Un anno dopo Film Blu, Krzysztof Kieślowski prosegue la sua esplorazione dei colori della bandiera francese e conseguentemente dei tre valori fondanti della République, libertà, fraternità ed uguaglianza. Stavolta è il turno del bianco e quindi dell'uguaglianza. Ancora una volta, come per Film Blu, il punto di vista del regista polacco non è né politico né militante, quanto piuttosto calato nella realtà concreta, vita vera, minuta, intima, uno sguardo nel sociale che poi, per forza di cose, assume una valenza politica. Sesso e potere (inteso come dominazione) sono i cardini attorno ai quali gira la storia matrimoniale di Karol (Zbigniew Zamachowski) e Dominique (Julie Delpy), che divorziano per volere di Dominique, la quale non ama più il marito e si dichiara insoddisfatta - davanti al giudice - del loro ménage sessuale. Il matrimonio non è neppure stato consumato. Karol cerca di salvare l'onore ma rimane con nient'altro che una valigia tra le mani. La usa per farsi spedire (letteralmente) in Polonia, la sua patria natìa, quando tutto oramai è perduto, moglie, casa, conto corrente. Stringe amicizia con Mikolaj (Janusz Gajos), un uomo triste e misterioso che sembra non avere più nulla da chiedere alla vita. Dopo un inizio difficile, Karol riesce a farsi una posizione e ad arricchirsi. Inscena la propria morte, consapevole che solo con una motivazione così forte Dominique acconsentirà ad andare in Polonia, per assistere al funerale. Durante la cerimonia la donna si scioglie in un pianto di dolore. - SPOILER: Karol si fa trovare sotto le coperte del letto di Dominique e finalmente ne soddisfa le voglie rimaste disattese per anni. Dominique si (re)innamora all'istante dell'uomo che però svanisce nel nulla. Karol fa ricadere sulla "vedova" la colpa della sua morte, fino a farla incarcerare. La vendetta per una vita di umiliazioni e mortificazioni è compiuta, tra le lacrime di entrambi.
Kieślowski sceglie un registro narrativo diverso da Film Blu, la pellicola ondeggia come un pendolo tra il dramma e la commedia grottesca, il che tutto sommato rende la visione meno angosciante rispetto al precedente (bellissimo) capitolo con Juliette Binoche. Sempre di livello il cast attoriale, un interprete migliore dell'altro. Stavolta è tempo di uguaglianza, ma quella che narra Kieślowski è in nero, al negativo. Karol restituisce a Dominique ciò che ha dovuto subire, in un rapporto di amore/odio indissolubile, dove compenetrazione e prevaricazione cono reciproche ed ininterrotte. Alla fine è Karol ad essere diventato uguale a Dominique o viceversa? Un altro dualismo importante nell'economia del film è quello tra Karol ed il suo amico Mikolaj, una figura enigmatica che sembra compiere la parabola opposta al protagonista. Mikolaj esce progressivamente dall'ombra per riguadagnare la luce, mentre Karol perde la luce e scivola passo dopo passo nell'ombra (della vendetta cinica); provenendo da due percorsi opposti si incrociano a metà strada, quando Karol accetta il compito che Mikolaj gli assegna, ed è nell'eseguirlo che avviene il corto circuito. Come per Film Blu, l'uso del colore che dà il titolo al film è elemento descrittivo, onnipresente e allegorizzante di ciò che vediamo sullo schermo. Il bianco è sempre presente nel fotogramma, sotto forma di immagine, oggetti o uso della luce. La vendetta è un piatto che si consuma freddo e qui il gelo non manca, fornito dal ghiaccio e dalla neve che ricoprono la Polonia. Francia o Polonia non c'è più differenza, denaro e potere orientano e determinano i rapporti e le relazioni umane. Karol acquista cadaveri (quindi la morte), Mikolaj vende la vita, tutto si vende e tutto viene lautamente pagato. Kieślowski può soffermarsi a descrivere la sua Polonia, sporta sulle macerie del comunismo e delle ideologie frantumatesi al cospetto dell'economia di mercato, con tutto ciò che ne consegue. Il dialogo tra Karol ed il contadino che vende la propria casa è emblematico in tal senso.
Il doppio finale è coerente con il tono del film che, come detto, scivola dal dramma alla commedia, dal dolce all'amaro, dalla disperazione alla speranza. L'ultima scena in origine non era prevista, venne girata molti mesi dopo la fine delle riprese. Kieślowski intendeva alleggerire la "mostruosità" che, a suo dire, manifestava il personaggio di Dominique. Coerentemente con Film Blu, anche questo Blanc possiede una vena carsica di erotismo sottile e raffinato, che si manifesta in appena un paio di scene ma che bastano a fissare al muro la libido come un post it del quale non ci si può dimenticare nell'analisi critica del film. A proposito di critica, benché Film Bianco abbia portato a Kieślowski l'Orso d'Oro al Festival di Berlino del '94, taluni ritengono questo il capitolo meno brillante della trilogia dei colori, disamina sulla quale personalmente dissento, anzi. Una ghiottoneria per cinefili è quella di mostrare il manifesto de Il Disprezzo di Godard nel film, con Mikolaj che equivoca scambiando la Bardot per la moglie di Karol, creando di fatto un parallelismo affatto casuale (ma anzi, assai subliminale) tra Dominique e la Emilia del Disprezzo, cartina di tornasole del racconto moderno di Kieślowski.