I Tre Giorni Del Condor

I Tre Giorni Del Condor
I Tre Giorni Del Condor

Il film di Pollack, che proviene dal romanzo di James Grady con tre giorni in più (I Sei Giorni Del Condor), è considerato il migliore nel cosiddetto genere spionistico cospirativo, uno di quelli dove non ti puoi fidare di nessuno, dei tuoi colleghi, degli amici, di chiunque tu conosca, sei braccato e se ti guardi allo specchio puoi arrivare a mettere in dubbio persino te stesso, tanto è assurda la situazione kafkiana in cui sei precipitato, al punto da rendere incredibile ai tuoi stessi occhi ciò che ti sta capitando. E' esattamente questo che pensa il "condor", nome in codice di Jo Turner (Robert Redford), che lavora sì per la CIA ma si limita a leggere compulsivamente libri, giornali e riviste, alla ricerca di tutto ciò che possa essere utile all'organizzazione in termini di progresso, miglioramento, ottimizzazione, prevenzione ed innovazione delle procedure. Tutto il suo ufficio è stato sterminato mentre lui, per caso e per fortuna, era fuori a comprare il pranzo. Da quel momento viene pedinato e gli stessi killer cercano deliberatamente di accopparlo. Quando si relazione ai suoi superiori è peggio che andar di notte, ci mette poco a realizzare che sono gli stessi che gli mandano gli uomini con la pistola. Nel suo girovagare si accasa presso una donna sequestrata fuori da una grande magazzino, Kathy (Faye Dunaway). Nel frattempo cerca di risalire la corrente e scoprire chi vuole cosa da lui.

La faccia di Redford è pazzesca in questo film. Confuso, ingenuo, scioccato e tuttavia determinato. E' l'uomo sbagliato nel posto sbagliato al momento sbagliato, e questa asincronia condizionerà molto probabilmente il resto della sua vita, lo capiamo nel corso dell'ultimo dialogo prima dei titoli di coda che scambia con Higgins (Cliff Robertson), sotto le insegne del New York Times. Il clima è tutto in questa pellicola di Pollack, il senso di minaccia, di caccia all'uomo, il rischio ed il pericolo, l'ossessione, tanto quella di fuggire quanto quella di capire. A tener testa al condor c'è mezza CIA (quella deviata.... ammesso che ce ne sia una dritta) e soprattutto Joubert (Max von Sydow), un ex agente di origini europee poi diventato mercenario, assoldato per fare i lavori sporchi, come ad esempio massacrare il condor e tutti i suoi colleghi all'Istituto di Ricerca Storico Letteraria. Complesso e delicato l'equilibrio psicologico che si instaura tra Redford e la Dunaway, qualcosa che sta in piedi nell'universo parallelo dei copioni cinematografici ma che farebbe molta fatica a risultare credibile e possibile nella realtà. Per lo spettatore i due sono semplicemente due bellissimi e talentuosi attori, ma nell'economia del film questi valori aggiunti non dovrebbero avere alcun ruolo, la dinamica è tra sequestratore bruto (che strattona, lega, punta la pistola e inveisce contro la vittima) e povera Crista che non sa come andrà a finire con uno scriteriato che le racconta la storia più folle ed insensata del mondo, e che agita continuamente un'arma davanti ai suoi occhi. Eppure, magia della celluloide, tra i due si crea l'intesa, la fiducia, una sorta di sindrome di Stoccolma, e arriva persino il sentimento. Jo è un "dilettante" senza nessuna dimestichezza con le armi e Kathie è una fotografa tormentata, ma assieme quasi sgominano la CIA, rapiscono capi sezione, Jo centra al primo colpo i suoi inseguitori mandandoli all'ospedale o li fredda dopo violente colluttazioni nelle quali ha la meglio. C'è dell'eroismo in lui che travalica un po' i confini del personaggio ed assume le sembianze dell'attore Robert Redford, ma era inevitabile; lo sapevamo e va messo in conto.

Max Von Sydow è un villain clamoroso, dall'allure di grandissima eleganza e compostezza, e tuttavia implacabile. Il suo vagare da un datore di lavoro all'altro per mero opportunismo ne esalta il cinismo e l'efferatezza, eppure risulta impossibile non esserne attratti. Puro professionismo scevro da ogni moralità ed etica. Un personaggio gigantesco, sebbene appaia per un ridotto numero di minuti in scena. Il film ebbe un impatto notevole negli U.S.A. di allora, perché arrivava in un momento storico nel quale gli americani non erano più disposti a credere ciecamente a ciò che veniva loro raccontato. Le botte prese in Vietnam, il Watergate, lo scandalo dei "Family Jewels" (una serie di documenti riguardanti la CIA che vennero resi pubblici e che dettagliavano un operato non esattamente cristallino e raccomandabile), la fine dell'innocenza era arrivata e la stampa libera costituiva un baluardo per smascherare le ipocrisie e le menzogne dell'Autorità, servizi segreti compresi. Tuttavia non furono risparmiate critiche a Pollack e Redford, noti come Liberali, accusati di aver strumentalizzato la vicenda a fini politici per screditare un certo ambiente Conservatore, anche se i due si difesero definendo il film come tale, soltanto un film, un solido spy-thriller, cosa che indubbiamente è.

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