
Graffiante Desiderio arriva quasi a chiudere la carriera cinematografica di Sergio Martino, in quegli anni dedito oramai più alla tv che al grande schermo. Il suo vero ultimo film (ad oggi) circolato in sala è stato il sequel de L'Allenatore Nel Pallone, nel 2008 (a ben tre lustri da Graffiante Desiderio), e francamente ne avremmo anche potuto fare a meno. In un certo senso quindi la pellicola con Vittoria Belvedere e Serena Grandi è un po' l'ultimo vero lavoro "importante" per il cinema di Martino (sempre nell'ottica del cinema bis). L'ispirazione arriva, per stessa ammissione del regista, da Luna Di Fiele di Polanski che, con i suoi sonanti dollaroni strappati ai botteghini e le sue disamine sociologiche strappate agli editorialisti della carta stampata (un po' come accaduto per 9 Settimane e 1/2), ha influenzato non poco il nostro cinema di genere del periodo, se i vari D'Amato, Martino, etc. sono corsi a farne una propria versione spaghetti. Tuttavia il film di Polanski rimane in background rispetto alla sceneggiatura confezionata da Martino e Maurizio Rasio, visto che il film che ne scaturisce è un ottimo thriller erotico, perfettamente bilanciato tra le sue due componenti principali (sesso e tensione) e del tutto autonomo ed indipendente dal padre ispiratore. Originariamente si sarebbe dovuto intitolare La Ragazza Delle Mimose ma verso la fine della lavorazione si ritenne che un titolo come Graffiante Desiderio avrebbe evocato ben altri appetiti nel pubblico, e quindi garantito incassi potenzialmente più succulenti.
Luigi (Ron Nummi) sta per sposarsi con Cinzia, tuttavia, a qualche mese dalle nozze, nella sua vita irrompe Sonia (Vittoria Belvedere), una cugina che arriva a Rimini da Napoli, in occasione di una ricorrenza luttuosa che riunisce temporaneamente l'intera famiglia. Subito dopo Sonia si trasferisce in Venezuela, ma ritorna a Rimini inaspettatamente sei mesi dopo, a seguito della misteriosa scomparsa dei genitori. Si accasa presso Luigi e, giorno dopo giorno.... - SPOILER: tra i due cugini l'attrazione erotica si fa irresistibile, tanto da provocare la fine del fidanzamento di Luigi con Sonia e il conseguente malessere in seno alla famiglia. Il legame tra Luigi e Sonia si fa sempre più intenso e morboso, tramutandosi progressivamente in una relazione impegnativa e pericolosa. Sonia sfida continuamente Luigi ad alzare l'asticella della trasgressione. Giochi erotici, furti, rapine, fino all'omicidio (e forse al cannibalismo). Quando Luigi, dopo aver perso il lavoro a causa di un inganno ordito dalla stessa Sonia, capisce la donna anziché la sua amante è una terribile minaccia, è oramai troppo tardi. Viene aggredito e storido da Sonia, quindi legato, imbavagliato e seviziato per giorni dentro casa sua. Solo l'intervento della Polizia, chiamata dalla moglie dell'ex principale di Luigi, insospettitasi per la sua prolungata sparizione, salverà la vita all'uomo, liberandolo finalmente dall'incubo.
Sull'affilato filo del rasoio che camminano Nummi e la Belvedere si inseriscono anche altri personaggi collaterali. Andrea Roncato, boss della finanziaria per cui lavora Luigi, in un ruolo stavolta drammatico; Serena Grandi, moglie di Roncato nel film, donna d'affari seducente e disponibile all'adulterio (come il marito del resto); i familiari di Luigi (tra questi Riccardo Perrotti, suo padre nonché altro puttaniere da competizione), Francesca, una povera ragazza adescata in discoteca e sacrificata da Sonia sull'altare della sua follia. Serena Grandi ha un ruolo decisamente minore, ma anche per quel poco che presenzia in scena lascia indubitabilmente il segno. Il suo corpo parla. Va detto però che tutto il peso del film, o quasi, è sulle esili spalle della allora 21enne Belvedere, assai svestita (o in lingerie) e con battute a rischio "ridicolo involontario" non sempre facilissime da rendere credibili. Tuttavia il mestiere di Martino si rivela solido, confezionando una storia ossessiva e patologica che prende e arrovella fino alla fine, quando l'escalation schizofrenica della Belvedere raggiunge il climax. Che fisico la Belvedere, peccato peccato per i sopracciglioni, oggi imperdonabili.
Il film inizia non senza una punta di cinico sarcasmo da parte di Martino, che fa seguire ad una sepoltura una gustosa spaghettata, gocando evidentemente di rimando tra i due momenti opposti. Il buon Luigi lavora in un ufficio strapieno di segretarie sorridenti, tutte in tiro, truccatissime, col tacco e la gamba velatissima, un ambiente uscito pari pari dagli anni '80, come le sopracciglia della Belvedere. L'entrata in "campo" della Grandi ha dell'incredibile; proprio di campo si tratta visto che mentre fa un sopralluogo in aperta campagna, prende una storta al piede indossando nell'ordine: décolleté da ricevimento, autoreggenti a rete, pelliccia, ma.... niente mutande, l'abbigliamento tipico del contadino diciamo. L'autoreggente del resto è un leit motiv del film, non esista un'attrice che ne sia sprovvista, dalla Grandi alla Belvedere (che le indossa pure quando dorme, a letto), dalla discotecara alla zoccolona scambista prelevata ai giardinetti. Il budget deve aver impiegato cifre da capogiro in autoreggenti. Ci mette appena 27 minuti la Belvedere a corrompere Nummi che capitola inaugurando la sequela di amplessi tra i due. Tremendo invece, eroticamente parlando, il balletto della rimorchiata in discoteca durante il ménage à trois, una roba piuttosto goffa e scomposta. Al posto di Nummi (attore del serial americano Quando Si Ama), un po' stoccafisso, doveva esserci Raul Bova, e chissà, forse la Belvedere avrebbe preferito. Interessante invece il tono noir di una Rimini invernale e anticonvenzionale. Decisamente fuori luogo il sottotesto stregonesco/occultustico che vorrebbe Sonia dedita a chissà quali pratiche per "catturare" Luigi e invischiarlo nella sua spirale di morte. Alla fine Sonia è solo una spostata, Satana non c'entra granché. Non manca comunque una citazione esplicita di Luna Di Fiele, con Nummi incerottato sulla bocca e impotente al cospetto di una sexy e sadica Belvedere. Fastidioso il commento sonoro da pianobar che soggiace a molte scene, senza un motivo preciso, se non quello che all'epoca questa cosa andava molto, Dio solo sa il perché.