Nel 1973 il Programma Nazionale (la Rai prima di chiamarsi Rai) manda in onda per quattro sabati di settembre una quadrilogia di film gialli introdotti, curati e prodotti da Dario Argento, uno anche diretto (anzi facciamo uno e mezzo). All'indomani della triade zoomorfa dell'uccello di cristallo, del gatto a nove code e delle mosche di velluto grigio, Argento si presenta sul piccolo schermo con la sua faccia, con un cappello introduttivo prepara gli spettatori alla visione di quattro storie che lui stesso definisce nuove, fresche, soprattutto nel linguaggio. Una cinquantina abbondante di minuti a film, dagli accenti indubitabilmente gialli, anche se - dovendosi adattare alla tv - i colori (come quello del sangue) sono un po' edulcorati, meno accesi, cruenti ed aggressivi di quelli visti in sala nei precedenti film di Argento. Tuttavia il progetto ha un suo fascino, soprattutto per via di una ricerca di grafica e di grammatica, appunto, diversa dal solito, un taglio meno "classico" e più ricercato.
Il team è quello fedele ad Argento, con Luigi Cozzi, Roberto Pariante e Mario Foglietti, tutti suoi collaboratori e qui ciascuno regista di un episodio. Pariante per la verità il suo lo comincia, ma è poi portato a termine dallo stesso Argento, che così firma Il Tram (con lo pseudonimo Sirio Bernadotte) e Testimone Oculare, mentre Cozzì si occupa de Il Vicino Di Casa e Foglietti di La Bambola. Tutto il progetto ha come collante le musiche nervose e dinoccolate di Giorgio Gaslini, che poi avrebbe fatto a sportellate con i Goblin per la colonna sonora di Profondo Rosso, ed infatti non è difficile distinguere la sua firma anche in questi mediometraggi televisivi. Davvero calzanti le sue musiche, anche quando si tratta solo di percussioni o di un flauto la tensione va alle stelle.
In una mia ideale e del tutto personale classifica di gradimento, Testimone Oculare, con Marilù Tolo e Glauco Onorato, sarebbe al primo posto. L'episodio ha un'atmosfera davvero magica ed inquietante, vuoi per le boscose strade notturne, fitte di vegetazione incombente, che la Tolo percorre in solitudine con la sua auto, vuoi per l'interpretazione della Tolo stessa, molto coinvolgente, vuoi infine per la situazione in sé, che si risolve con un colpo di scena magari non proprio imprevedibile ma tutto sommato ben diretto ed orchestrato. Quindi seguirebbe Il Tram, esaltato da un magnifico Enzo Cerusico e da una serie di scene ambientate sul tram di sicuro impatto e inventiva visiva. Terzo si piazzerebbe Cozzi con il suo Il Vicino Di Casa, giocato su di una trama lineare fatta di elementi estremamente semplici e concreti ma, anche in questo caso, offerti con cura e maestria allo spettatore. Ultimo La Bambola, che forse è l'unico non completamente riuscito, alternando momenti suggestivi e intensi ad altri invece "vuoti" e di minor impatto emotivo e magnetismo. Fa specie vedere un Gianfranco D'Angelo commissario serio, una Mara Venier giovanissima (all'epoca ventitreenne) e rossa ed una Erika Blanc quasi di contorno, ovviamente altrettanto rossa e sanguigna.
Per un conoscitore di Argento e delle sue parafilie non è difficile individuarne il tocco, la firma, gli elementi qualificanti (soggettive, guanti neri, voci sibilanti al telefono, musiche ansiogene ed estremamente ritmate). Argento si sforza di creare delle introduzioni narrative, delle cornici di contesto che "fingano" di calare il regista in concomitanza dell'incipit di ogni episodio, e con lui gli spettatori. Come titolo La Porta Sul Buio sembra echeggiare e rivolgersi alla serie televisiva americana Ai Confini Della Realtà, ovvero una sorta di dimensione la quale, una volta varcata, promette alterazioni arcane e misteriose della realtà. Tuttavia in questi film non c'è alcunché di paranormale, né di liminare con mondi paralleli, si tratta di quattro storie magari allucinate ma dalla stretta aderenza al reale. Rai Trade pubblica in Italia il cofanetto con quattro dvd, apprezzabili da un punto di vista collezionistico ma davvero modesti per qualità audio e video, e del tutto privi di extra. Un'operazione molto rozza e avara (credo esistano altre edizioni preferibili italiane ed estere).
La recitazione dei vari film è decisamente apprezzabile e variegata, e finisce col costituire un valore aggiunto all'intera operazione (non è una cosa da poco considerando come verrà solitamente derubricata la recitazione nei film argentiani). Oggi un progetto come La Porta Sul Buio sarebbe impensabile, già solo scovare un regista di pari livello, spessore (per giunta italiano) e coraggio che si imbarchi in un'idea (seriale) simile sarebbe un'impresa improba. Quindi avere un canale di Stato disponibile a trasmettere materiale del genere a orari "umani" (nel '73 era in prima serata). Poi confezionare quattro film di quella qualità che, pur senza scioccare il pubblico con ammazzamenti e fiumane di sangue, siano in grado di parlare un linguaggio più sottile, innovativo e sorprendente, o (volendosi accontentare) che perlomeno non ricorrano al paesino da cartolina, al maresciallo impettito, al parroco investigatore, alla perpetua petulante, alla macchietta dialettale e a tutti i cliché nei quali la tv generalista si è oramai incatramata irreversibilmente. Vero, c'è Coliandro (che è tutta un'altra cosa), che perlomeno ci prova a svecchiare un po', sia nei contenuti che nella forma, però quella inquietante porta sul buio, apertasi e chiusasi nel 1973, credo proprio che rimarrà serrata per sempre.