La Moglie Di Frankenstein

La Moglie Di Frankenstein
La Moglie Di Frankenstein

Mary Shelley non aveva pensato ad una sposa per Frankenstein come sequel del suo celebre romanzo, ma come parte integrante di esso. La Universal ci costruisce sopra un nuovo capitolo del film diretto da James Whale ed interpretato da Boris Karloff. Nel 1931 Frankenstein era stato un successo clamoroso, non solo in termini di incasso e responso del pubblico ma come spartiacque tra il prima ed il dopo in ambito horror. La stessa Universal rimase sorpresa da un simile responso e si decise a produrre un seguito. Whale non era affatto intenzionato a dirigerlo, sentiva di aver già dato tutto con il primo film e soprattutto non voleva fossilizzarsi in quel tipo di pellicole, nonostante tutto l'horror non era visto come un genere cinematografico "alto". Tuttavia, quando gli fu consegnata in mano la sceneggiatura in stato avanzato, decise di intraprendere l'avventura, ma nel farlo apportò sostanziali modifiche, fornendo spunti ed idee che poi finirono effettivamente nel film. Il prologo ad esempio, nel quale Mary Shelley (Elsa Lanchester), Percy Shelley (Douglas Walton) e Lord Byron (Gavin Gordon) dibattono al caldo del focolare domestico mentre fuori infuria il temporale, fu una precisa visione di Whale, come anche il fatto che la Lanchester tornasse poi in chiusura ad interpretare propria la sposa di Frankenstein (maldestramente tradotta "moglie"). Quel prologo per altro non fu indolore poiché fu vittima di tagli censori a causa della notevole scollatura della Lanchester. Altri tagli, stavolta preventivi, arrivarono nella scena in cui la creatura vaga per il cimitero, Karloff avrebbe dovuto affidarsi ad un Cristo in croce, rivedendo nella sua sofferenza di esiliato e schernito la propria, ma il paragone venne considerato blasfemo. La toppa però fu peggiore del buco poiché, in quella scena la creatura abbatte una statua mentre sullo sfondo c'è il crocifisso, quindi in modo subliminale il messaggio pareva essere quello di una critica sovversiva alla religione. Stessa situazione quando il Dr. Pretorius (Ernest Thesieger) aizza il Dr. Frankenstein (Colin Clive), chiedendogli se crede alle storie Bibbia; quella linea di dialogo inizialmente conteneva "favole" e non "le storie della Bibbia", ma ritenendola troppo provocatoria fu cambiata in "le storie della Bibbia", che tuttavia Thesieger pronuncia con un tale astio e veleno da trasformare la frase in un nuovo malcelato attacco alla religione, vista come una superstizione.

La Moglie Di Frankenstein è uno di quei rarissimi casi nella storia del cinema in cui un sequel risulta persino migliore dell'originale (e già stiamo parlando di un capolavoro di partenza). Whale riesce ad ampliare i risvolti psicologici della storia, dando una incredibile profondità ad ogni personaggio. A cominciare dalla creatura naturalmente, che qui medita, riflette filosoficamente ed infine addirittura impara il linguaggio, oltre al Dr. Frankenstein (eterno Faust goethiano), al Dr. Pretorius (l'incarnazione del diavolo tentatore, la scienza, il Caos, l'indole più profonda e veritiera dell'animo umano? Forse tutte queste cose insieme) ed infine la moglie di Frankenstein che, per quanto compaia pochissimi minuti in scena, è un personaggio tridimensionale in tutto e per tutto. Un vero miracolo di ingegneria cinematografica, la sposa non ha battute, è muta, vive e muore nell'arco di una scena, eppure il film le è intitolato a piena ragione poiché è il motore di tutto, oltre ad un personaggio di una bellezza e di un fascino immortali. Di contorno altri ruoli abbelliscono ulteriormente la pellicola, come quello di Elizabeth, compagna del Dr. Frankenstein, interpretata da una soave e delicata Valerie Hobson, diciassettenne all'epoca; l'eremita cieco (O.P. Heggie), parodiato da Gene Hackman in Frankenstein Junior (impossibile non vederlo in controluce mentre si guarda il film di Whale.... maledetto Mel Brooks!). L'incontro tra l'eremita e la creatura è forse il punto più toccante del film, una fratellanza commovente di anime espulse dalla società e fragili. Quando la creatura viene catturata una prima volta dalla folla urlante viene issata su una sorta di allegorico crocifisso, mentre Karloff assume un'aria sofferente e quasi estatica; i rimandi al Cristo sono ovunque.

Fa spavento la massa di zotici in Frankenstein (tanto nel primo film quanto in questo), l'idea di Whale sembra essere quella che quando gli uomini pensano ed agiscono come massa sono sempre una minaccia e il sentimento prevalente è quello della violenza e della sopraffazione. Dall'inizio alla fine la creatura è una vittima. Whale era notoriamente omosessuale ed il senso di discriminazione pervade da cima a fondo la storia Frankenstein. Qualche critico si è persino spinto a leggere un rapporto implicito omosessuale tra il Dr. Franlenstein e il Dr. Pretorius (pare che Clive e Thesiger fossero a loro volta gay o bisessuali), Clive Barker ha definito Pretorius una vecchia checca nei comportamenti. Incredibili le luci disegnate da John Mescall, un autentico film nel film. Tutta la parte dell'esperimento finale al laboratorio per portare in vita la sposa è tagliato da luci e ombre da manuale del cinema (espressionista), davvero magnifico il lavoro di Mescall, alleato preziosissimo di Whale. Infine la sposa, una Elsa Lanchester di una sensualità inarrivabile a tutt'oggi, 90 anni dopo. La scelta di rendere la sposa interessante e non un puzzle orrido di cadaveri fu un'idea brillante. Essa è inquietante e carismatica al contempo. Le movenze della Lanchester sono secche e robotiche, la sua espressione di stupore ed inconsapevolezza è qualcosa di eccezionale, la sua reazione scomposta alla vista della creatura è una coltellata per l'anima del povero mostro, le cui lacrime contagiano facilmente lo spettatore.

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