Ogni tanto si cede a qualche compromesso per motivi di ordine superiore. Qui il motivo nobile risponde al nome di Isabella Ferrari, il compromesso è aver visto E La Chiamano Estate, un film che in condizioni normali non avrei visto neanche sotto tortura. Purtroppo la carriera della bella Isabella si è oramai orientata su scelte stilistiche decisamente avverse a Cineraglio, vedasi i vari Amatemi, Caos Calmo, Saturno Contro, eccetera, film che lei ritiene coraggiosi, in certi casi delle vere e proprie sfide contro l'omologazione del cinema odierno. Col film di Franchi la Ferrari ha ripetuto di essersi voluta mettere in gioco, vuoi per le nudità e la componente erotica (morbosa e nichilista) presenti nella pellicola, vuoi naturalmente anche per il contenuto, una "storia d'amore" sui generis ma comunque intensa, sofferta, che doveva essere raccontata (....perché doveva essere raccontata, siamo sicuri?).
Dino e Anna sono una coppia di quarantenni, innamoratissimi reciprocamente; il punto è che quello di Anna sarebbe un amore normale, quello di Dino invece - al quale sono già successe tutte le tragedie di questo mondo - è un amore tutto a modo suo; tratta Anna come una specie di intoccabile divinità, pura ed incontaminata, alla quale riserva il lato bello, dolce e gentile del proprio essere, mentre al contempo soddisfa ogni sua pulsione sessuale e sfoga ogni sua aggressività con scambisti e prostitute, là fuori nel mondo marcio e derelitto. Dino è come se fosse spaccato in due, frazionato, a casa è un angelo (asessuato però), fuori è un demone la cui sete non si placa mai, che usa e getta le donne. Soffre di questa condizione di cui è consapevole, sa di non rendere felice Anna e dunque cerca addirittura di recuperare i suoi vecchi boyfriend, pregandoli di soddisfarla sessualmente. Vuole essere lasciato da Anna, le scrive lettere che poi non consegna, spera e si dispera. Anna dal canto suo non ha quello che vorrebbe ma sembra comunque impossibilitata a staccarsi dall'uomo che ama profondamente.
Il film è stato perlopiù distrutto da pubblico e critica, e in parte c'è da capirli, la messa in scena è maniacalmente estetizzante: tutta quella ricerca del bianco in contrapposizione alla "depravazione" delle situazioni, scene ripetute (le anestesie di Dino, perché Dino ovviamente...con una sottilissima metafora, fa l'anestesista di mestiere), lentezze inesorabili, musiche ricche di pathos e struggimento, sentenze risibili come "una scopata non si nega a nessuno". Al personaggio di Anna crediamo perché ha lo sguardo, il corpo, le movenze, i silenzi e l'eleganza della Ferrari, altrimenti apparirebbe un "tantino" sbilanciato nella sua costruzione rispetto al mostruoso Dino. Anna si fa bastare tutto, cioè niente, e anche quando cede temporaneamente all'adulterio, non ne gode, perché in fondo è una santa. E pure quando il finale va in patatrac, lei elabora e mantiene il suo aplomb e i suoi buoni sentimenti. Una figura spettrale, irreale, totalmente cinematografica. D'accordo il mettersi in gioco e lo spingere oltre, ma E La Chiamano Estate è un film autoreferenziale, manierista, velleitario, pretenzioso (oltre che fortemente depressivo). Franchi non si scoraggia e piazza continuamente scene sessualmente forti, anche esplicite (si veda il locale di scambisti); naturalmente il suo sesso è volgare concettualmente ma mai visivamente, perché Franchi non è Tinto Brass, e anche laddove vuole raccontare una storia di fango, non può prescindere dalla grazia delle immagini, non ci riesce, come Fonzie che non sa dire "ho sbagliato". Un ossimoro, un corto circuito, e si ritorna all'ambizione di voler costruire un film del genere, che è tutt'altro che una "sfida" controcorrente.
E' proprio qui che risiede la vera omologazione, dato che fare qualcosa di diverso e provocatorio oggi in Italia sarebbe fare ciò che nessuno osa più fare, western, fantascienza, polizieschi thriller e noir come si deve, o anche un film di puro erotismo, ma vero, non la solita tiritera psicanalitica ammantata di sesso autoflagellante, punitivo ed avvilente. Certamente E La Chiamano Estate è un film "provocatorio" e trasgressivo, ma solo per i salottini buoni da bon ton, per il resto rischia semplicemente di essere un film noioso, per quanto girato con un certo mestiere. Ovviamente ha vinto il premio per la "miglior regia" al Festival Internazionale di Roma 2012, e quello per la "miglior attrice protagonista" (e qui ci sta, la Ferrari recita da Dio). Nominato anche per la categoria "miglior film", se lo è inspiegabilmente visto soffiare, ma tu guarda... Sfilata di attoroni del nuovo cinema italiano, da Luca Argentero a Eva Riccobono (il bravo Filippo Nigro è purtroppo condannato ad un ruolo veramente abbietto), e persino Romina Carrisi in una parte breve. Il titolo del film trae spunto dall'omonima malinconica canzone di Bruno Martino (1965), scritta da Laura Zanin e Franco Califano (che chissà cosa avrebbe pensato di un film simile....).