L’Arcangelo

L’Arcangelo
L’Arcangelo

Non appena ho finito di vedere L'Arcangelo mi sono chiesto il perché di quel titolo, non riuscendo a ricondurlo ad alcunché riguardante la storia. Certo, era evidente che ci si stesse riferendo a Vittorio Gassman ed al suo avvocato Furio Bertuccia, ma perché, in cosa risulterebbe un arcangelo? Ho poi scoperto che inizialmente il film - che doveva essere diretto da Luigi Comencini - intendeva raccontare la venuta sulla Terra di un arcangelo che avrebbe fatto giustizia di varie situazioni. Così concepito, per qualche motivo il progetto poi non andò in porto, tuttavia era già stato venduto alla Century Fox e si sarebbe dovuto girare in inglese. Giorgio Capitani, coadiuvato da Steno, Adriano Baracco e Renato Castellani corsero ai ripari scrivendo nuovo soggetto e sceneggiatura, piuttosto diversi dalla versione originale. Il titolo dovette rimanere il medesimo e, un po' forzatamente, lo si spiegò dicendo che l'avvocato Bertuccia, con la sua professione difendeva i deboli e riparava i torti, come un "arcangelo". La cosa sta poco in piedi anche perché quella di Bertuccia è una figura opaca e mediocre, un avvocaticchio (che in 15 anni di onorata carriera ha patrocinato 9 cause e ne ha perse 10) pronto alla corruzione e all'imbroglio pur di uscire sano e salvo da un'aula di tribunale. Ne è prova la causa che difende in apertura di film, quella di un tizio investito sulle strisce da Gloria Bianchi (Pamela Tiffin); la presunta vittima è in realtà un rapinatore che sta fuggendo col bottino, e comunque Bertuccia non esita ad accettare una bustarella dall'avvocato della Tiffin per far condannare il proprio assistito e riscattare la modella. Inizia così l'epopea di Bertuccia, che viene poi avvicinato in seconda battuta dalla Bianchi che intende raccomandarsi a lui perché ha appena ucciso un uomo, il suo amante. Strada facendo Bertuccia scoprirà che non c'è nessun morto. La Bianchi allora ricalibra il tiro e sostiene di aver fatto una prova generale, essendo intenzionata a commettere un omicidio. Bertuccia è sempre più stordito dalle bugie della Bianchi, ed al contempo ne è irrimediabilmente attratto, fino a ritrovarsi alle dipendenze del facoltoso industriale Marco Tarocchi Rota (Adolfo Celi), che sarebbe l'amante della Bianchi. Lei vorrebbe ammazzarlo facendo ricadere le colpe sulla moglie (Irina Demick), Bertuccia invece viene messo a libro paga da Tarocchi Rota come scagnozzo tuttofare.

L'Arcangelo dimostra sin da subito di essere una commedia che non mira altissimo, non si tratta di umorismo particolarmente pungente, raffinato e sottile, quanto piuttosto di una commedia immediata, facile, un po' stupidina, con parentesi financo slapstick (mi viene in mente la corsa in auto di Gassman, mentre al suo passaggio succede ogni sorta di incidente), potrebbe esserci Peter Sellers al posto di Gassman e non cambierebbe granché. Non si ride, si sorride. E' più interessante ciò che si vede anziché ciò che viene raccontato. I costumi (soprattutto della Tiffin, parrucche comprese), le scenografie, le musiche, gli ambienti, le auto, un certo brio della regia (Mereghetti ha giustamente parlato di spunti "pop") rendono la visione molto ritmata e spumeggiante, al contempo però si ha la sensazione di una storiella effimera, avvitata su se stessa e sui suoi capovolgimenti di fronte all'acqua di rose, neve al sole che si scoglie non appena sopraggiunge la scritte "fine" sulle facce della Tiffin e della Demick avvolte da strati e strati di pelliccia. Celi è straordinario nella odiosissima parte di un essere umano cinico e spietato, mentre Delle Piane fa il solito romanetto buffo e attorcigliato. A scorrere la scheda tecnica del film saltano all'occhio nomi come Stelvio Massi alla fotografia, Piero Umiliani alle musiche, Cecchi Gori produttore e il già citato Steno (omaggiato nel film anche con l'intitolazione di una strada a "Stefano Vanzina) eppure, stringi stringi, L'Arcangelo è sicuramente un titolo minore nella filmografia di Gassman. Fascinosa la Tiffin. Piccola apparizione per Laura Antonelli, bellissima ma si tratta di una manciata di secondi e poco più. Si respira un'aria sixties a pieni polmoni, anche se oramai siamo a fine decennio, il taglio è internazionale e probabilmente Capitani mirava a qualcosa di più sofisticato rispetto alla effettiva resa di questa commedia giallo-rosa un po' ai minimi termini come polpa vera e propria. Gradevole ma non imprescindibile.

Trailer ufficiale

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