La Gabbia

La Gabbia
La Gabbia

Giuseppe Patroni Griffi ritrova Florinda Bolkan con la quale aveva già lavorato in Metti Una Sera A Cena (1969) e Laura Antonelli che aveva diretto in Divina Creatura (1975). La sceneggiatura de La Gabbia è anche di Lucio Fulci, il quale poi si dedica a Murderock lasciando nelle mani di Patroni Griffi La Gabbia e rimanendo abbastanza deluso del taglio assai più morigerato dato dal regista partenopeo alla sua storia di psicopatologia, tortura e sadomasochismo (ci tornerà con Il Miele Del Diavolo). Patroni Griffi dal canto suo ci mette tutto il mestiere per tenere in piedi - dieci anni dopo la sua precedente regia - questa storia di devianza e morbosità che si consuma quasi interamente in un appartamento arredato con uno stile tardo impero che rispecchia pienamente il clima di decadenza e nichilismo della vicenda. Michael (Tony Musante) è un pubblicitario che viene abbandonato dalla compagna Hélène (Florinda Bolkan) nei giorni del Natale poiché lei, separata, deve badare il figlio mentre l'ex marito è in vacanza alle Maldive con la nuova fidanzata. Nel frattempo lui si imbatte per caso in Marie Colbert (Laura Antonelli), sua vecchia fiamma con la quale illo tempore si era dedicato a giochi erotici dal sapore bdsm. L'incontro fortuito riaccende in entrambi l'antica fiamma e seduta stante Michael si insedia a casa di Marie, dove vive anche la figlia adolescente della donna, Jacqueline (Blanca Marsillach). - SPOILER: i due vecchi amanti riprodurranno nuovamente lo schema che li aveva "legati" (letteralmente) anni addietro ma stavolta rovesciato, è Marie a legare i polsi di Michael, visto che lo immobilizza alla testata del letto come un animale in cattività. Nel far questo è coadiuvata dalla figlia, ambigua e lolitesca negli atteggiamenti. Non ci vorrà molto perché le due donne si contendano apertamente le attenzioni di Michael, il quale da parte sua - afferrata la mala parata - intende solo fuggire e salvarsi la pelle.

La penna fulciana è più che evidente nelle pieghe della storia e non viene difficile immaginare come avrebbe accelerato su determinati aspetti. Patroni Griffi conserva l'impianto di fondo, ha qualche lampo più forte (vedi la ferita che la Antonelli infligge a Musante col tagliacarte), non lesina momenti erotici e neppure paranoici. Certo, si avverte la stanchezza della messa in scena, l'erotismo è pur sempre contenuto nella forma e a tratti un po' imbarazzante anche nella sostanza. Si avverte l'impaccio della Antonelli in alcune scene, come ad esempio quella in cui deve praticare autoerotismo davanti a Musante. L'attrice di Malizia, qui oramai già in curva discendente, cerca di giocare molto con l'espressività facciale ma spesso e volentieri il confine tra estasi e goffaggine si fa labile. Assai più fresca e potente in questo senso la Marsillach, convincente anche nei suoi momenti "spostati". Complessivamente parlando, il film ha parentesi di eccessiva lentezza e anche di noia, l'erotismo è un po' respingente, davvero "decadente" nel suo compiersi. Interessante la scelta di mozzare il finale, anche se appare chiaramente indirizzato Patroni Griffi sceglie di lasciarlo in sospeso. Non nego un qualche fastidio in alcuni minuti, ad esempio in occasione del foie gras e delle uova di salmone "consumate" a letto, o la quasi totalità delle scene erotiche, vuoi perché in realtà abbastanza anti-erotiche, vuoi perché il coinvolgimento della Marsillach (che all'epoca aveva 19 anni ma che interpreta un personaggio minorenne) mette un po' a disagio, anche considerando che l'eros più forte è riservato proprio a lei anziché all'Antonelli. Completamente coperta la Bolkan, indisponibile a passaggi troppo compromettenti. Le musiche appartengono a Morricone e sono insolitamente modeste (per il suo standard), Musante è doppiato dal grandissimo Pino Colizzi e la sua segretaria nel film è Laura Troschel, un piccolo ruolo ma sempre bellissima.

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