
Esordio alla regia di Michael Crichton (sebbene nel '72 avesse diretto il film tv Pursuit), praticamente costretto visto che soggetto e sceneggiatura erano suoi e la MGM premeva perché fosse lui stesso ad occuparsi della pellicola. Nessun'altro Studio si era mostrato interessato al progetto, troppi soldi, troppi effetti speciali, troppe beghe per una trama che poteva rivelarsi tanto una genialata quanto una incredibile cantonata. Molto sarebbe dipeso dal budget messo a disposizione e da come un bravo regista lo avrebbe saputo fra fruttare, insomma una tale messe di "se" e di "ma" che tutte le case cinematografiche rimandavano al mittente lo script, tutte tranne la MGM. Tuttavia - dice Crichton - nell'ambiente all'epoca era noto che lavorare con la Metro era una spina nel fianco, poiché la Produzione avrebbe influenzato e messo bocca sul film fino quasi ad appropriarsene. Crichton però non aveva molta scelta e si imbarcò con la MGM nonostante tutto. Non va affatto sottovalutata l'inesperienza dello scrittore di Chicago davanti ad un progetto così faraonico, perlomeno nelle intenzioni, anche se poi si cercò di contenere il più possibile il budget. Pur consapevoli di ciò, ancora oggi Il Mondo Dei Robot detiene diversi record all'attivo: è ritenuto il primo film nel quale si fece ricorso alla grafica computerizzata (la vista "digitale" del pistolero Yul Brinner, pochi secondi di sequenza, anche bruttarelli e primitivi rivisti oggi, ma che richiesero mesi di duro lavoro), è il primo film in cui si parla apertamente di virus in relazione a dei computer, alla capacità di generare macchine da parte di altre macchine, alla rivolta contro la razza umana, oltre ad alcuni dettagli che sono stati poi citati da film di fantascienza dei decenni successivi (la soggettiva del robot con la vista computerizzata o il suo progressivo disfacimento epidermico che ne evidenzia tratti metallici e cibernetici, pari pari rivisti in Terminator ad esempio).
Westworld (questo il titolo originale) è il capostipite dei film sui robot che si ribellano all'uomo; certo accade non consapevolmente ma a causa di un'avaria che si propaga in modo virale tra le macchine, tuttavia ad un certo punto accade che degli androidi - ancorché estremamente sofisticati e messi a punto da altri androidi (anche se la cosa viene sommariamente detta nel film e non approfondita in alcun modo), il cui unico scopo è servire l'uomo e divertirlo nel contesto di un immenso parco di divertimenti per adulti - si trasformino nel peggior incubo, arrivando addirittura ad uccidere. Un tarlo di Crichton che suppergiù riproporrà lo stesso concetto in Jurassic World (ma anche in Runaway, 1984), slittando da viti e bulloni a genomi ed esperimenti con il Dna. Il monito all'uomo però rimane il medesimo, spingersi troppo oltre, ergersi a novello leviatano, significa pretendere di sapere da dove si inizia ma la fine sarà ignota ed imprevedibile. Siamo in piena distopia. Il mondo parallelo di questi robot è articolato in tre ambienti tematici, antica Roma, Medioevo e frontiera del West (due di stampo europeo ed uno prettamente yankee), che la distribuzione italiana traduce negli orrendi Romamunda, Medievalia e Westworld. A Roma si può assaporare peccato e decadenza, nei castelli medievali il mondo cavalleresco, immani banchetti e generose scollature a balconcino, e nel west imperano violenza, lunghe cavalcate, pistole e avanguardia di frontiera. Il film si concentra primariamente su quest'ultima ambientazione (perché i due protagonisti, Richard Benjamin e James Brolin, hanno scelto il West), concedendo di tanto in tanto uno sguardo fugace sugli altri due mondi paralleli (quasi per niente quello romano, appena un minimo quello medievale). Nel West i clienti/turisti si imbattono in serpenti meccanici che mordono e in pistoleri vendicativi che tornano continuamente dalla "morte" per fare la pelle a chi li ha crivellati di colpi. Robot che diventano praticamente degli zombi elettronici, dei revenant di acciaio e silicio.
Il film è molto breve (anche troppo) e per tutta la sua durata si respira un'aria inquieta da cupio dissolvi. Ci sono rapidi flash divertenti (come la riproposizione della rissa di un tipico saloon), ma è chiaro sin da subito che qualcosa andrà storto. Curioso il fatto che l'eroe della situazione sarà il mite Benjamin con il physique du role da commercialista, anziché il maschio alfa James Brolin (personaggio un po' stupidino il suo), anche se il volto che più di ogni altro passerà alla storia (cinefila) de Il Mondo Dei Robot sarà quello di Yul Brinner, tre battute di numero in copione (ma con la voce di Glauco Onorato), sguardo alienato (favorito da speciali lenti a contatto) ed una camminata robotica impettita e comica al contempo, che tuttavia ne acuisce il senso di ottusa reiterazione tipica del personaggio, il quale indossa addirittura gli stessi abiti di scena del pistolero di Brinner ne I Magnifici Sette (di John Sturges, 1960). All'epoca Brinner aveva 53 anni, era sostanzialmente a fine carriera e il fisico appare anche leggermente imbolsito con un accenno di pancetta. Il Mondo Dei Robot, oltre che un prodotto di serie B, era anche una scommessa tutta da decriptare per un attore del suo calibro e con il suo curriculum, per quanto anche questo titolo (persino più di altri) abbia contribuito ad eternare la fama dell'attore russo, naturalizzato poi americano. Nessuno credeva in Crichton e nel suo film, la MGM lo fece montare due volte cambiando montatore e vennero girate ulteriori scene aggiunte poi alla versione finale. Sembrava un disastro annunciato, un patchwork maldestro; la MGM fu quasi sul punto di non distribuirlo ma alla fine prevalse la logica commerciale... e fu un bene visto che Il Mondo Dei Robot si rivelò un grandissimo successo che generò un sequel (Futureworld - 2000 Anni Nel Futuro, 1976) e due serie tv (Alle Soglie Del Futuro /Beyond Westworld, 1980 e Westworld - Dove Tutto E' Concesso, prima stagione del 2016 e tutt'ora in auge).
Crichton ne uscì con le ossa rotte per la fatica e lo stress, convinto per altro che nonostante il buon successo, il pubblico non avesse capito fino in fondo il film, scambiandolo per puro intrattenimento, laddove invece il regista aveva inteso lanciare dei moniti accorati e assai preoccupati sul futuro prossimo dell'umanità, affaccendata in una avventata corsa tecnologia e appestata dell'avidità delle grandi corporation. Ci vollero ben cinque anni prima che tornasse a dirigere una nuova pellicola (affatto rassicurante, come Coma Profondo). Cinquanta anni dopo, Il Mondo Dei Robot rimane tematicamente di grandissima attualità, sebbene tecnicamente risulti un film un po' datato e con delle evidenti ingenuità realizzative, dovute però anche ad un budget sin da subito inadeguato al respiro che la sceneggiatura intendeva dare al film. La visione però mantiene inalterata tutta la suggestione che il nucleo narrativo offre allo spettatore, il cast è di gran qualità, Brinner terrorizza tanto il povero Benjamin quanto lo spettatore ed il finale, ancorché "positivo", non cancella dalla mente il dubbio che tutto sia solo l'inizio e che presto l'incubo tornerà a ripetersi.