Gene Wilder arriva a La Signora In Rosso dopo tre regie, si è fatto le ossa come direttore di un film, ed infatti questa commedia che ha segnato indelebilmente gli anni '80 diventa il suo più grande successo di pubblico, anche se per alcuni è una ampiamente sopravvalutata. E' indubbio che si tratti di un lavoro pesantemente legato alla sua epoca, rivisto oggi pare decontestualizzato, quasi demodé; esprime in tutto e per tutto un'estetica, un sapore, un'allure anni '80, ma se questo fosse l'unico criterio per valutare un film dovremmo ammazzare la metà della produzione cinematografica del passato. Tanto per cominciare si tratta di un remake di un film francese del '76, Certi Piccolissimi Peccati, firmato da Yves Robert e con Annye Duperey a rivestire i panni che poi saranno di Kelly LeBrock. Wilder ne ricalca a tratti fedelmente le situazioni comiche (lo scherzo del cieco o l'accanimento della segretaria sull'antenna della sua auto), mentre si riserva un finale diverso e, più in generale, dona alla propria pellicola un cuore più americano.
Il film comincia dalla fine, col pubblicitario Teddy Pierce (Wilder) in bilico sul cornicione di un grande albergo di San Francisco, mentre la sua voce narrante racconta stupita come si è arrivati sino a quel punto. Pierce è un uomo regolare, con moglie, figli e dei buoni amici, mai nessun colpo di testa. Un giorno si trova nel posto giusto al momento giusto e succede la cosa sbagliata, si innamora follemente di una sconosciuta (Kelly LeBrock) che, con un vestitino rosso, si ferma su una grata d'areazione di un parcheggio sotterraneo e gioca col vento imitando la Marilyn Monore in Quando La Moglie E' In Vacanza. Il fisico impossibile della donna attrae magneticamente Pierce che da quel momento farà di tutto per conoscerla ed invitarla a cena. Si tratta di una modella protagonista di una campagna pubblicitaria del suo ufficio. Dopo innumerevoli incidenti, equivoci, corse a perdifiato e situazioni strampalate, Pierce riuscirà finalmente a trovarsi al cospetto della bellissima Charlotte, nuda e disponibile, in una camera di un lussuoso albergo, proprio quando alla porta bussa il marito della donna.... - SPOILER: contrariamente al finale vincente dell'originale francese, qui Wilder scappa sul cornicione dell'albergo, dove tutto è cominciato, e preso atto dell'assurdità della intera faccenda, decide di riprendere la retta via di una vita ordinata e regolare, fedele alla moglie, anche se, proprio mentre si getta sul grande telo approntato dai pompieri, una avvenente fotografa della Stampa accorsa per riprendere l'evento gli strizza maliziosamente l'occhio.
A ben vedere, la sceneggiatura firmata dallo stesso Wilder è semplice e talvolta persino poco credibile. Il feedback che Pierce riceve da Charlotte è del tutto fuori dalla realtà. Non solo Charlotte è la classica bellezza fotonica che mai e poi mai prenderebbe in considerazione un omino qualunque come Pierce (del resto Wilder la fa sposare con un pilota d'aerei che potrebbe essere suo padre), ma per il solo tentativo goffo di averla corteggiata, Charlotte si scopre improvvisamente attratta in modo irrefrenabile da Pierce. Dapprima ne rifiuta le avances, poi cede subito; non solo, quando il primo appuntamento va buca lei lo invita addirittura in un'altra città a trascorrere la notte insieme. E poi ancora, quando realizza che Pierce è sposato (avendole quindi mentito), le parti quasi si rovesciano, con Charlotte che non resiste al desiderio di possedere Pierce e dà mandato agli amici di lui di organizzare un incontro. Da questo punto di vista, la storia ordita da Wilder è un po' troppo vanitosa ed autocompiaciuta. Ma si tratta di un peccato di poco conto a mio modo di vedere, poiché è anche vero che la trama è quasi un pretesto per permettere a Wilder ed al resto del cast di mettere in fila delle gag, appena stemperate dal sentimentalismo della storia d'amore e dalle scene di straordinaria bellezza della LeBrock.
Ci sono anche elementi di una certa profondità; lo svelamento dell'omosessualità di uno degli amici di Pierce, Buddy (Charles Grodin), è tratteggiata con delicatezza, per altro senza grossi dialoghi e spiegoni, ma con sguardi e sottintesi. Un po' alla Mel Brooks, Wilder dissemina momenti semi demenziali nel film, e li affida ad uno stuolo di comprimari di tutto rispetto, sua moglie nel film, Judith Ivey (memorabile la telefonata con la pistola puntata all'inguine), la segretaria, nonché quella che poi diverrà la moglie di Wilder nella realtà (Gilda Radner), autrice di attentati continui a Pierce, i suoi commilitoni guasconi e fracassoni, ed il fidanzato punk della figlia, insospettabilmente innamorato della Ivey. Kelly LeBrock ruba ovviamente la scena a tutti; letteralmente in stato di grazia, esordisce al cinema con questo film che le dona un successo straordinario ma che allo stesso tempo la marchia a fuoco come icona sexy, tant'è che immediatamente dopo girerà La Donna Esplosiva, al quale seguiranno poche altre pellicole, tutte minori (e tra queste Duro Da Uccidere con Stevan Segal, che diventerà suo marito). Un destino impossibile da combattere poiché effettivamente le scene che ha in La Signora In Rosso avrebbero distrutto qualsiasi carriera che avesse voluto prescindere dalla sensualità e dall'erotismo. La cosa buffa è che oggi, con molta probabilità, la scena omaggio a Marilyn Monroe non sarebbe potuta andare nello stesso modo. Per chi scrive la LeBrock è perfetta per quel ruolo, ma sicuramente qualche mancamentato oggi la riterrebbe troppo "curvy" e piazzrebbe al suo posto qualche gruccia smagrita con cosce meno tornite e lunghe sessioni di pilates sul groppone.
La battuta che pronuncia Kelly LeBrock sul letto ad acqua, quando finalmente l'incontro tra i due pare essere ad un passo dal concretizzarsi, è entrata nell'immaginario collettivo con prepotenza inaudita. Quel "serviti il pasto, cowboy!" ha annientato adolescenze in preda a crisi ormonali, ha oscurato i vari "I have a dream" e "Non chiedete cosa possa fare il Paese per voi: chiedete cosa potete fare voi per il Paese"; dopo quelle quattro parole della LeBrock niente è stato più come prima. Delizioso il finale del film, con la caduta alla Charlie Chaplin di Wilder che, piano dopo piano, riflette sulla sua condizione esistenziale, sorridente; gioca con le posizioni, arrivando a rovesciarsi, in un clima di finzione cinematografica volutamente posticcio. Già la locandina cita apertamente Quando La Moglie E' In Vacanza, mettendo in primo piano la LeBrock col vestito svolazzante (rosso e non bianco) e sullo sfondo, più in piccolo, il protagonista maschile del film. Da menzionare infine la soundtrack di Stevie Wonder che ottenne un grandissimo successo e contribuì a quello del film, la sua "I Just Called To Say I Loved You" battè alla corsa per gli Oscar "Ghostbusters" di Ray Parker Jr. (anche se personalmente ho sempre preferito la main track "The Woman In Red").