La Golem si occupa di editare vecchi film hollywoodiani (e non solo) usciti tra i '40 e i '70, spesso e volentieri roba di seconda o terza fascia (a livello di successo commerciale, non necessariamente di qualità). E' dato che mi fa sempre piacere, di tanto in tanto, riprendere in mando il cinema americano della Golden Age, non di rado mi capita qualche buon film che magari i miei genitori conoscevano benissimo e del quale io non supponevo nemmeno l'esistenza, preso come sono dalle Giovannone Coscielunghe e dalle Polizie che si incazzano. Uno di questi è L'Amante Sconosciuta, un dramma intinto di sapori thriller e polizieschi, adattamento del romanzo "Il Segreto Della Morte" di Patrick Quentin. Abbiamo un impresario di Broadway che ad una festa conosce una giovane scrittrice in erba che viene dal paesello; la ragazza, appena 20enne, sembra Calimero e non sa dove battere la testa. L'impresario, sposato ed innamoratissimo della moglie (che è fuori città), inizia a frequentarla in modo puramente platonico, fino ad ospitarla in casa propria per offrirle un angolo dove scrivere i suoi futuri romanzi. La ragazza viene ritrovata impiccata in camera da letto, e naturalmente le cose si mettono male per l'impresario, la Polizia lo sospetta, la moglie non sa a chi credere, le vicine di casa pettegole lo accusano, e tutto trama contro il pover'uomo.
Dopo una prima parte ai limiti della commedia, dall'impiccagione in poi la vicenda assume un risvolto drammatico e platealmente hitchcockiano. Soprattutto per l'atmosfera kafkiana delle evidenze che progressivamente si rivoltano tutte contro Van Heflin, una dopo l'altra. La donna aveva confidato all'amica di essere innamorata dell'uomo, di essere ricambiata e di aver ricevuto la promessa che l'uomo avrebbe lasciato la moglie al più presto. In casa di Heflin vengono rinvenute lettere compromettenti e, dulcis in fundo, emerge che la ragazza era pure incinta. Il cappio scorre sempre più stretto al collo dell'impresario, incredulo davanti ad un tale sovvertimento della realtà, fino a che il mistero si risolve, secondo un percorso invero molto lineare e scolastico. Tuttavia lo spettatore non segue il film con la trepidazione del giallo da smontare pezzo per pezzo, piuttosto come un dramma che ricorre anche all'elemento giallo per condire l'intera pietanza. E del resto, sin dal titolo (originale) "Black Widow", qualcosa è lasciato intuire al pubblico. Scene tutte di interni, piuttosto statiche, dialoghi e confronti serrati che avvengono tutti tra un divano e un'ampia finestra col panorama sullo sfondo (vedi Nodo Alla Gola). Va da sé che la parte del leone la fanno gli attori, un manipolo di ottimi interpreti, tra i quali naturalmente brilla in cartellone Ginger Rogers, alias Carlotta "Lottie" Marin, biondissima diva di teatro vanesia e un po' verbosa. La coppia di protagonisti è costituita da Heflin, garbato e misurato gentleman, e Peggy Ann Garner, la povera fanciulla apparentemente ingenua e spaesata. Il suo ruolo ricorda abbastanza quello di una giovane Marilyn Monroe alle prese col feroce e impietoso mondo del cinema business. Non sono da meno Gene Tierney, l'affettuosa mogliettina di Heflin, e George Raft il detective che indaga sul caso. Ah, la vedova nera ritratta nella locandina promette decisamente di più rispetto a quello che concede la Garner....