Nell'onorata carriera di Lorenzo Onorati, fatta di cameriere senza malizia, insegnanti di violoncello, femmine bizzarre, nobildonne col vizietto, c'è stato un tempo anche per ballare la lambada, rigorosamente blu però. Perché proprio blu? forse perché in america è il colore delle pellicole a tre X? O più prosaicamente perché la dominante cromatica del film è proprio quella? Chissà, fatto sta che il team Onorati schiera in campo un tridente d'attacco a tutta carnazza formato da Ileana Carisio (aka Malù, aka Ramba), Valentine Demy e Baby Pozzi (col supporto nelle retrovie di Carmen Di Pietro e di altre mediane instancabili dai nomi magari poco luminosi ma dalle prestazioni encomiabili). Lambada Blu (circolato anche come Femmine e The Rose Bluelight), è bene dirlo subito, è un film che non c'è. Niente sceneggiatura, costruzione minimale e improvvisata delle scene e delle situazioni, recitazione "understatement" da film a luci rosse conclamate, il tutto per tirare il brodino fino ai circa 90 minuti istituzionali di durata.
Verosimilmente credo sia andata come per molte altre (sotto)produzioni a basso budget del circuito erotico italiano tra '80 e '90, ovvero messe assieme un numero di "attrici" pronto uso, si imbastisce alla bene e meglio qualche idea alla volè, si manda la segretaria di produzione a fare il pieno di rossetti e lingerie al sexy shop all'angolo, si accendono le luci e si sbraca. Buona la prima. Qui abbiamo un incipit nel quale le amiche Carisio e Demy - curiosamente somigliante a Milly D'Abbraccio - se la godono (materialmente) e progettano l'apertura futura di un grande bordello di successo. Anni dopo accade, la Carisio lo dirige (vestita tipo supereroe Marvel) e la Demy fa parte della manovalanza. La particolarità è che il bordello è tematico, ogni stanza è diversa e peculiare, quella con la vasca idromassaggio, quella con l'arredamento di design, quella con le luci viola, quella dove la mignotta recita una favola, quella per lesbiche, eccetera eccetera. Dal suo monitor privato la Carisio vede e controlla tutto, ma fondamentalmente si annoia. Il locale ha anche la zona disco, dove si balla sempre e soltanto lambada e jazz (lo chiamano jazz ma ci vuole molta generosità e approssimazione...).
Il film va avanti a quarti d'ora intervallando sciancati che ballando la lambada a copule ininterrotte (noiose e ripetitive). Finché al locale, il Rose Bluelight, arriva un tizio coi capelli lunghi e gli occhialini (Paolo Romboli), che te pensi sia il cantante di una cover band degli Spandau Ballet, e invece è l'ispettore di Polizia della situèscion venuto apposta per arrestare la Carisio. Non si era capito bene perché prima si era intrattenuto con la bigliettaia della disco (una gonfissima Valentina Goya), però in realtà lui ha una missione precisa, incastrare la Carisio per una vecchia questione fiscale di fallimenti. Come, la prostituzione? Macché, anzi dice che il localino è carino, ben avviato, bella gente, belle atmosfere. La maitresse è stata incastrata, colpa di un avvocaticchio; c'è poco da fare, il gabbio l'aspetta. Prima di tradurla in Questura c'è il tempo per approfondire un minimo la conoscenza, carnale e non, e capire che il grande amore e dietro l'angolo. Sfiga, toccherà aspettare la scarcerazione. Termina così la grande epopea del Rose Bluelight. Peccato perché l'ultima scena d'amore, quella tra Romboli e la Carisio, immersa nel blu tenebra, ha un suo fascino, ed è forse l'unica veramente interessante di tutta la pellicola. Un filmetto senza pretese, senza molte altre cose per la verità, scandito unicamente da smutandate e seni al vento. Musiche agghiaccianti. La Carisio però aveva una sua classe statuaria.