Il Tuo Vizio E’ Una Stanza Chiusa E Solo Io Ne Ho La Chiave

Il Tuo Vizio E’ Una Stanza Chiusa E Solo Io Ne Ho La Chiave
Il Tuo Vizio E’ Una Stanza Chiusa E Solo Io Ne Ho La Chiave

Terzo film della Fenech con Sergio Martino (come regista, perché come talent scout lui e suo fratello Sergio avevano già spianato la strada all'attrice franco-algerina, ad esempio impiegandola in I Peccati Di Madame Bovary) e terzo giallo thriller realizzato nell'arco del triennio '70 - '72. Oltre alla Signora Wardh e a Tutti I Colori Del Buio poi la Edwige era stata anche Jennifer in Perché Quelle Strane Gocce Di Sangue Sul Corpo Di Jennifer? per Giuliano Carnimeo ('72), un periodo insomma nel quale uno dei volti del nostro cinema bis divenuto celebre prevalentemente per la sua bellezza e sensualità era in realtà impiegato per pellicole né comiche né squisitamente erotiche, anche se naturalmente una componente sexy è innegabile nei gialli dell'epoca. Il Tuo Vizio E' Una Stanza Chiusa lo esplicita sin dal titolo (di nuovo un "vizio"...), che appare in sovraimpressione mentre sullo sfondo già si consuma un rapporto tra Luigi Pistilli e Anita Strindberg, e ispirato da un biglietto letto nel primo giallo della coppia (quello della Signora Wardh) ed anzi attribuito a Freud. Una frase estremamente morbosa, misteriosa e conturbante, ideale per le atmosfere del film che Martino si proponeva di fare, anche se direttamente non riconducibile a nessuna situazione specifica in sceneggiatura.

Semmai il rimando più prossimo è a Il Gatto Nero di Edgar Allan Poe, racconto al quale Martino rimane abbastanza fedele, perlomeno negli snodi salienti. Attorno imbastisce una vicenda che un po' si ispira anche al caso di cronaca del Delitto Fenaroli (1958); anche qui, nessuna derivazione immediatamente diretta ma una cornice, un clima, allusioni che pervadono più di un giallo martiniano. Così come sono da rintracciare anche scampoli di fotogrammi de I Diabolici di Clouzot (1955). Suggestioni noir, decadentismo, erotismo, i tre gialli zoofili di Argento alle spalle, l'uso abbondante di zoom, effettacci magari a buon mercato ma sempre efficaci, musiche da pelle d'oca; un quadro che ben caratterizza e descrive quella stagione di cinema commerciale, artigianale, popolare italiano. Un decennio nel quale si producevano fino a 350 film all'anno (record ancora oggi ineguagliati), nonostante una critica punitiva, barbara e sanguinaria. Martino non reputa neppure uno dei suoi migliori questo Il Tuo Vizio E' Una Stanza Chiusa, eppure a rivederlo quasi 40 anni dopo, pur con tutte le sue ingenuità e semplificazioni, rimane una prova di grande fascino e suggestione, e non solo perché - come direbbero i maligni - la Fenech mostra generosamente le proprie nudità. Per altro la Fenech fu più una scelta obbligata che voluta, poiché il suo personaggio poco si prestava alle forme e alla vera età dell'attrice; doveva trattarsi di una studentessa sedicenne o poco più, dall'aspetto efebico e ancora acerbo, non esattamente il burro e la margarina della Edwige insomma, che infatti si ritrovò con un caschetto sbarazzino e degli abiti di scena da collegiale. Certo, lo sguardo da cerbiatta la salvava in corner, ma il resto corpo andava in tutt'altra direzione (ridurla ad efebica ragazzina era impresa improba). Il suo nome in cartellone però era talmente una garanzia al botteghino che la coerenza narrativa passò agilmente in secondo piano.

Assai più algida la Strindberg, per altro costretta ad un aspetto da casalinga disperata piuttosto marcato, ma inevitabile per la sceneggiatura. Da segnalare anche una giovanissima Dalila Di Lazzaro praticamente all'esordio (accreditata come "ragazza che si spoglia", è la campeggiatrice che subito all'inizio balla nuda sul tavolo di casa Rouvigny), una pimpante Enrica Bonaccorti in versione prostituta con parruccone biondo platino, una splendida Daniela Giordano e financo Nerina Montagnani. Il comparto maschile vede uno stropicciatissimo e maledetto Luigi Pistilli, un improbabile ma carismatico Ivan Rassimov e un Franco Nebbia commissario molto Vecchia Romagna (benché siamo in Veneto, dalle parti di Abano Terme). Lo dico senza mezzi termini, a me questo capitolo della filmografia di Martino piace parecchio, lo trovo quasi irresistibile, si respira un'atmosfera malsana e deviata degna di Poe, come fosse una novella casata degli Usher in disfacimento. Bello anche il personaggio della Fenech, Floriana, ambiguo e affatto banale, diversamente dai ruoli di vittima e/o brava ragazza interpretati sin qui. L'inizio è da brividi, con la comune hippie che popola il vicino campeggio e che si riunisce a casa dei decadenti Rouvigny, in un crescendo di psichedelia, situazioni oniriche, esasperate e paradossali.

L'aneddotica ci racconta di un Pistilli abbastanza inorridito dal seno - rifatto e gelido al tatto - della Strindberg, di una trovata come quella della frase maniacale ossessivamente ripetuta alla macchina da scrivere ("uccidere e murare in cantina", e poi "vendetta"), anticipatrice dello Shining di Kubrick, del gatto che poi era una gatta appartenente ad una signora un po' sorda con la quale era difficile comprendersi (grande prova pure quella del gatto, in un'epoca in cui agli animali andava effettivamente fatto fare quello che si vede sullo schermo), nonché di un product placement evidentissimo (J&B, acqua Pejo, intimo Roberta, sigarette varie), cosa abbastanza usuale in quegli anni. Senza voler spoilerare troppo, sono proprio i rapporti tra i personaggi ad essere ben costruiti e intrecciati, in un dedalo quasi inestricabile contrassegnato da una reciprocità continua che permette rovesciamenti di campo e colpi di scena. Certo, Il Tuo Vizio E' Una Stanza Chiusa non è Antonioni (e per fortuna, dico io), ma assicura un'oretta e mezzo di suspense, sangue, psicologia e sensualità (torbida) ad altissimi livelli, livelli che dopo gli anni '70 nel cinema italiano si sono raggiunti piuttosto raramente.

Trailer ufficiale

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