La Giusta Distanza

La Giusta Distanza
La Giusta Distanza

Accade assai raramente che veda un film italiano al cinema e non esca sgomento al termine della proiezione, per colpa dei soliti euro buttati nel cesso. Film pretenziosi, moralisti, saccenti, ma anche tecnicamente scadenti, nonché privi di trama, sceneggiatura, recitazione. Non è il caso di La Giusta Distanza di Mazzacurati, che per ambientazioni si colloca a metà strada tra Pupi Avati e le fiction barbareschiane alla Nebbie e Delitti (Rai TV). Il film ha molti pregi e pochi difetti (tra questi una visione utopistica dell'integrazione extracomunitaria nel nord est, più un auspicio che un concreto spaccato di realtà). Ottimi gli attori, affascinante la fotografia, buono il ritmo, interessante la storia, che fortunatamente non si limita ai soli sentimenti amorosi ma aggiunge del giallo, del nero e soprattutto non si accontenta di navigare a vista nel qualunquismo spicciolo del "buon senso".

A margine, offro una pedante e del tutto personale disamina sul personaggio di Mara ad uso di chi ha visto il film: Mara, interpretata da Valentina Lodovini, mi è epidermicamente insopportabile. Attenzione, non sto dicendo che la Lodovini reciti male o che il suo ruolo non sia importante per il film, tutt'altro. Intendo proprio affermare che quello specifico tipo umano è per me abominevole. E di persone così nella realtà non ce ne sono mica poche. Apparentemente parrebbe una buona samaritana che si spende per gli altri, maestra d'asilo, operatrice umanitaria in cooperazione terzomondiste, aperta alla diversità, alla tolleranza, alla socialità. Vivisezionando bene i suoi comportamenti secondo me è invece possibile vedere altro. La sua esistenza è del tutto autoreferenziale, volta unicamente a soddisfare le proprie esigenze e necessità insopprimibili. Vitalismo cannibalico che si ciba di tutto e tutti, senza mai una sosta, al fine di saziare una fame impossibile da estinguere. Mara ha bisogno di qualcosa, letteralmente "qualcosa", indefinita, astratta, forse inesistente. Emerge una irrequietezza di fondo, una sorta di insoddisfazione congenita che la spinge a voler fare tutto, magari contemporaneamente. Carattere incapace di stare fermo, di dedicarsi a qualcosa in modo costante e continuativo. Nei sentimenti Mara non vuole legarsi, ma c'è il bisogno del sesso da soddisfare e poi le piace piacere. Non invidia le famiglie "tutte figli e centro commerciale alla domenica" perché lei è diversa (e probabilmente in cuor suo si sente superiore). Ha bisogno però delle persone, i cui sentimenti calpesta in nome della soddisfazione delle proprie necessità. Sfrutta l'amore di un uomo innamorato, abbandona i bambini della scuola elementare a cui "tanto tiene" ...sostanzialmente, detto in poche ma lapidarie parole, si fa i cazzi suoi, in modo che tutto torni come lei desidera. Deve vivere la vita al 100%, cogliendo l'attimo, ma per coglierlo si serve di chi la circonda, razionalizzando assai poco riguardo alle ferite che lascia al suo passaggio. Questi tipi qua magari salvano un bambino in una miniera di Bogotà, o con un sorriso accogliente offrono un caffè ad un senza-tetto di periferia, ma per le persone a loro concretamente vicine sono una iattura; negano il dono di loro stesse eppure prendono molto in cambio.

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