Questo è davvero un film strano e particolare, per certi versi inclassificabile. Assegnato con troppa faciloneria al genere erotico o comunque pruriginoso, Le Altre non lo è manco per niente. Le scene di nudo si contano sulle dita di una mano e in assoluto non c'è alcun momento di sesso. Si potrebbe parlare di commedia, ma a conti fatti non è una vera e propria commedia, non ne rispetta lo stereotipo e soprattutto laddove la forma fosse anche quella, la sostanza va in tutt'altra direzione, sfogliando argomenti da film drammatico (senza essere nemmeno quello). Le Altre è un ibrido e certamente un capitolo atipico del nostro cinema, anche inserito nel contesto vago e dalle maglie piuttosto elastiche del cosiddetto "cinema di genere". Inoltre è una pellicola che non poggia su nomi di grido, fatta salva Erna Schürer (al secolo Emma Costantini) - comunque non una Laura Antonelli o una Virna Lisi - tutto il resto del cast viaggia tra terza e quarta fila. Sul regista c'è un mistero, accreditato tale Alessandro "Alex" Fallay, attribuito al produttore Carlo Maietto, pare che il film sia stato diretto da un regista iraniano che per motivi legali non poteva figurare come reale direttore. Non ho idea di come stia la faccenda, mi limito a riportare quanto letto in giro. Sta di fatto che Le Altre pare quasi un film di e con anonimi.
Le due protagoniste, la Schürer (Alessandra) e Monica Strebel (Flavia) sono due donne legate sentimentalmente nell'Italia del 1969. Il loro rapporto sembra molto solido e concreto ma soprattutto da parte di Flavia progressivamente cresce il desiderio di un figlio. Contrarie all'adozione e alla pratica dell'inseminazione artificiale, le due devono industriarsi con il metodo più antico. Dapprima inizia la selezione del "toro", poi arriva la agognata gravidanza, e quindi la maternità. L'arrivo di una bambina cambierà gli equilibri all'interno della coppia, anche perché al contempo, anche il mondo esterno entrerà prepotentemente nella relazione intima delle due.
Mentre lo guardavo non riuscivo a capire quale fosse il mio stato d'animo nei confronti del film. La messa in scena è magnetica, le due attrici sono molto carismatiche, soprattutto la Schürer (volto di grandissima personalità). La Strebel è più fatina ma le sue espressioni candide e delicate sono altrettanto mesmeriche per chi è davanti allo schermo. Le Altre vive di piccoli infiniti dettagli e particolari, il trucco sugli occhi delle protagoniste, le loro acconciature, i bellissimi vestiti, sguardi, espressioni, momenti di vita familiare (Flavia che muove le dita dei piedi nel sonno, il suo svegliarsi come una bimba assonnata, il bagno insieme con lettura di riviste, le confidenze complici durante la sauna, la buonanotte). Ed è così che a un certo punto ti rendi conto che il film è quasi sostanzialmente tutto lì, nelle piccole - talvolta minuscole - cose. La sensazione di vuoto è acuita anche dalla considerazione che, per quanto la sceneggiatura tocchi tematiche gigantesche e molto spinose, ciò avviene a volo d'uccello, senza alcun intento scandalistico, delatorio, provocatorio o conflittuale. Non c'è enfasi, non c'è teatralità, non c'è retorica, non c'è scabrosità, non c'è esagerazione. Con la sofficità di una coppa di gelato alla panna Le Altre scomoda grandi tabù di un'Italia targata 1969 come l'omosessualità, la monogenitorialità, la procreazione fuori dal matrimonio e fuori anche dalla famiglia canonica uomo/donna, papà/mamma. Con questa apparecchiatura sarebbe potuto venire giù il cielo, ed invece Le Altre è lieve lieve, morbido, sempre accorto e misurato. Pare proprio che al regista (quale che fosse) e a chi ha steso la sceneggiatura (Giulio Berruti insieme al fantomatico Fallay) interessasse primariamente (se non unicamente) lo sguardo di Alessandra e Flavia, a prescindere - o nonostante - la società. Il finale deve necessariamente fare i conti con il mondo, e tuttavia anche in questo caso il baricentro rimane sulle due donne, sul loro sentire e sulla prosaicità e la concretezza del loro agire.
In definitiva, non mi stupirei se qualcuno ritenesse Le Altre un filmetto insulso e inconcludente. Chi si aspetta un erotico malizioso rimane beffato. Chi si aspetta un film di denuncia rimane deluso. Chi si aspetta una commedia ridanciana e spensierata rimane a bocca asciutta. Un oggetto non identificato che tuttavia ha un suo fascino derivante proprio dalla difficile etichettabilità del prodotto e da una coppia di attrici che stupisce. Abbastanza di corredo il cast maschile, come è giusto che sia. Belle le musiche (di Piero Piccioni) e le scenografie. Le Altre avrebbe certamente potuto spingere di più in mille direzioni possibili, ma nella sua bizzarra bilancia di elementi, questo strano racconto di mezzo secolo fa esatto rimane persino attuale per i temi che suggerisce e forse sottilmente intelligente per il modo in cui li propone al pubblico. L'idea del film derivò dal grande successo ottenuto da Le Salamandre di Cavallone (stesso anno di uscita, stessa tematica e pure la Schürer in comune), il quale a sua volta si rifaceva a Les Bisches di Chabrol (1968).