trama sia riportata in modo inesatto.