Rebecca Miller, figlia del drammaturgo Arthur, attrice, regista, sceneggiatrice e naturalmente scrittrice anch'essa, gode evidentemente di grande stima ed apprezzamento nel cinema indipendente americano, basta guardare il cast assemblato per La Vita Segreta Della Signora Lee, da lei diretto e scritto, e che conta una quantità di volti noti ed importanti impressionante, anche se stiamo parlando del 2009. Dal romanzo (della Miller) deriva l'adattamento cinematografico, presentato all'epoca al Festival di Berlino. La particolarità della storia consiste prevalentemente nel modo in cui viene raccontata, ovvero facendo convivere tempo presente e tempo passato, mediante dei semplici flashback ma sempre incastrati ad arte tra di loro e non di rado facendo reciprocamente tracimare qualche dettaglio l'un con l'altro, un personaggio, un luogo, un dettaglio che diventa collante, trade union, amo. La Miller ci offre la storia della signora Pippa Sarkissian, bimba e poi ragazza dalla famiglia problematica, con il padre pastore e la madre dipendente dai farmaci (antidepressivi e stimolanti) che cresce nell'esempio di come due genitori non dovrebbero essere. Abbandonata la casa natia, vive tutta una serie di esperienze - anche estreme ma narrate con tutto il candore e la seraficità di questo mondo - fino ad approdare al matrimonio con Herb Lee (Alan Arkin), un editore più anziano di lei, saggio, ironico e posato. - SPOILER: con il passare del tempo la differenza di età tra i due si fa sempre più sentire, soprattutto quando Herb supera i 70; il rapporto si raffredda e Pippa diventa sempre più algida e apatica. La scoperta di essere affetta da sonnambulismo la destabilizza finendo col mettere in crisi il suo rapporto con Herb e rivedere tutta la propria vita.
Pippa è distribuita tra tre attrici, Madeline McNulty (bambina), Blake Lively (adolescente), Robin Wright Penn (matura), ed in tutti e tre i casi assistiamo a difficili situazioni ambientali che generano stress psicologico in Pippa. Apparentemente calma, tranquilla, borghese, Pippa svela via via dettagli della propria personalità, connessi ad esperienze di vita che restituiscono un quadro più complesso e sfumato della donna. Dalla tranquilla moglie sempre accondiscendente, fisicamente in ordine e che non crea mai problemi né contrasti, Pippa diventa un'autentica spina nel fianco dei personaggi con i quali interagisce, oltre a diventarlo in primis per se stessa. Il microcosmo che la circonda tuttavia non è meno problematico, come a dire che la complessità è sempre problematica ed un percorso lineare, privo di inciampi e dolori, non è possibile nella realtà umana. Alcuni ruoli sono piuttosto sopra le righe o, di contro, incredibilmente piatti. Nel primo caso è paradigmatico il personaggio di Wynona Rider, troppo caricaturale e cartoonesco; nel secondo invece ricade Monica Bellucci, usata come una bella statuina, del tutto sprecata e sminuita dal suo personaggio di prima moglie di Herb, un po' senza capo né coda. Va meglio con Keanu Reeves, un'ancora di salvezza per Pippa nella sua nuova età della rinascita, uno sbandato che riesce a darle sicurezza e calore umano (proprio perché disorientato e disilluso come lei), o con Maria Bello, che interpreta la madre di Pippa, una specie di luna park emotivo che la Bello è molto brava a rendere credibile.
Nonostante mi sia perfettamente chiaro dove volesse andare a parare il film e il percorso in chiaroscuro che intendeva seguire, rimane il fatto che la messa in scena dell'universo Pippa Lee è ostico, a tratti inconcludente, appeso da qualche parte nel vuoto, senza un punto di ricaduta ben delineato. L'affanno e la fatica esistenziali ci sono tutti, ma la nebbia non si dirada ed è come se ci rimanessimo avviluppati dentro, nonostante il finale ristoratore. La Vita Segreta Della Signora Lee rimane algido, non trasmette alcuna empatia, il ricorso alla satira a mio parere rimane strozzato o comunque non ben dosato dalla Miller. Va anche detto che parte del demerito va imputato al doppiaggio italiano, pessimo, fatto di voci che anestetizzano ogni dialogo raffreddando ulteriormente gli entusiasmi. Si respira un'apatia ed un'indolenza diffuse che non permettono allo spettatore di vivere pienamente il travaglio - tutto cerebrale - di Pippa. In definitiva quella della Miller è una pellicola di cui non riesco a parlare né male né bene, sta lì nel mezzo, in attesa di un compimento che non si realizza mai del tutto.