Ultimo film in carriera per Fernando Di Leo (1985) e manco mai uscito nelle sale italiane grazie a quel "figlio di gentildonna" (come lo definì lui) del produttore che non aveva pagato i contributi ed ebbe problemi con la nazionalità del film (girato a Montecarlo). Inoltre la lavorazione fu travagliata a causa di continui tagli di budget che costrinsero Di Leo a rivedere (arrotondando per difetto) la sceneggiatura. Fatto sta che Killer vs. Killers rimase sul gozzo a Di Leo, tanto lavoro e poi nessuna soddisfazione. Il recupero è avvenuto post, tra i cultisti del cinema di genere, tra i topi archeologi dell'homevideo. Il film bazzica gli ambienti del poliziesco, è un po' action un po' guascone, alla maniera di Di Leo, anche se le migliori cartucce il regista pugliese sembra averle già sparate anni addietro. Killer vs. Killers è cinema degli anni '70 trascinatosi nella decade successiva, ed in qualche misura questa dicotomia si avverte e pesa sul film. Il plot vede un boss (Edmund Purdom, il mitico Dracula che combatte Giandomenico Fracchia) incaricare un team di criminali di trafugare la formula chimica di un carburante sperimentale, e conseguentemente dare fuoco anche a tutta l'industria che la possiede (spionaggio industriale con dolo insomma). Il commando è composto dal killer Sterling (Henry Silva), dallo scassinatore Jaffe (Fernando Cerulli), dal pilota Ferrari (Albert Janni aka Alberto Colajanni, il sosia di D'Alema al Bagaglino), e dalla rapinatrice Cherry (Dalila Di Lazzaro). I professionisti portano a termine la missione in scioltezza, salvo poi venir perseguitati da Purdom, il quale, assicuratosi il bottino, non vuole testimoni. Ecco che i killer del boss vengono sguinzagliati contro il killer Sterling, in una lotta all'ultimo sangue.
Il film omaggia in qualche maniera Giungla D'Asfalto di J. Huston (1950), tant'è che il nome del personaggio di Henry Silva cita apertamente Sterling Hayden. Di Leo ha perso un po' la mano, il film è più goffo e meccanico del solito. Non è tutta "colpa" del regista, Silva è oramai una maschera di fissità, non esiste un'espressione che sia una, pare una statua di cera. Il cast è sostanzialmente fatto di caratteristi, Colajanni fa il controcanto comicarello, Cerulli è una macchietta, sempre con quelle donnine nude che non fanno altro che ballare nel suo salotto, e la Di Lazzaro dovrebbe dare il tocco sexy. Per carità, bella donna (all'epoca), ma il suo personaggio è poco approfondito (come gli altri del resto), e poi l'ho avvertita come una sorta di innesto forzato, troppo glamour, troppo decontestualizzata per una pellicola del genere. Qui si esibisce anche in un siparietto al night dove lavora come cantante, interpretando per intero la canzone "Cry Baby Cry" (forse il suo momento migliore). Assolutamente non credibile quando, durante una rapina ai danni di un business man, per impossessarsi della valigetta che il tipo tiene ammanettata al polso, la Di Lazzaro gli trancia le ossa di netto con delle tenaglie (con dettaglio della mano mozza a terra); al di là della parentesi trucida in un film che trucido non lo è per niente, rimane inspiegabile come una silhouette filiforme come quella della Di Lazzaro possa imprimere tanta forza da spezzare - con nonchalance - il polso di un uomo.
Il film procede in modo un po' sbrigativo, e spesso e volentieri i dialoghi sono mediocri (ad esempio il confronto a più riprese tra Silva e Colajanni che decidono di passare al contrattacco contro Purdom, è una sequela di frasi fatte, ripetizioni e lunghi periodi vuoti e inconcludenti). Certi "effetti speciali" sono ultra cheap (il modellino di barchetta che esplode, i corpi disintegrati dal bazooka di Silva, le esplosioni "in automatico" della automobili cappottate giù nei dirupi). Le scene in cui il commando si allena, ognuno rispettivamente nella propia specialità (con Colajanni che sgomma così, alla cazzo, e Silva che va addirittura ai giardinetti a prendere a fucilate di sonnifero cittadini scelti a caso) fanno un po' sorridere. Inoltre anche la fine, intendo proprio il fotogramma ultimo su cui arriva la scritta "Fine", mozza ab rupto il film, quasi a rimarcare una certa svogliatezza a procedere. Detto tutto ciò, Killer vs. Killers potrebbe sembrarvi una schifezza, e invece non lo è. Sarà una forma di guilty pleasure, sarà che quando si parla di Di Leo del buono c'è sempre, ma alla fine l'impresa del commando malavitoso si segue volentieri; rimane una certa spettacolarità, un canone tipico del genere che ci fa provare un senso di familiarità, ed una indubbia leggerezza che, sebbene talvolta sconfini in superficialità, permette una visione serena e tutto sommato a sprazzi anche divertente. Semplicemente un film minore di Di Leo che, per completismo, si può tranquillamente vedere. Probabilmente nemmeno il 5% di ciò che accade sarebbe potuto andare nella realtà come ci viene raccontato, ma alla fine...chissene. Conosciuto anche con il titolo di Commando di Morte e Death Commando per il mercato angolofono. Edito in dvd da Rarovideo in versione cofanetto assieme a Il Boss (sempre di Di Leo naturalmente).