
In pieno boom del Decamerotico (grossomodo tra il '72 ed il '76) si colloca questa coproduzione Italia-Germania a firma Aldo Grimaldi, già regista e aiuto regista di musicarelli e film con Totò e Franco e Ciccio, poi, presoci gusto, autore di qualche titolo scollacciato di pregio del nostro cinema bis (La Vedova Inconsolabile Ringrazia Quanti La Consolarono come soggettista, Amanti Miei come soggettista e regista, La Cameriera Seduce I Villeggianti come regista). Anche per questa sua provenienza avulsa dal genere sexy, alle Madonne è riconosciuto uno status di film meno volgare di altri contendenti inseriti nel medesimo filone boccaccesco. Un lavoro più curato, elegante (nei limiti del possibile), meno ruffiano nelle scene bollenti, con una discreta sceneggiatura ed un cast tutt'altro che mediocre.
Regina incontrastata della commedia è la Fenech, bellissima come sempre, anzi forse lievemente sottotono, poiché reduce - a quanto si legge - da una dieta dovuta alla nascita del figlio e dunque un po' meno in carne del solito. Lo si nota ad esempio durante il pubblico processo nella piazza di Prato (dove è ambientato il film), durante il quale all'imputata Giulia Varrone (Fenech) viene contestato il reato di adulterio. La Varrone si discolpa con motivazioni rivoluzionarie e femministe, e a corollario della sua filippica fa cadere le vesti rimanendo completamente nuda al cospetto del podestà ser Cecco (Vittorio Caprioli). Dapprima un nudo integrale ripreso di spalle, poi un frontal ma tagliato sotto il seno. Intendiamoci, alla Fenech anche in questa occasione non manca niente, giusto qualche filo di burro.
La vicenda è tipicamente boccaccesca (tanto che il soggetto viene fatto arbitrariamente firmare anche a Giovanni Boccaccio) e vede alcune storie parallele incrociarsi ed aver luogo in quel di Prato. Madonna Varrone, poco soddisfatta dal marito Romildo (Peter Berling), che si trastulla con l'amante Marcuzio (Don Backy), e tre giovanotti forestieri, in visita allo zio di uno dei tre, Quinto Fulvio (Aldo Carotenuto) naturalmente intenti ad accalappiare qualche bellezza locale, nell'ordine: la zia Gisa (Francesca Benedetti), la cugina Peronella (Eva Garden), Lucia (Antonia Brancati), virginea figlia illegittima di Frate Mariaccio (Carletto Sposito) e Francesca (Stefania Careddu) dagli incerti gusti sessuali. Tutti e tre nel finale otterranno l'agognato premio, così come Madonna Giulia vedrà riconosciuto dal Tribunale il legittimo diritto ad essere soddisfatta anche da altri oltre che dal marito, poiché tutto quel ben di Dio non può e non deve essere sprecato. Più in generale le figure femminili risultano molto intelligenti, manipolatrici e macchinatrici, nonché interessate al sesso tanto quanto gli antagonisti maschi 8con tutto il corredo di topoi decameroniani, ovvero il fratacchione libidinoso, l'usuraio avido, il marito gabbato, la ninfetta candida e ingenua che in men che non si dica recupera tutto ciò che si era persa, etc.).
Se le tematiche affrontate girano interamente intorno al sesso e alla burla, come è ovvio che sia, il tocco di Grimaldi è effettivamente più morbido e aggraziato rispetto a certe grevità decamerotiche. Salvo qualche fugace seno della Fenech intravisto qua e là, tutti gli accoppiamenti sono concentrati nel finale, di discreta fattura ma tutto sommato anche abbastanza casti. A tratti si recita addirittura in rima (gustosissimo il ping pong tra Caprioli, la Fenech e Don Backy allorquando, a casa di Romildo bisogna provare nei fatti la scarsa resistenza del marito di contro alla furia insaziabile di Marcuzio). Eccezionale Carotenuto, che col suo toscano divertente dà corpo ad un personaggio irresistibile, con un paio di momenti da sganasciarsi. Estremamente sensuale la moglie Francesca Benedetti, non bellissima (e con un'acconciatura totalmente sballata per il XIV secolo) magari ma con una carica erotica molto forte, assai più della inconsistente Garden, ad esempio. Le musiche del maestro Gaslini ed un'ambientazione discretamente curata (particolarmente interessanti le scene del Carnevale) rendono la visione decisamente gradevole, al di là dei meriti "a prescindere" della Fenech.