Sequel del primo capitolo del 2018 firmato Michele Soavi. Cambio praticamente di ogni cosa, regia, interpreti, epoca storica, questo secondo episodio è in realtà un prequel poiché spiega le origini della Befana, che nel film del 2018 ha il volto di Paola Cortellesi. Qui andiamo indietro nel tempo, fino al XVIII secolo, nella Roma papalina o meglio, nelle campagne intorno all'Urbe, dove alberga Dolores (Monica Bellucci), una strega che bada mille bambini orfani strappati alle grinfie del potere malvagio incarnato dal barone De Michelis (Fabio De Luigi), uomo del Papa, avido, ambiguo e meschino. Dolores salva dal rogo l'ennesima ragazzina presunta strega (Zoe Massenti), De Michelis se la lega al dito e dà loro la caccia, ingaggiando una lotta senza quartiere contro le streghe ed i loro bambini. - SPOILER: Dolores scoprirà che la ragazza è l'incarnazione dell'antica profezia della Befana, un'altra strega buona che porterà il sorriso sulla bocca di tutti i bambini. Dovrà sudare le sette camicie per convincere la diretta interessata, ladra di professione, orfana e dal cuore indurito dalla vita di strada, ma alla fine naturalmente il bene trionferà ed i bambini avranno finalmente la loro Befana, una tradizione che continuerà a rinnovarsi per sempre...fino al film con la Cortellesi, ambientato ai nostri giorni.
Non si poteva che migliorare rispetto al terribile primo capitolo ed infatti così è, ma non solo per i demeriti del film di Soavi, bensì anche e soprattutto per il buon livello di quest'opera della Randi, dal taglio decisamente diverso e assai più convincente. L'operazione appare meno estemporanea e assai più meditata, ergo curata sotto ogni aspetto. Buone regia e fotografia, c'è evidentemente l'intenzione di "costruire" il film e la storia, di dargli respiro e corpo. A prescindere da tutto il resto, l'aspetto formale e visivo dei fotogrammi è gradevole, apprezzabile, ha una sua atmosfera palpabile, la Randi ha una mano felice. La Bellucci è deliziosa, la sua Dolores è una strega un po' agée, con evidenti problemi di memoria, molto dolce e materna, ma con un grande dolore serbato nel cuore, la perdita di un figlio e lo sdegno del marito; suo è il compito di riconoscere ed istruire la riottosa Befana, di cui evidentemente fa le veci fino al compiersi della profezia. Mi ha stupido De Luigi, attore che solitamente non mi impazzire su grande schermo (mi pare molto più adatto alla tv) e che qui invece finalmente si cimenta con un ruolo d'attore a tutto tondo anziché con una variazione sul tema del suo solito personaggio goffo e imbranato tutto facce e mossette. Lo accompagna Herbert Ballerina, improbabile sgherro pavido e destinato a prendere eternamente calci nel sedere. Ci sono poi le comparsate di lusso di Alessandro Haber (padre del barone), Francesco Paolantoni (un monsignore) e Corrado Guzzanti (ovviamente... il Papa), poche pose che per la verità non aggiungono granché al film ma probabilmente hanno aiutato al botteghino.
Ci sono anche note dolenti, gli effetti speciali continuano ad essere dignitosi ma mai al pari della concorrenza estera. Alcuni momenti sono prepotentemente mirati sui bambini, sul film per famiglie e in qualche misura abbassano un po' l'asticella, anche se è comprensibile dato il target che un film del genere fisiologicamente si deve assegnare (anche considerando il budget impiegato, chiaramente superiore rispetto al primo episodio). Infine il ruolo di protagonista, assegnato ad una stellina dei social, la tiktoker Zoe Massenti, che certamente avrà mille talenti ma la cui biografia conta almeno sin qui poco altro che Tik Tok. Ce n'era proprio bisogno? Non era possibile trovare un'attrice? Immagino il tripudio nelle tante scuole di cinema e di teatro sparse nella penisola. L'ennesimo schiaffo in faccia, la conferma che tv e social valgono più di qualsiasi curriculum e gavetta. Senza ombra di dubbio quel nome avrà convinto frotte di ragazzini e ragazzine a guardare il film (possibilmente pagando il biglietto), una scorciatoia talmente facile che la Lucky Red non si è sentita di farne a meno.
La parlata coatta e romanesca della Massenti (per tutto il film) appesantisce parecchio la visione. Se l'intento era l'effetto comico, il risultato è irritante anziché divertente. Il contraltare con la soave delicatezza della Bellucci (che cinguetta persino in francese) stona da morire; tanto valeva affiancare un Ferilli alla Massenti. Ok, mi è chiara l'origine popolana e popolare della Befana, "regazzina" ladra e da battaglia, ma siccome di prodotto artistico stiamo parlando, le regole per renderlo digeribile e gradevole andavano comunque salvaguardate, a meno di non voler produrre un film pasoliniano, ma direi che tutta la confezione , Massenti a parte, va nella direzione opposta. Un lavoro elegante, fiabesco, anche ricercato, dal vago tocco fantastico, che poi si infrange contro una specie di commissario Giraldi al quale mancano solo le parolacce (il pubblico prediletto è pur sempre quello dei bambini). Per altro, non è comprensibile perché poi la Befana cresciuta, con il volto della Cortellesi, cambi completamente indole e parlata, esprimendosi in corretto italiano. Stendo un velo pietoso sul balletto finale, imbarazzante tributo all'universo di Tik Tok, il momento che tutti gli under 14 aspettavano sin dai titoli di testa (del quale per la verità c'era già stata una fugace anticipazione strada facendo, verso circa metà film). Insomma, la seconda Befana è di gran lunga preferibile alla insulsa prima, ha pregi e difetti, ma complessivamente è un film che almeno non ti lascia la sensazione di aver sprecato del tempo guardandolo.