Malisa Longo nel 1975 compare nella sale cinematografiche italiane con cinque pellicole, questo dà la cifra di quanto macinasse il nostro cinema - segnatamente di genere - in quegli anni; di lì a breve, un lustro e poco più, quella spinta produttiva si sarebbe andata affievolendo, i gusti del pubblico sarebbero cambiati e determinate atmosfere sarebbero state edulcorate o, peggio, abbandonate per sempre. Francesco Degli Espinosa, sceneggiatore, operatore ed assistente alla regia si cimenta come regista (l'unica sua regia in carriera) in una delle pellicole della Longo di quell'anno, il maliziosissimo Giochi Erotici Di Una Famiglia Per Bene, costruito a tavolino per accalappiare quanto più pubblico possibile a partire dal titolo, del tutto fuorviante, ammiccante ma poco fedele a ciò che si vedrà lungo gli 85 minuti di pellicola. Per non parlare delle locandine fatte circolare, una con la Longo in bikini ed una frusta in mano, pronta a "punire" il marito Donald O'Brien (scena che non esiste nel film); un'altra con Erika Blanc terrorizzata che stringe a se il cuscino (scena che non esiste nel film); un'altra con una bionda (che non è nessuna delle attrici del film) che sul letto stringe del denaro, mentre il suo uomo la accarezza (scena che non esiste nel film). Tutte queste versioni, oltre a non essere dei fotogrammi reali, sono anche concettualmente lontane dagli accadimenti della trama. Inoltre di erotismo se ne vede davvero poco, in particolare una scena d'amore tra la Blanc e O'Brien assolutamente minimal, certamente insufficiente a classificare il titolo come un erotico (anche se la Blanc ricorda di essere stata controfigurata per una versione molto più hard della sequenza, da vendere poi all'estero). Siamo mani e piedi nel filone del giallo all'italiana, però nella sua versione più trash, spicciola ed elementare.
Giochi Erotici è sostanzialmente un brutto film, puerile e molto rozzo anche nella sua realizzazione. Si comincia subito con una traversata della città in auto durante la notte, o forse è sera, magari tardo pomeriggio, ad un certo punto pare persino l'alba.... già perché la luce esterna cambia continuamente, tradendo chiaramente un girato in più tappe, appiccicato poi alla bene e meglio al montaggio, col risultato che in una manciata di secondi gli stessi personaggi attraversano un lasso temporale piuttosto ampio. Già questo dà l'idea della cura con cui Degli Espinosa abbia diretto il lavoro. Se si prosegue oltre, ci si imbatte - ahimé - in una recitazione assai modesta, in una trama che è talmente lineare e scontata da far sbadigliare, ed in alcune trovate di un infantilismo e di una semplicioneria disarmanti. Tipo quando O'Brien apre il mobiletto dei medicinali in bagno e ci trova quello con scritto "veleno", manco fossimo in un cartone animato di Will Coyote (per altro, chi non tiene un flaconcino di veleno in bagno, tra i cotton fioc e le lenti a contatto?). Spesso le scene notturne sono talmente scure da non far distinguere un'acca, si vaga a tentoni. Poi si arriva al finale, nel quale Degli Espinosa deve aver assunto sostanze psicotrope piuttosto pesanti perché, dopo un'oretta all'insegna dell'ovvio, decide di mettere in fila addirittura 4 finali, con relativi twist complottistici vagamente alla Lenzi. Peccato che anche in questo caso siano uno più telefonato dell'altro. L'ultimo poi è davvero stupido, concepito tanto per fare l'effetto "wow" ma in tutta onestà mi sono ritrovato a ridacchiare sotto i baffi.
D'accordo la Longo, sempre bella, ma in questa pellicola particolarmente legnosa e stoccafisso; d'accordo la Blanc, più espressiva della Longo ma personalmente non mi ha mai fatto impazzire con la sua allure alla Patty Pravo ancora più allucinata. O'Brien poi è davvero demenziale, costretto per contratto a sgranare gli occhi ogni 3x2. L'assunto iniziale, su cui si basa tutto il film, ovvero che egli sia il presidente di una fantomatica lega per l'abolizione del divorzio, ci colloca subito nella barzelletta (per quanto a tutt'oggi abbiamo esponenti politici italiani che aderirebbero all'istante ad una associazione demenziale e retrograda del genere); e proprio a causa di questa ferrea morale perbenista, tutto ciò che egli compie da quel momento in poi va incorniciato in tale filosofia di vita. Non si capisce allora come possa tollerare di convivere con una prostituta, di flirtare con la nipotina giovanissima (Maria D'Incoronato), che poi tanto giovane non è, ma nel film viene quasi fatta passare per una studentessa, eccetera. Insomma, O'Brien predica bene e razzola male. L'idea era ritrarne la marchiana ipocrisia? Onestamente la sceneggiatura non sembra voler andare in quella direzione. Un brutto film, senza grandi possibilità di appello (del resto la sceneggiatura è di Renato Polselli) e soprattutto irritante nel suo maldestro tentativo di incuriosire il pubblico con l'espediente dell'erotismo che invece latita parecchio. Specchietto per le allodole.