Dopo quattro film (cinque per l'esattezza, considerando anche l'inedito L'Amore Sporco Di Valeria del 2003) pensati, scritti, diretti e montati in modo totalmente autonomo, autarchico e indipendente da Roger Fratter, arriva una proposta che incuriosisce il cineasta bergamasco. La Excelsior Cinematografica, nella figura del Presidente Cesare Geremia Giromini, contatta Fratter per affidargli la direzione di una sceneggiatura che "conta". L'accordo produttivo per la distribuzione del film infatti prevede l'uscita nei cinema e in campo internazionale. Per questo motivo la pellicola sarà fisicamente tale, ovvero la mitica pizza da 35 mm che i proiezionisti maneggiano in sala.
La sceneggiatura intriga Fratter, trattandosi sostanzialmente di un horror a sfondo paranormale e con alcuni elementi a lui cari, come l'indagine del mondo femminile, la telepatia, rapporti umani e psicologie oblique. Parte il progetto. Nel corso del tempo lo script subisce ripetuti rimaneggiamenti, dovuti pare all'insorgere di appetiti diversi per quanto riguarda la distribuzione del film. Ora deve essere un giallo, ora un thriller, ora deve edulcorare gli elementi troppo orrorifici e violenti, ora deve addirittura avere un occhio di riguardo per una eventuale programmazione televisiva. Circolano numerose copie e versioni, Fratter pensa persino di mollare, finché - un po' a sorpresa - viene fissata la data effettiva dell'inizio delle riprese e tutto torna in carreggiata. Che il film sia nato in un modo e sia terminato in un altro lo si avverte durante la visione e, ad esempio, anche nelle dichiarazioni rilasciate ex post dai vari protagonisti; da Fratter stesso a Giromini, non ultima la protagonista principale, Eliza Ryciak, appare piuttosto evidente un misto di soddisfazione per aver portato a casa il film e amarezza per un certo senso di incompiutezza finale.
Come detto, guardando Innamorata Della Morte, ho percepito (senza bisogno di doti paranormali) una qualche indecisione sulla strada da prendere, o perlomeno una serie di strati ammassati l'uno sull'altro che poi non riescono a trovare ciascuno la propria applicazione e risoluzione all'interno dei 90 minuti circa di durata. Il soggetto di fondo è effettivamente assai interessante, il rapporto empatico e spirituale tra due sorelle, legate da un segreto a sfondo paranormale che le segna fin dalla fanciullezza e che regolerà anche in seguito tanto il loro legame quanto il loro connessione con la realtà. La pellicola si dipana su più piani temporali, raccontando e mostrando l'antefatto (il prologo), passando al tempo presente (circa 8 anni dopo) e concludendosi con un epilogo, assolutamente pregnante e risolutivo. Innamorata Della Morte è fecondo di spunti horror, che tuttavia rimangono sullo sfondo, talvolta lievemente lambiti ma mai esibiti con particolare intensità in faccia allo spettatore (che invece molto probabilmente se li aspetterebbe pure). Regna una certa ambiguità, nel senso buono del termine; Fratter fa di necessità virtù, riuscendo a creare inquietudine, suspense, malessere, grazie all'interpretazione puntuale degli attori ma anche e soprattutto grazie al tono sospeso del racconto, a tratti persino polanskiano, alla fotografia (con suadenti dominanti blu e azzurre), alle zone d'ombra, all'uso di determinate inquadrature, al doppiaggio e naturalmente alla scelta delle musiche. Felicissima stavolta la colonna sonora scritta da Massimo Numa.
E' anche vero che dopo l'inizio scoppiettante, il film si attesta su binari sostanzialmente "drammatici" (ancorché vagamente soprannaturali) e per una quarantina di minuti circa si cerca di immaginare come classificare esattamente il tutto e dove si voglia andare esattamente a parare. In certi passaggi si sentirebbe il bisogno di un affondo sul pedale dell'acceleratore, magari qualche. immagine o dialogo più pregnante, più derimente, tuttavia la svolta arriva intorno all'oretta di visione, quando una scena rimescola tutte le carte e fa scoppiare di adrenalina il cuore nel petto dello spettatore. Mi riferisco alla dialogo della Ryciak con una misteriosa figura incappucciata, nel confessionale di una chiesa. Concretamente si tratta di un monologo dell'attrice, vissuto attraverso una grata; un passaggio teso come una corda di violino e potentissimo, nel quale la Ryciak si rivela un'attrice con i controfiocchi. Da quel momento il film prosegue in discesa, sino al finale (questo e il confessionale sono pagine di sceneggiatura scritte ed inserite di sana pianta dallo stesso Fratter), intenso ma rispettoso dell'ambiguità che ha caratterizzato la concatenazione dei vari eventi.
La materia prima, il 35 mm, fa una gran differenza; nonostante il senso di indefinitezza ed incompiutezza del film, Innamorata Della Morte cattura con grande magnetismo lo spettatore. Ma il merito, come è ovvio, va soprattutto a Fratter, che riesce nella non facile impresa di dar forma all'acqua, ingabbiandola in qualche modo in una forma fisica che fa baluginare allo spettatore una fisionomia, una serie di figure, di contorni, anche se per per pochi attimi (estremamente gratificanti). Fa il suo esordio qui Micol Olivieri (è la versione piccola della Ryciak), che poi si affermerà come starlette televisiva con I Cesaroni). Al solito, Fratter non rinuncia ad una punta di erotismo, mai assente nei suoi lavori. Non che in Innamorata Della Morte si veda chissà cosa, tuttavia bastano poche scene, dettagli, piccoli particolari a creare un profumo di sensualità latente. Su tutte mi viene in mente la bellissima scena notturna della Ryciak che esce dagli studi cinematografici dove lavora come truccatrice, avvolta da un vaporoso abito completamente nero; Fratter la riprende dal basso verso l'alto, in una lenta e sinuosa carrellata che pare quasi un estratto da una sfilata di moda e che esalta l'aristocratica bellezza del corpo della Ryciak, pur essendo completamente coperto e celato ad occhi indagatori e pruriginosi.
Rimane un senso di estremo piacere allo spettatore al termine del film. Si percepisce che forse non tutto è andato come prestabilito all'inizio, ma disguidi, imprevisti ed incidenti di percorso non sono stati sufficienti a fiaccare la fiamma creativa di Fratter, che pone la sua firma su una storia che, perlomeno inizialmente, sua non era. Il sodalizio con Excelsior proseguirà infatti con il successivo Mimesis, di cui ho già scritto su Cineraglio. Davvero un buon lavoro, raffinato, accurato, sottile, particolare che, lungi dal rappresentare un intoppo, valorizza ulteriormente la nutrita filmografia di Fratter,