
Secondo Marilyn La Magnifica Preda era il peggior film al quale avesse partecipato; un giudizio molto ingeneroso. Personalmente amo molto questo film e non ho mai ben compreso il motivo di tanta sferzante negatività da parte della Monroe. C'è da dire che tra lei e il regista Otto Preminger non ci furono rapporti idilliaci, tant'è che il viennese arrivò ad affermare che dirigere Marilyn era stato come lavorare con Lassie (testuale); pare ci volessero almeno 15 ciak prima che la diva recitasse a dovere le sue battute, il che evidentemente lasciò qualche strascico sul giudizio che Marilyn conservò del film, anche a distanza di tempo. Preminger e la Monroe comunque la pensavano in egual modo almeno su una cosa, lo scarso valore della sceneggiatura, anche Preminger infatti lavorò mal volentieri al film (figuriamoci quando lavorava volentieri cosa era in grado di tirar fuori!), costretto da obblighi contrattuali. Per fortuna, tutta questa "dietrologia" non traspare affatto guardando la pellicola, è mero gossip, anche curioso per certi versi, ma non in grado di scalfire il fascino enorme che emana River Of No Return (titolo originale del film). La pensarono come me anche gli spettatori americani che tributarono a quest'opera un gran successo al botteghino, eleggendola a classico del genere western. A proposito del titolo, quello italiano è una rozza, ovvia e banale allusione a Marilyn; tuttavia il vero titolo rende assai più giustizia alla storia, visto che il fiume (del quale, se non ricordo male, non viene mai detto il nome) è un grande protagonista del film. Detto del "non ritorno" poiché le sue temibilissime rapide sembrano non lasciare scampo a chi decida di percorrerlo fino a valle; e se la furia della Natura non bastasse, ci sono anche anche gli indiani (stavolta cinici e spietati, non siamo ancora alla rivalutazione buonista dei pellerossa) e gli avvoltoi che non aspettano altro che far la pelle agli incauti naviganti.
1875: la storia vede protagoniste due coppie, da una parte Marilyn e il suo bel fusto (Rory Calhoun), una specie di Tony Curtis col ciuffo alla Elvis, che fa il giocatore d'azzardo, più uso al baro che al talento con le carte. Dall'altra il contadino ed ex galeotto Robert Mitchium, alle prese col figlio di 11 anni, al quale cerca di insegnare valori sani e profondamente americani. Lo scontro tra le due fazioni sarà molto aspro. Calhoun e Marilyn sono in viaggio per Council City, dove l'uomo deve registrare il passaggio di proprietà di un giacimento petrolifero vinto alle carte in modo poco chiaro. Per guadagnare tempo i due decidono di muoversi lungo il fiume, su di una zattera, ma, dopo le prime difficoltà, il solo Calhoun proseguirà rubando a Mitchium cavallo e fucile. Da quel momento ha inizio il calvario, visto che gli indiani e la natura selvaggia del West metteranno a dura prova Mitchium, il bambino e Marilyn, sempre più combattuta tra l'amore per Calhoun e il rispetto per quel pezzo d'uomo onesto e molto maschio di Robert Mitchium.
Tanto per cominciare il film ha degli scenari naturali mozzafiato, di una bellezza più unica che rara. Si tratta del Banff e Jasper National Parks in Alberta, Canada. Se volete un film che mostri il cosiddetto West nel modo più profondo e coinvolgente possibile (e in Cinemascope) questo è il titolo che fa per voi. Fosse anche solo per i paesaggi da Nationl Geographic, River Of No Return non si può perdere. Mitchium è un grandissimo, e altrettanto - checché ne pensasse di sé stessa - è Marilyn, insolitamente longocrinita (una parrucca) e, come sempre, radiosa d'aspetto. Diverse le canzoni che la chantant da saloon interpreta, tutte splendide, intense, emozionanti, dagli ammiccamenti ai cercatori d'oro della bettola nella quale lavora alla buffa filastrocca che dedica al figlio di Mitchium, passando per la malinconica "River Of No Return" (che sui titoli di testa è in versione originale).
Mereghetti maltratta parecchio il film, che liquida come una roba di "buoni sentimenti". Siamo in un contesto molto preciso e codificato, la terra di frontiera del secondo Ottocento, qui conta la sopravvivenza (quindi l'autodifesa), l'oro, la terra (intesa come fonte di sostentamento), il predominio dell'uomo sulla donna. Un mondo di altri tempi, basico, sanguigno, rude, per certi versi semplice e manicheo. Ma il West era proprio questo, andare a cercare sottigliezze psicanalitiche è molto borghese e contemporaneo ma poco lungimirante. La bellezza di River Of No Return sta propria nella definizione scolpita e stentorea dei personaggi, a loro modo icastici, netti, perfettamente definiti e decriptabili. C'è un senso di tragedia e nostalgia in questo "mondo perduto" ritratto da Preminger, ma anche di speranza, di costruzione di un futuro migliore, di infinite possibilità, e soprattutto di libertà, gigante quanto gli spazi aperti popolati dagli attori della vicenda.
Mitchum e la Monroe girarono personalmente molte scene acrobatiche, Marilyn si slogò addirittura una caviglia durante la lavorazione. Sul set era assistita da Natasha Lytess, la sua coach di recitazione; la dizione di Marilyn durante i ciak era particolarmente insopportabile a Preminger, poiché assai affettata, scandita, pomposa. Preminger fece scacciare la Lytess e la produzione fu chiamata in causa per derimere il litigio. Naturalmente la spuntò Marilyn, che assicurava tanti tanti biglietti strappati nei cinema e Preminger dovette terminare il film bofonchiando come un vecchio austriaco borbottone. Ci furono anche altri problemi, come il frequente maltempo, i bicchierini di troppo trangugiati da Mitchium e l'incidente alla caviglia di Marilyn. Il vero fiume che vediamo nel film è il Salomon River (Idaho) che naturalmente non porta a Council City; le scene girate sulla zattera sono fatte in studio con effetti speciali visibilmente posticci e datati (le secchiate d'acqua che Mitchium e la Monroe prendono sui legni sono però molto divertenti). Le scene d'azione tra Mitchium e i suoi numerosi avversari nel film sono pessime, azione mal resa, molto statica e legnosa. Fa storia a sé la lotta amorosa tra la Monroe e Mitchium, una parentesi che abbassa parecchio il livello morale del padre di famiglia, fino ad allora creatura quasi mitologica nella sua saggezza e correttezza. Di contro, è commovente il finale, con il figlio di Mitchium che finalmente comprende e scioglie l'assillo che lo aveva attanagliato per tutto il film, ovvero come aveva potuto il padre uccidere un uomo, addirittura colpendolo alle spalle. La verità e la realtà sono spesso più sottili e complicate di quel che sembra.