La Bisbetica Domata

La Bisbetica Domata
La Bisbetica Domata

La Bisbetica Domata è il primo grande film di Franco Zeffirelli, che per i ruoli di Petrucchio e della bisbetica Caterina avrebbe voluto rispettivamente Marcello Mastroianni e Sofia Loren. L'idea di fondo rimane, ovvero quella di affidarsi ad una coppia rodata e non a due attori assemblati appositamente per la pellicola. Se la Loren e Mastroianni erano una coppia cinematografica e basta, Burton e la Taylor aggiungono alla chimica davanti alla macchina da presa anche quella dietro all'obbiettivo. Tant'è che nel trailer internazionale il film viene presentato come il loro film, quello fatto su misura per loro (senza nemmeno citare Zeffirelli), a dire che le traversie che Petrucchio deve affrontare per piegare la riottosa Caterina sono suppergiù le stesse incontrare nella vita reale, per domare la "gatta sul tetto che scotta" Liz Taylor. Shakespeare non avrebbe osato chiedere di più, trovandosi LA coppia per eccellenza (quella con l'articolo determinativo) a tradurre sul grande schermo le pagine della propria opera, con un Richard Burton in particolare forgiatosi come attore proprio attraverso esperienze shakespeariane giovanili. Zeffirelli fa le cose alla grande, stabilendosi in pianta stabile negli studi romani di Dino De Laurentiis e ricreando (anche con i soldi di Burton coproduttore) una Padova cinquecentesca da leccarsi i baffi. L'impianto scenico del film è suntuoso e maestoso, con una raffinatissima competenza scenografica e la cura infinitesimale di dettagli e particolari che rendono l'ambiente nel quale i personaggi si muovono estremamente vero e tangibile. Le musiche di Nino Rota sposano a meraviglia le immagini di Zeffirelli arricchendole enormemente. Inutile dire che il risultato è talmente appagante per gli occhi da ben disporre immediatamente alla visione, sin dai primi (festosi) fotogrammi. C'è talmente tanto da seguire con gli occhi che si ripercorrerà quei 10 minuti più di una volta.

A tanta abbondanza si aggiunge un cast eccezionale, non solo nella figura dei primi attori ma anche in tutti i ruoli di contorno. Forse solo Bianca, la sorella docile e lolitesca di Caterina interpretata da Natasha Pyne, sa un po' di acerbo, di incompiuto; per il resto non c'è un singolo ingranaggio che ruoti fuori dal meccanismo. La Taylor è monumentale, molto probabilmente l'aver potuto dare libero sfogo a capricci, impuntature e bizzarrie, deve averla molto divertita, fatta sentire "a casa" in un certo senso; quasi si percepisce il suo spasso nell'interpretare le sfuriate che la vedono comparire in scena nella prima parte del film. La lite con Bianca è fragorosa, cattiva e spietata. Degno contraltare di tanto sdegno è il Petrucchio di Burton, un sornione, furbacchione e perennemente centrato "orsacchiotto", che al momento opportuno sa tirare fuori gli artigli e graffiare con rara intensità. La sa lunga Petrucchio, un guascone gran farabutto. Le loro schermaglie amorose sono un parco di divertimenti per lo spettatore ed il fatto che l'aspetto scenografico sia così ben curato, il ritmo sia a tratti persino smanioso e i costumi siano così spumeggianti eleganti e colorati (tanto da aver ricevuto una candidatura all'Oscar), trasforma La Bisbetica Domata in un assoluto piacere con la P maiuscola. Chissà quanto deve essere costata alla Taylor la scena finale (quella della resa), dove la dolcezza e la docilità si sostituiscono definitivamente alla ribellione iniziale. E' stato sottolineato come Elizabeth la reciti senza apparente ironia, e tuttavia fugga immediatamente dopo aver proferito il suo discorso di assoggettamento. Petrucchio poi non riesce quasi a raggiungerla fuori dal salone, ostacolato da tutti i presenti che formano una sorta di muro umano che lo schernisce, una spia che evidentemente le apparenze erano da ritenersi ingannevoli. E del resto nelle parole di Caterina c'è una sorta di sottinteso allusivo che intende insegnare alle donne come farsi obbedire dai mariti dissimulando arrendevolezza. Caterina è una figura favolosa, capace di assommare in sé una personalità ricca e profonda; rabbia, frustrazione, eleganza, sensualità, languore, disperazione, tante sfumature di un personaggio a tutto tondo, una donna alla quale la Taylor fornisce tre dimensioni (e anche di più), la forza di uno sguardo ipnotizzante e carico di espressività, la solidità di una recitazione sublime. Con tutto il rispetto, credo che anche Shakespeare non trascorra giorno senza ringraziare le muse dell'arte per aver dato quel ruolo a lei piuttosto che alla Loren.

Tra le scene indimenticabili mi piace ricordare quella - apparentemente poco significativa, ma in realtà estremamente suggestiva - dell'occhio violaceo della Taylor che fa capolino dalle persiane del suo terrazzo, mentre scruta le imminenti minacce che si annunciano al palazzo di famiglia (tant'è che poi accoglierà gli ospiti come si deve....). Verrà poi replicata dalla Pyne, in un gioco di rimandi. Il film fu un successo enorme di botteghino, ricevette nomination agli Oscar e ai Bafta (senza però poi aggiudicarsi effettivamente i premi). Durante la lavorazione la Taylor venne raggiunta dalla notizia della morte di Montgomery Clift, suo carissimo amico. L'evento la colpì duramente e la mise alla prova soprattutto nelle parentesi più buffe della sceneggiatura, nelle quali doveva deliberatamente far divertire il pubblico. Momenti simili sono accaduto più volte in carriera all'attrice, la quale ha sempre dimostrato una professionalità granitica nonostante il fato avverso. Rispetto alle pagina skakespeariane, le due ore di pellicola di Zeffirelli tagliano via alcuni dialoghi ed alcune parti, come ad esempio la sottotrama che riguarda Bianca e Lucentio (Michael York).

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica