
Kinski Paganini ridefinisce il concetto di onanismo autocelebrativo. Klaus Kinski nel 1989 dirige questa parodia....pardon....questo "estroso" film sul celebre violinista italiano; non è un biopic, non è un documentario, non è neppure un film nell'accezione comune del termine, è un insieme di tutte queste cose, e più precisamente è puro esibizionismo orgiastico da parte di Kinski. Dalla critica cinematografica è stato definito in ogni modo negativo possibile, immaginabile, esistente sul dizionario, ed in effetti aggettivi come "delirante", "sconnesso", "goffo", "pazzoide", "megalomane", "allucinato" (e allucinante), "farneticante", "smanioso", "assurdo", "folle", "febbrile", "inconcepibile", "invasato", "demenziale", "sconclusionato", bastano appena a dare un'idea della maledizione che ci si attirerà addosso vedendo il Paganini di Kinski. Se preferite la versione politicamente corretta, sostituite tutti i termini precedenti con "poetico", "visionario", "sperimentale", funziona sempre; detto questo però, vi avviso che potreste trascorrere l'ora e mezzo più improbabile che abbiate mai trascorso davanti ad uno schermo, nel tentativo di vedere qualcosa che vagamente abbia una forma compiuta di film o lungometraggio.
Quella in mio possesso è l'edizione tedesca doppio disco della SPV, che contiene sia la versione cinematografica (82 minuti) che quella originale, diciamo così "uncut", approvata dall'autore (95 minuti), oltre ad una lunga serie di extra comprendenti scene mai viste, il making of, interviste e speciali vari. La differenza tra le due versioni del film è notevole, non solo perché molte sequenze (ovviamente le più hard) vengono spazzate via negli 82 minuti, ma anche perché c'è un diverso montaggio, tant'è che la versione originale ha tutto un altro inizio (vagamente più sensato da un punto di vista logico) rispetto alla "kino fassung". Ora, parlare di montaggio per Kinski Paganini è come parlare della corda in casa dell'impiccato, poiché la prima cosa che salta all'occhio anche allo spettatore più disattento è che il film sembra "non montato", le sequenze si susseguono non dico random, ma poco ci manca, e presumo che quell'ordine cronologico sia semplicemente quello che a Kinski piaceva nei 5 minuti immediatamente successivi alla fine delle riprese. Giustamente il Dizionario Stracult parla di film "non girato", "non costruito", "senza storia" e "senza testa" (e molto probabilmente "non montato"). Si sa per certo, lo dice la Grimaldi, che si girava senza trucco e senza luci, che tradotto vuol dire: alla cazzo. E questo esaltava moltissimo Kinski, che ci vedeva dentro tutte le sue fregole autorali herzogiane. L'identificazione tra Kinski e Paganini è totale, a cominciare dal titolo. Tutto quello che nel film si dice di Paganini è attribuibile a Kinski e viceversa (e c'è pure un po' di Nosferatu dentro); l'attore di origini polacco-tedesche si cuce addosso il personaggio, e semplicemente recita se stesso con la variante dei vestiti d'epoca (del resto nel film ci sono pure suo figlio Nikolai di 13 anni, e la sua compagna dell'epoca, la Caprioglio, che più o meno ha l'età del figlio). Le donne hanno orgasmi solo a sentire suonare Paganini, mentre di lui si dice che suoni "col membro eretto".
Sul set si circonda di attrici da stuprare (e non è un eufemismo), abbiamo nell'ordine: Dalila Di Lazzaro che si masturba per Kinski (l'unica che si salva dalle mani dell'orco); Tosca D'Aquino che ho riconosciuto a stento poiché nel film tutto si vede tranne che il suo volto...prima è in ginocchioni ad altezza pube di Kinski (e il problema non è che si è incastrata la zip), poi e distesa nel letto mentre il signor Kinski gentilmente gliela lecca, poi la sbatacchia come un fuscello contro qualsiasi oggetto d'arredamento mentre la penetra sul pavimento, infine si passa alla classica pecorina; segue la Caprioglio, un leit motiv del film (l'amante più coriacea di Paganini), che ammiriamo in un campionario non indifferente di posizioni, sopra, sotto, nuovamente a pecora, e poi anche con strabordante seno da strizzare a piaser; passiamo a Eva Grimaldi, cavallerizza che semplicemente si cala le braghe, le cala a Paganini, e si serve la cena. En passant abbiamo pure una piccoletta bionda che, come un'ossessa, reclama il membro di Paganini, tant'è che lui, quasi nauseato dalle urla e dagli schiamazzi, è costretto a prenderla da tergo per una seconda volta, visto che la prima si era fatta in posizione frontale; poi chiaro, masturbazioni in nome del Dio Paganini si sprecano, con una encomiabile attenzione per il dettaglio anatomico "di profondità". Dice, ma allora è un film erotico? Noooooooo, e che stiamo scherzando! E' un film d'autore, "visionario" e "poetico" (se guardate la "versione originale" voluta da Kinski è proprio porno in certi momenti, però voi fate finta di niente e tirate dritto).
Forse ancora più divertente del film è la serie di documentari del mio preziosissimo DVD, in buona parte con audio italiano poiché, trattandosi di una produzione italiana (Augusto Caminito) sul set si parlava anche italiano (ma Kinski con nonchalance passa dal francese, all'inglese, all'italiano e naturalmente al tedesco). Sul set Kinski cazzia tutti, senza problemi, canate e secchiate di sterco come se piovessero, e tutto perché non si collaborava fattivamente alla creazione di un film "extraordinario", come lui stesso fa umilmente notare al popolo bue. Assistaimo pure ad una conferenza stampa per il film a Cannes, durante la quale Kinski manda a cagare qualsiasi essere vivente nel raggio di 100 chilometri. Nel documentario la Caprioglio (all'epoca a stento maggiorenne e cognomata "Kinski" pure lei) sta attaccata a quel popò d'uomo come una cozza sullo scoglio, è il suo eroe, il suo genio incompreso, soprattutto quando in Ferrari Testarossa la porta a cena al ristorante chic in mezzo alla city, mentre il popolino esclama: "mejcojoni!". La povera D'Aquino, alle sue primissime esperienze cinematografiche, manca poco piange per tutto quello che Kinski le dice e le fa; con la sobrietà che gli è tipica, davanti alla troupe le ripete che la sua recitazione nella scena d'amore fa schifo, dopodiché decreta il ciak e attacca a leccarle la passera come un San Bernardo affamato da settimane. Immaginatevi voi 'sta povera donna cosa deve aver provato dentro di sé in quei lunghi interminabili giorni di "grande cinema". La sensazione è che il girato sia stato 10 volte tanto il "montato" (termine, come detto, da usare con le pinze); Kinski gigioneggia mostruosamente, ed il suo campionario di facce, camminate zoppe e gesti eclatanti, rimane indimenticabile. La scena della morte di Paganini, con sonata ultra luciferina che affoga nei miasmi di sangue del violinista, è degna della Corazzata Potemkin, c'è la scalinata, gli occhi del bambino, la vestaglia damascata.
Devastante il commento sonoro; ok, è Paganini (suonato da Accardo) direte voi. Ma intendo, quanto dura il film, 82 minuti? Ecco, per 82 stracazzo di minuti c'è il violino di sottofondo, sempre, ininterrotto, sempre Diobono! Tant'è che Accardo, finito il repertorio, è costretto a ricominciare da capo ogni volta. I dialoghi sono tutti da inquadrare nella loro giusta ottica, poiché non succede che l'attore muove la bocca, magari guarda un altro personaggio e proferisce un discorso, caratterizzato poi dal classico botta e risposta; nooooooooo, pareva brutto a Kinski. Lui gira e fa dimenare gli attori, poi sopra ci monta pezzi di frasi, le interrompe come e quando vuole, non le mette in sincrono con la recitazione, anticipa o posticipa i discorsi rispetto alla presenza degli attori in scena, e soprattutto riempie di parlato sequenze dove nessuno parla. Anche per questo l'idea che il film non sia stato montato si fa abbastanza plausibile. Kinski poi non si fa doppiare, quindi abbiamo l'italianissimo Niccolò Paganini che parla con l'accento straniero. E c'è pure Donatella Erezione, quella di "Shhhplentito Shhhplentente", giusto per non farsi mancare nulla, fa la parte della mamma di una 13enne che viene regolarmente sverginata da Kinski (nel film ha una certa propensione per le minorenni.....nella vita vera invece....). Unico film di Kinski regista e ultimo film di Kinski, che morià due anni dopo.